Covid, il giallo del piano operativo che nessuno pare aver visto

«Gli esperti avevano previsto una seconda ondata della pandemia fra l’autunno e l’inverno, ma nessuno si aspettava che arrivasse così presto e potesse evolversi in maniera così rapida». Così il Presidente della Provincia Arno Kompatscher lo scorso 2 novembre. Parole che, purtroppo, dimenticano un aspetto essenziale della questione: la Provincia di Bolzano non solo poteva aspettarsi la seconda ondata, doveva aspettarsela.

Perché l’11 agosto scorso, il Ministero della Salute e l’Istituto Superiore di Sanità avevano messo a punto un piano d’azione per affrontare l’eventuale seconda ondata di infezioni da Covid 19 nella stagione autunnale e invernale. Il documento intitolato «Elementi di preparazione e risposta a Covid-10 nella stagione autunno invernale» (lo trovate qui) era stato inviato tramite apposita circolare alla Protezione Civile a tutti i ministeri nonché agli assessorati regionali e agli «Assessorati alla Sanità Province Autonome Trento e Bolzano Loro Sedi».

Nel documento si prospettavano quattro possibili scenari per l’autunno, si precisavano le linee operative a livello nazionale e si precisava che: «A livello delle Regioni/PPA, alla luce dell’incertezza sull’evoluzione dell’epidemia da SARS-CoV-2 nel nostro Paese e globalmente nei prossimi mesi, è necessario mettere in atto le misure necessarie a per far fronte ad eventuali scenari di aumento di trasmissione, in particolare attraverso: la messa a punto di un piano operativo che includa i punti sotto riportati in raccordo con i piani per la scuola e le RSA, e che sia coerente con lo standard nazionale e condiviso con le articolazioni del SSR».

 

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Sui punti dettagliati torneremo in seguito, prima occorrerà comprendere se il piano operativo richiesto è mai stato messo a punto dall’Assessorato alla Salute della Provincia di Bolzano. A precisa richiesta scritta non abbiamo ottenuto risposta dall’assessore Thomas Widmann né dalla direzione sanitaria dell’Asl altoatesina, mentre autorevoli fonti ospedaliere e Luigi Rubino, segretario provinciale di Fimmg (il sindacato dei medici di medicina generale) sostengono di non averlo mai visto.

Viene il dubbio che la Calabria sia molto più vicina a Bolzano di quel che si pensi e sono i fatti a far propendere per l’ipotesi che il piano operativo provinciale non sia mai stato redatto e che “le misure necessarie a per far fronte ad eventuali scenari di aumento di trasmissione” siano state decise con grave ritardo.

Al primo punto del documento del Ministero, infatti, si legge: «Nello specifico, ambiti di particolare importanza da verificare sono: la disponibilità di idonei posti letto in ricovero ordinario e in regime di terapia intensiva/sub o intensiva; l’adeguata disponibilità sul territorio regionale di personale sanitario formato e continuamente aggiornato, che possa essere riconvertito a svolgere attività di assistenza nei diversi setting (es. terapia intensiva o sub-intensiva, degenze ordinarie dedicate, pronto soccorso, assistenza e cure primarie, ecc.) nel caso di un aumento nel numero di casi tale da superare l’attuale capacità dei sistemi ed eventualmente inviato a supportare le attività di risposta in altre regioni in situazione di criticità».».

Se si fosse data una pronta risposta a questa comunicazione, probabilmente non ci sarebbe trovati nella situazione evidenziata da Pierpaolo Bertoli, direttore sanitario dell’Asl altoatesina, in un’intervista rilasciata all’Alto Adige il 13 settembre 2020: «Ci stiamo organizzando nel caso in cui aumenti il numero dei pazienti che hanno bisogno della Terapia intensiva. La nuova unità della Clinica San Maurizio è composta da moduli di sei posti che si possono ampliare fino a trenta. Il problema è il personale. Abbiamo personale sufficiente per ospitare fino a sei pazienti, non di più al momento».

Con il passare delle settimane, la situazione non è migliorata. Il 24 ottobre l’Asl altoatesina in una lettera agli ospedali invitava “A ridimensionare le attività programmate perché il personale non era sufficiente ed occorreva aiutare in maniera massiccia i reparti Covid. L’ospedale di Bolzano, da solo, non può reggere la Rianimazione Covid perché anche in questo caso mancano medici ed infermieri».

