Qualità dell'aria in classe: per Unibz troppa CO2

Come cambia l’aria a scuola? Qual è la qualità dell’aria in classe? Il coronavirus ha messo al centro del dibattito la qualità dell’aerazione negli ambienti chiusi. Un tema che viene affrontato da molte aziende (recentemente abbiamo parlato di Eneren e Fbp) ma anche da molti studi scientifici. Tra questi anche l’Università di Bolzano che ha lanciato un progetto di ricerca – «Il cambiamento è nell’aria» – promosso con Agorà e con la collaborazione di ricercatori e dottorandi dell’Università IUAV di Venezia e degli atenei di Trento e Padova. Il progetto ha fotografato la qualità dell’aria a scuola nei mesi precedenti lil lockdown: una concentrazione di CO2 eccessiva dimostra una ventilazione inadeguata per larga parte del tempo di occupazione. Una cattiva notizia in vista del rientro a scuola ai tempi del Covid-19.

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La qualità dell’aria in classe. I risultati della ricerca

Per lo svolgimento del progetto sono stati installati (e sono tuttora attivi) 90 sensori in cinque classi e altri 20 ambienti dell’Istituto Hack. Lo scopo? Monitorare continuativamente i dati di temperatura, umidità, concentrazione di CO2 e illuminamento, mettendoli in relazione anche al comportamento degli studenti, che hanno registrato le proprie azioni e le motivazioni (apertura e chiusura di porte e finestre, utilizzo delle schermature, accensione delle luci, ecc.). Dalle misurazioni effettuate è affiorato che i valori massimi di concentrazione di CO2 (900 ppm) sono superati per il 75% del tempo mentre la portata di ventilazione registrata si è attestata sotto la soglia minima prescritta per oltre il 95% del tempo di esposizione. Oltre a questi due parametri, anche quello relativo all’illuminamento risulta inadeguato. A prescindere dal ricorso all’illuminazione artificiale, i valori di illuminamento sul piano di lavoro sono stati molto inferiori rispetto alla soglia minima di 500 lx per la quasi totalità del periodo monitorato, e molto spesso sotto i 300 lx. Meno gravi gli scostamenti dei valori previsti per le temperature nel periodo invernale, che rientravano nell’intervallo 20-24° (suggerito per legge) per oltre l’80% circa del tempo di esposizione. L’analisi ha quindi confermato che le principali criticità sono legate alla qualità dell’aria. Le azioni per garantirla sono risultate insufficienti, talvolta problematiche, con interazioni e ricadute sul comfort termoigrometrico, sull’acustica e sui consumi dell’edificio. L’analisi quantitativa per mezzo dei dati rilevati dai sensori è stata anche confermata anche dalle risposte fornite dagli studenti nel questionario sul comfort delle aule. Solo il 43% del campione si è dichiarato soddisfatto delle condizioni ambientali dell’aula. Nello specifico, gli studenti sono insoddisfatti non solo per la qualità dell’aria ma anche per il benessere termoigrometrico, che risulta molto eterogeneo e caratterizzato da caldo o freddo eccessivi nello stesso edificio.

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Qualità dell’aria in classe: il ruolo per il coronavirus

«La prevenzione del contagio passa infatti attraverso il controllo della concentrazione e della distribuzione della carica virale che, sia pure con proprie specificità, non è radicalmente diverso da quello di molti altri contaminanti indoor – afferma Andrea Gasparella, professore di Termofisica degli edifici alla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano – il corretto ricambio d’aria può limitare infatti il livello di CO2 e contenere la concentrazione della carica virale nell’ambiente confinato allo stesso tempo». In questa fase di preparazione alla ripresa autunnale, è importante fissare i livelli di qualità dell’aria conseguibili con le nuove prescrizioni sul distanziamento e programmare gli interventi richiesti per il soddisfacimento dei requisiti “come, ad esempio, un aumento delle aperture in termini di frequenza e/o durata, una riduzione dell’occupazione e dell’orario di permanenza, l’installazione di sistemi di ventilazione meccanica e filtrazione, e l’individuazione dei parametri che possono essere utilizzati per monitorare a basso costo la qualità dell’aria anche negli altri ambienti della scuola, definendo correlazioni e algoritmi di previsione che possono attivare segnalazioni di allerta”, commenta Gasparella.

 

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