Screening di massa, l'Alto Adige e la via slovacca: tra dubbi e numeri, ecco perché si rischia il flop

È la notizia di cui tutti hanno parlato nei giorni scorsi: se non si registreranno impresti, da venerdì 20 novembre, in Alto Adige si svolgeranno i test salivari a tappeto su base volontaria per circa 350.000 persone. Un test che ha l’esplicito obiettivo di individuare le persone che possono diffondere il contagio e isolarle evitando lockdown duri e generalizzati. Secondo quanto affermato dal Landeshauptmann Arno Kompatscher, il progetto coinvolgerà un team di poco meno di 800 operatori sanitari che effettueranno i test in 184 punti prelievo sparsi su tutto il territorio provinciale. Un progetto su cui ha già espresso forti perplessità Andrea Crisanti, professore ordinario di microbiologia all’Università di Padova: “Fare un test di massa a 350.000 persone con il tampone rapido in un unico passaggio, credo siano soldi buttati. perché il tampone rapido ha un problema di sensibilità, e perde circa il 30% dei positivi. Per questo, non basta un screening di massa unico, servirebbero screening di massa ripetuti, una volta alla settimana per almeno tre settimane, e su tutti i cittadini coinvolti. Così si riesce, se non ad eliminare, perlomeno a limitare la diffusione del virus”. Su tutte le questioni relative alla diffusione del Coronavirus siamo ormai abituati a sentire pareri diversi, se non opposti, anche dai massimi esperti nazionali, ma come ha sottolineato lo stesso Presidente della Provincia, l’Alto Adige seguirà un esperimento già tentato in Slovacchia a fine ottobre.

 

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Ecco: in Slovacchia come è andata? Intanto alcuni dati di partenza, La Slovacchia ha una popolazione di 5.400.000 abitanti, circa dieci volte quelli dell’Alto Adige e al momento del test antigenico di massa, il 31 ottobre, erano stati registrati 7 decessi causa Covid per un totale di 219, (In Alto Adige, lo stesso giorno, erano stati registrati 4 morti per un totale di 312). La situazione a Bratislava era, quindi, meno tragica che a Bolzano, un dato confermato, per quel che può valere, anche dal numero di contagiati (2573 in Slovacchia, 8382 a Bolzano, sempre al 31 ottobre).

Date queste premesse, nelle giornate tra il 31 ottobre e il primo novembre (dalle 7 alle 22), in Slovacchia sono state testate più di 3 milioni e 625mila persone che si sono messe in fila davanti a scuole, uffici municipali e altri luoghi riadattati per fare il test come fossero davanti ai seggi elettorali. Degli oltre cinque milioni di slovacchi, erano stati esentati: i bambini con meno di 10 anni, i pazienti oncologici, e altre persone con precise patologie. Esentati anche gli over 65 isolati abituati a passare in casa la maggior parte del tempo. Alla fine, è stato testato il 95% delle persone previste.

Va precisato che il test non era obbligatorio, ma dopo il test, chiunque fosse stato fermato e trovato privo del certificato che dimostrasse la negatività al virus, rischiava una forte multa. Insomma, il test era “volontario“ per modo di dire. Il test ha rilevato 38.359 persone positive (l’1,06% della popolazione) che hanno dovuto mettersi in quarantena per dieci giorni, mentre i negativi hanno potuto continuare a circolare liberamente se in possesso del certificato di negatività. Ovviamente, la forte affluenza ai test ha creato lunghe file di attesa e conseguenti critiche che si sono sommate a coloro che, come Crisanti, considerano il test poco affidabile. Forse è presto per valutare gli effetti, ma a dieci giorni dal test di massa (l’11 novembre 2020) la Slovacchia ha registrato 50 morti, arrivando a un totale di 464 (più che raddoppiati in dieci giorni) e l’Alto Adige 6 per un totale di 365 (+17% rispetto a 10 giorni fa). Ma al di là delle cifre, prima di procedere al test antigenico di massa, vanno considerati alcuni aspetti. Innanzitutto, il tasso attuale di contagiati in Alto Adige è molto più alto di quello che era stato registrato in Slovacchia. Prima del test, Bratislava e dintorni  non si trovavano in una situazione di lockdown come qui. I media slovacchi hanno denunciato come alcune persone siano rimaste in fila per dieci ore e questo in Alto Adige va evitato in ogni modo, visto che siamo in lockdown.

Un altro aspetto riguarda la “volontarietà”. Se resterà realmente volontario, il rischio di avere un test con percentuali di partecipazione molto più basse che in Slovacchia è notevole. Non è solo una questione di coscienza civile o pubblica, molte persone che vivono sole o che assistono da sole un bimbo piccolo o un anziano, nel caso venissero trovate positive si troverebbero costrette alla quarantena. Ma queste persone devono avere la garanzia che saranno comunque assistite. Per esempio, chi farà la spesa per loro o per i loro cari? Se queste garanzie non saranno chiare e precise si rischia un flop. Se invece si seguirà il modello slovacco, occorrerà valutare, non solo le problematiche relative alle persone sole, ma anche quelle legate a categorie precise. Vista la grande diffusione del virus di questi giorni, si corre il rischio che risultino positive persone che operano in ambito sanitario o che svolgano un’attività considerata essenziale. Nessuno se lo augura, ma dovessero risultare positive molte lavoratrici o molti lavoratori dei supermercati o di altri negozi di alimentari, come si affronterà la questione? Quei negozi rimarranno chiusi? Con quali conseguenze?

Esistono opposizioni comprensibili ad ognuna di queste domande, ma qui ci si limita a verificare che vengano valutati pienamente i possibili effetti di questo test di massa. L’assessore provinciale alla salute Thomas Widmann, per esempio, non sembra nemmeno sfiorato da questi dubbi. In un’intervista rilasciata alla Rai ha dichiarato che “La Protezione Civile è attrezzata per effettuare i test di massa, e che “se funzionano avremo la possibilità di tornare alla vita normale in due o tre settimane e potremmo evitare un altro blocco”. Come abbiamo visto, i dati provenienti dalla Slovacchia non giustificano tanto ottimismo e a dire il vero nemmeno quelli provenienti da Bolzano. Probabilmente, certe affermazioni andrebbero fatte con maggiore attenzione, o almeno pronunciate in forma responsabile, traendo le dovute conseguenze nel caso si rivelassero completamente sballate. Ovviamente speriamo tutti che Widmann abbia ragione e che potremmo presto applaudire lui e l’intera Giunta Provinciale che, grazie al test antigenico di massa, riuscirà a bloccare la diffusione del contagio e a evitare il prolungarsi di pesanti restrizioni alla vita sociale.

Tornando in Slovacchia, a quasi due settimane dal test,  il commento più frequente riguardo alla scelta del governo è questo: “Nemožno mu totiž uprieť snahu robiť maximum pri zvládaní koronavírusu. Plán, že to zvládne Slovensko, teda bol od začiatku veľmi smelý, a pre znalých pomerov aj nerealistický. (Non lo si può accusare di non aver fatto tutto il possibile contro il Coronavirus. Il piano era molto audace e fin dall’inizio consapevolmente irrealistico). Come noto, però: “Süd-Tirol ist nicht Slowakei”.

Massimiliano Boschi

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