Nonostante il tono della lettera , tre giorni dopo, il 27 ottobre, la Giunta Provinciale di Bolzano deliberava alcune modifiche all’allegato A della Legge Provinciale dell’8 maggio 2020 (quella tanto discussa riguardo alla Fase 2 dell’Emergenza) decidendo di ampliare dal 60 all’80% il carico massimo delle capacità di trasporto dei mezzi pubblici e per gli impianti a fune e le sciovie con mezzi chiusi: «É ammesso un coefficiente di riempimento dell’80% dei posti ammessi». Si deliberava, inoltre che «Un riempimento al 100% è possibile se l’utente non rimane per più di 15 minuti nel mezzo di trasporto, se è disponibile un sistema di ventilazione con ricambio d’aria e filtro dell’aria e in situazioni di emergenza».

Quattro giorni dopo, l’1 novembre, i 14 posti previsti a Bolzano per i positivi al Covid venivano totalmente occupati e l’8 novembre, il Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige Florian Zerzer annunciava che «Entro un paio di settimane non saremo più in grado di accogliere nuovi pazienti». Due giorni dopo dichiarava «Ci vorrebbero altri 30 medici e 150 infermieri che non abbiamo».  Il 16 novembre veniva lanciato l’allarme anche per la carenza di personale nelle Rsa altoatesine.
Le indicazioni inviate tre mesi prima dal Ministero della Salute non sono, nei fatti servite a granchè.

Varrebbe la pena ricordare, che riguardo al piano operativo richiesto a Regioni e Province autonome, si invitava ad essere «coerenti con lo standard nazionale». Ma come molti ricorderanno, il 25 ottobre scorso veniva firmata una nuova ordinanza provinciale che, rispetto alle regole in vigore a livello nazionale (che prevedevano la chiusura alle 18 per bar e ristoranti) in Alto Adige i bar erano autorizzati a chiudere alle 20 e i ristoranti alle 22. Restavano aperti anche teatri e cinema. Che verranno chiusi due giorni più tardi.

A dire il vero, il documento del  Ministero della salute chiedeva anche di verificare la “efficacia ed il coordinamento della comunicazione esterna ed interna”. Ma di questo ci siamo già occupati nel pezzo del 7 novembre scorso. Come già sottolineato, non si sa se il piano operativo provinciale anti Covid in previsione dell’autunno, sia mai stato redatto, ma risulta evidente che, nei fatti,  la Provincia ha preferito percorrere una strada diversa da quella decisa a livello nazionale. I risultati li valutino liberamente i lettori.

Ad oggi, le speranze per un miglioramento della situazione si riversano sul test di massa previsto per i giorni tra il 20 e il 22 novembre e sull’arrivo di un vaccino. Sulla prima questione si veda qui, riguardo al secondo aspetto, si auspica che la prossima campagna vaccinale vada meglio dell’ultima relativa alla “normale“ influenza. Quella che ha fatto emergere con straordinaria chiarezza quanto le autorità locali siano bravissime a chiedere ai cittadini di essere responsabili, senza, però, riuscire metterli in condizioni di esserlo.

Il 30 settembre scorso, l’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige al grido di “Non è mai stato così importante” invitava i cittadini a sottoporsi al vaccino antinfluenzale e sottolineava che “L’influenza non è un banale raffreddore, può rappresentare una minaccia, specialmente per certi gruppi di persone. Soprattutto con l’arrivo del primo inverno con pandemia Covid, una vaccinazione antinfluenza è più che mai appropriata. Alcuni sintomi del Covid 19 e dell’influenza sono molto simili. Se è stata somministrata una vaccinazione antinfluenzale, la diagnosi può essere fatta in modo molto più rapido e corretto”.

I cittadini diligentemente si mettevano in coda, ma due settimane dopo, il 15 ottobre, l’Azienda Sanitaria dell’Alto Adige si vedeva costretta a emettere il seguente comunicato:  «Vaccino antinfluenzale – grande richiesta e forniture con il contagocce. A causa delle strette sugli approvvigionamenti delle dosi vaccinali a livello internazionale, anche in Alto Adige si stanno verificando difficoltà nella distribuzione dei vaccini ai Medici di Medicina Generale, ai Pediatri di Libera Scelta e ai Centri vaccinali della provincia». Nessuno poteva prevedere nemmeno questo?

 

Massimiliano Boschi

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