PPP e il teatro

Poeta, regista, scrittore, giornalista, ma anche drammaturgo, anche non è per quest’ultima attività che Pier Paolo Pasolini viene ricordato e celebrato. Autore di testi come “Calderón”, “Affabulazione”, “Pilade”, “Porcile”, “Orgia” e” Bestia da stile”, Pasolini è noto anche per “Il manifesto per un nuovo teatro” uscito a gennaio 1968 su “Nuovi Argomenti”.

Come precisato dallo stesso autore, “Queste note sono scritte sotto la forma di un manifesto, perché ciò che di nuovo esse esprimono si presenti dichiaratamente e magari anche autoritariamente come tale”.
In perfetto stile pasoliniano, vengono poi chiariti anche i destinatari del manifesto: “I destinatari del nuovo teatro non saranno i borghesi che formano generalmente il pubblico teatrale: ma saranno invece i gruppi avanzati della borghesia. Queste tre righe, del tutto degne dello stile di un verbale, sono il primo proposito rivoluzionario di questo manifesto. Esse significano infatti che l’autore di un testo teatrale non scriverà più per il pubblico che è sempre stato, per definizione, il pubblico teatrale; che va a teatro per divertirsi, e che qualche volta vi è scandalizzato. I destinatari del nuovo teatro non saranno né divertiti né scandalizzati dal nuovo teatro, perché essi, appartenendo ai gruppi avanzati della borghesia, sono in tutto pari all’autore dei testi”.
“Il nuovo teatro – precisa ancora Pasolini – non è dunque né un teatro accademico né un teatro d’avanguardia. Non si inserisce in una tradizione ma nemmeno la consta. Semplicemente la ignora e la scavalca una volta per sempre. Il nuovo teatro si vuol definire, sia pur banalmente e in stile da verbale, teatro di parola. La sua incompatibilità sia col teatro tradizionale sia con ogni tipo di contestazione al teatro tradizionale, è dunque contenuta in questa sua autodefinizione. Esso non nasconde di rifarsi esplicitamente al teatro della democrazia ateniese, saltando completamente l’intera tradizione recente del teatro della borghesia, per non dire l’intera tradizione moderna del teatro rinascimentale e di Shakespeare”.

Il manifesto è suddiviso in 43 punti (gli interessati possono trovare qui il testo completo) che sono riepilogati nell’ultimo: “Riepilogando dunque: Il teatro di Parola è un teatro completamente nuovo, perché si rivolge a un nuovo tipo di pubblico, scavalcando del tutto e per sempre il pubblico borghese tradizionale. La sua novità consiste nell’essere, appunto, di Parola: nell’opporsi, cioè, ai due teatri tipici della borghesia, il teatro della Chiacchiera o il teatro del Gesto o dell’Urlo, che sono ricondotti a una sostanziale unità: a) dallo stesso pubblico (che il primo diverte, il secondo scandalizza), b) dal comune odio per la parola, (ipocrita il primo, irrazionalistico il secondo).
Il teatro di Parola ricerca il suo spazio teatrale non nell’ambiente ma nella testa. Tecnicamente tale spazio teatrale sarà frontale; testo e attori di fronte al pubblico: l’assoluta parità culturale tra questi due interlocutori, che si guardano negli occhi, è garanzia di reale democraticità anche scenica. Il teatro di Parola è popolare non in quanto si rivolge direttamente o retoricamente alla classe lavoratrice, ma in quanto vi si rivolge indirettamente e realisticamente attraverso gli intellettuali borghesi avanzati che sono il suo solo pubblico. Il teatro di Parola non ha alcun interesse spettacolare, mondano ecc.: il suo unico interesse è l’interesse culturale, comune all’autore, agli attori e agli spettatori; che, dunque, quando si radunano, compiono un rito culturale“.

Nel mese di novembre del 2010, due convegni, uno a Casarsa e uno a Bologna, sono stati dedicati al teatro di Pasolini. Gli atti sono stati raccolti in un volume edito da Marsilio nel 2012, intitolato “Pasolini e il teatro” e curato da Stefano Casi, Angela Felice e Gerardo Guccini.

Quattrocento pagine che analizzano approfonditamente vari aspetti del Pasolini drammaturgo da cui val pena estrarre il brano che conclude l’intervento di Fabrizio di Maio.
Una conclusione che appare particolarmente illuminante: “Le idee artistiche di Pasolini avanzano per combustione, con rimescolamenti continui di storie slegate da qualsiasi forma definitiva perché sempre movimento nel magma di un pensiero non unico né risolutivo. I pensieri, le visioni, le fantasie di Pasolini si plasmano di continuo mediante varie applicazioni che il poeta decide per loro; dall’inchiostro su carta (per le poesie, i romanzi, i racconti) alla voce teatrale fino alla rappresentazione cinematografica, le medesime idee si ripresentano sempre nuove anche se già conosciute (o, meglio, sperimentate). In questo proposito si riassume l’idea di arte totale che Pasolini aveva in mente già dall’adolescenza quando giocava con la poesia, la pittura, la scrittura e il teatro”.

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Immagine di apertura: il teatro “Pasolini” di Casarsa (© Venti3) 

 

 

 

 

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