Il ghiacciaio della Marmolada sta morendo: perso l'85% del suo volume

Una riduzione del volume maggiore dell’85% avvenuta tra il 1905 ed il 2010 e uno spessore della fronte, passato dai quasi cinquanta metri dell’inizio del secolo scorso ai pochi metri di oggi, sono i segnali che il ghiacciaio della Marmolada sta morendo e lasciano presagire la sua definitiva scomparsa tra 20/30 anni. È questo, in estrema sintesi, il risultato del monitoraggio effettuato nella quarta tappa della Carovana dei ghiacciai di Legambiente sul ghiacciaio della Marmolada tra Veneto e Trentino Alto Adige.

“I teloni posizionati in abbondanza sul ghiacciaio, soprattutto in questo ultimo periodo, per una superficie che ammonta a circa 50mila metri quadrati allo scopo di conservare le piste da sci e non il ghiacciaio stesso, ripropongono il problema dell’uso delle risorse naturali a scopo turistico” dichiarano Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente, e Luigi Lazzaro, Presidente Legambiente Veneto. “Le rigorose previsioni degli esperti sulla repentina scomparsa del ghiacciaio – continuano i due responsabili di Legambiente – ora più che mai dovrebbero indurre a scelte innovative di sviluppo locale che contemplino nuove visioni per un turismo più compatibile con gli eventi naturali e meno incentrato su forme di accanimento terapeutico come queste”.

 

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Tramite analisi di dati di cartografia storica e studi geofisici, attraverso il confronto di carte topografiche antiche e nuovi rilievi georadar, è stato possibile ricostruire le riduzioni volumetriche del ghiacciaio della  Marmolada, stabilendo che dal 1905 al 2010 ha perso più dell’85% del suo volume. Nell’ultimo decennio si è assistito ad una accelerazione dei fenomeni della fusione glaciale. La linea di tendenza che sino al 2000 consentiva di prevedere un esaurimento nell’arco di un secolo si è successivamente modificata tanto da far presagire la scomparsa del ghiacciaio entro i prossimi 20/30 anni. Inoltre gli spessori alla fronte che agli inizi del secolo scorso raggiungevano quasi i 50 metri, oggi sono ridotti a pochi metri.

“Il ritiro del ghiaccio ha determinato la scomparsa della “città di ghiaccio” ricorda Aldino Bondesan del Comitato Glaciologico Italiano – costruita dagli austroungarici durante la prima guerra mondiale all’interno del ghiacciaio. All’epoca era costantemente minacciata dalle spinte del ghiacciaio stesso che allora si muoveva a diverse decine di metri l’anno, mentre oggi è fermo. La particolare natura di ghiacciaio di pendio fa poi sì che il corpo glaciale reagisca con estrema rapidità alle piccole mutazioni climatiche, tanto da essere utilizzato come termometro naturale, anche rispetto alle più piccole variazioni di temperatura e precipitazioni”.

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