“Fuori!” finisce “dentro”. Il teatro è per tutti, anche per i detenuti

La stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha idea di che cosa sia un carcere, eppure viene evocato a gran voce come soluzione rapida e definitiva di numerose questioni al grido di “In galera e buttate la chiave!”
Come ricordano gli autori di “Abolire il carcere – una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini” (Chiarelettere): “Nei paesi europei più avanzati il ricorso al carcere è sempre meno utilizzato, solo il 24 per cento dei condannati finisce in carcere in Francia e in Inghilterra. In Italia l’82 per cento. Nel nostro paese chi ruba in un supermercato si trova detenuto accanto a chi ha commesso crimini efferati. Il carcere è per tutti, in teoria. Ma non serve a nessuno”.
Basterebbe questo per apprezzare la decisione del Teatro Stabile di Bolzano di chiudere la rassegna estiva “Fuori!” all’interno della casa circondariale del capoluogo altoatesino.

“Fuori” è quindi finito “dentro” e l’ha fatto portando con sé, giornaliste e giornalisti, attori e attrici, nonché il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi e l’assessora comunale alla cultura Chiara Rabini.
L’incontro si è tenuto nella cappella del carcere il 29 giugno e ha visto protagonisti Marco Zoppello e Michele Mori di “Stivalaccio Teatro” insieme ai detenuti che hanno partecipato al laboratorio tenutosi nei giorni precedenti.
Un lavoro più facile a dirsi che a farsi, perché la distanza tra chi è “dentro” e chi è “fuori” è davvero molto più ampia di quel che si crede, una profonda frattura che non divide i “buoni” dai “cattivi”, ma piuttosto le rispettive priorità, abilità e competenze. Perché quelle richieste ai detenuti sono assolutamente necessarie per la loro sopravvivenza e chi vive all’esterno difficilmente riesce a comprenderle senza un contatto diretto in grado di ribaltare pregiudizi e ingenuità.

Foto Tiberio Sorvillo 

Tornando al teatro, per questa speciale occasione, due detenuti hanno indossato le classiche maschere della commedia dell’arte per interpretare due sfidanti del “Gioco della molletta” che si basa essenzialmente su una regola: vince il primo che l’acchiappa.
Un detenuto ha quindi interpretato l’85enne Pepe, l’altro l’84enne Robertino, giardiniere in pensione.
La sfida, che si è decisa al “meglio dei tre set”, ha visto trionfare il secondo, ma, chiaramente, l’atmosfera “giocosa” non è riuscita a nascondere la realtà del carcere, nonostante la partecipazione attiva e divertita del pubblico dei detenuti. A causa della pessima acustica dalla sala e delle maschere indossate,  infatti, non si comprendeva una sola parola di quanto pronunciato dagli improvvisati attori che, solo ripetendo ad alta voce le loro battute, sono riusciti a farsi sentire dal pubblico. Perfetta rappresentazione della mancanza di ascolto che ricevono le persone “senza voce” a cui si tende l’orecchio solo quando decidono di mettersi a urlare.

Di seguito, Marco Zoppello e Michele Mori hanno messo in scena alcuni apprezzatissimi estratti del loro “Don Chisciotte”. Prima di chiudere, non si può non sottolineare la straordinaria risposta del giardiniere Robertino a Michele Mori che gli chiedeva che fiore avrebbe voluto regalare al suo avversario: “Un fiore verde”. Non un girasole, non una primula, ma una pianta monocromatica come il mondo di chi sopravvive dentro una cella.
Da rimarcare, infine, l’inattesa esibizione del sindaco Caramaschi che, ad altra precisa richiesta, si è esibito nell’imitazione del verso di un montone, prima, e di una pecorella smarrita poi.
Decisamente più riuscita la seconda.

Massimiliano Boschi

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