Kompatscher e la battaglia contro la chiusura del Brennero

Chiusura del Brennero? No, grazie. Il presidente della Provincia di Bolzano Arno Kompatscher si sta muovendo per evitare quella che sarebbe un catastrofe economica (come denunciato dalla Camera di Commercio del capoluogo altoatesino) e un fallimento politico-culturale, con la fine dell’idea di Euregio.

Kompatscher ha incontrato a Roma il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Il rischio di lasciar prevalare gli interessi dei singoli paesi anziché ragionare in ottica UE, secondo il presidente della Provincia, rappresenta «un pericolo particolarmente forte per una zona come quella altoatesina. L’accordo di Schengen ha depotenziato il confine del Brennero rendendolo di fatto invisibile – ha aggiunto il Landeshauptmann – e ha dato un grande contributo alla convivenza all’interno di un territorio con una complessa storia alle spalle. Ora la gestione dell’emergenza profughi rischia di minare i rapporti tra queste realtà».

Pressing su Alfano

I provvedimenti messi in atto da diversi stati europei per limitare l’ingresso di profughi sul territorio nazionale, sta provocando una serie di conseguenze per le regioni del Nord-Est italiano: innanzitutto in Friuli-Venezia Giulia, ma a cascata il rischio è che anche il Brennero, ovvero il principale asse di transito lungo la direttrice Nord-Sud, venga interessato da un sostanzioso aumento dei flussi. Alla luce di ciò, il presidente Kompatscher ha chiesto al governo nazionale di «intervenire in risposta alle annunciate misure restrittive di singoli stati membri». In primo luogo si tratta di ridurre sia il flusso di profughi in entrata, sia il transito degli stessi all’interno del territorio nazionale verso nord. In secondo luogo si tratta di inserire i richiedenti asilo che stazionano nelle regioni del Nord-Est nel sistema di riparto nazionale.

Al Brennero transitati 27 mila profughi

«In Alto Adige – ha precisato Kompatscher – sono oltre 200 i casi di persone che hanno presentato richiesta di asilo presso la Questura di Bolzano e che, di fatto, già ora gravitano sul territorio provinciale al di fuori delle quote di riparto nazionali». Una situazione che rischia di aggravarsi nel caso in cui i controlli ai confini impediscano a una parte delle persone dirette a nord di uscire dall’Italia dopo esservi entrati attraverso la rotta balcanica. «Solo nel 2015 – ha spiegato il presidente altoatesino – il punto di appoggio umanitario al Brennero ha offerto assistenza per periodi molto limitati nel tempo a circa 27.300 persone. Una crescita sia nei numeri che nella durata della permanenza, renderebbe necessario procedere ad una ripartizione sull’intero territorio italiano».

La sponda di Donald Tusk

Una partita, quella di Kompatscher, che si gioca su due fronti: interno e internazionale. Il Comitato delle Regioni riunito a Bruxelles ha all’ordine del giorno una risoluzione sul tema “Le minacce allo spazio senza frontiere dell’UE (spazio Schengen)”, sostenuta tra gli altri dal presidente Arno Kompatscher, membro effettivo del CdR. Nel corso della sessione plenaria è intervenuto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che ha affrontato il tema: in un passaggio del suo discorso ha fatto riferimento al rischio di una crisi nello spazio di Schengen e all’esigenza di non frammentare un’area con continui controlli alla frontiera, citando espressamente il Tirolo.

Il presidente Tusk ha detto tra l’altro che i confini sono stati tracciati fra Stati, non fra Regioni, e ha fatto riferimento all’area transfrontaliera dell’Euregio e alla particolarità di una popolazione che parla in tedesco, italiano e ladino. Nessuno vuole vedere un’area transfrontaliera lacerata da controlli permanenti alla frontiera, ha osservato Tusk, e queste situazioni testimoniano di come l’attuale crisi di fiducia nello spazio di Schengen sia così preoccupante. La sfida maggiore, ha concluso Tusk, è quella di tutelare Schengen in questa fase in cui l’Europa si trova a sperimentare la massima crisi nei flussi migratori. Non è esagerato dire, secondo Tusk, che le prossime sei settimane saranno decisive per il futuro dell’UE.

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