Benko, il Waltherpark e la sfida tra “gufi” e “struzzi”

Bolzano. Un mesetto fa, questa testata si chiedeva se i problemi economici di Benko avrebbero travolto anche Bolzano e il Waltherpark. L’annuncio della richiesta di “apertura di una procedura di insolvenza” presentata da Signa Holding al Tribunale commerciale di Vienna, sommata alla precedente istanza di fallimento presentata al tribunale distrettuale di Berlino Charlottenburg dalla filiale tedesca, Signa Real Estate Management Germany, ha reso la domanda ancor più pressante. Purtroppo, però, continuano a mancare risposte precise.
Come sottolineato dal quotidiano austriaco “Der Standard”, il curatore fallimentare di Signa Holding dovrà affrontare un “compito titanico” in quanto il gruppo è composto da circa un migliaio di aziende sparse in diversi paesi e strutturate in maniera molto complessa con tanto di partecipazioni reciproche. In un simile contesto non è semplice comprendere quali saranno gli effetti che ricadranno su Bolzano e sul Waltherpark.
Per Leonhard Dobusch, professore di economia aziendale all’Università di Innsbruck, intervistato dalla Rai: “Le difficoltà finanziarie di Signa Holding potrebbero avere ripercussioni anche sui progetti di Bolzano. Bisogna immaginarlo così: anche se i singoli progetti di costruzione risultano solidamente finanziati, restano di proprietà di Signa. Se si verifica un fallimento totale, rientra nella massa fallimentare e questo può influenzare anche progetti come quello di Bolzano”.
Per ovvie ragioni, invece, il presidente di Signa Italia, Heinz Peter Hager, preferisce buttare acqua sul fuoco e garantisce che non ci saranno problemi: ”I lavori e le vendite al Waltherpark a Bolzano continuano e Signa Italia è ben finanziata grazie a banche e capitale proprio”.

Ostenta sicurezza anche il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi, che ha sentenziato: “Io sono abituato a guardare i fatti, i lavori verranno completati a dispetto dei tanti gufi che sperano si blocchi tutto, per poter dire: Noi l’avevamo detto
Caramaschi ha successivamente precisato che “nelle casse del Comune sono già entrati i 100 milioni di euro previsti dal contratto” e che “al Waltherpark uomini e gru sono in movimento. Anche nel malaugurato caso in cui tutto si fermasse – ha concluso – il Comune non ne sarebbe danneggiato, almeno sul piano finanziario. Da contratto il manufatto finirebbe al Comune, che potrebbe decidere di affidare a un altro immobiliarista il completamento dei lavori”.
Riguardo ai fatti (e NON finiti) sia sufficiente invitare il Primo Cittadino a una passeggiata tra il nuovo polo bibliotecario e il nuovo carcere, magari passando per l’areale ferroviario e ricordargli che, se non sono sopraggiunte novità, Signa Italia deve ancora pagare un’ultima rata al Comune, quella prevista a lavori completati.
Per quel che riguarda i “gufi”, invece, andrebbe precisato che trattasi di volatili noti per il loro restare a guardare senza fare nulla. Non sono simpatici, ma difficilmente causano danni. Coloro che hanno importanti responsabilità e fingono di non vedere i problemi che li circondano, invece, sono più facilmente etichettabili come “struzzi”, uccelli noti per essere incapaci di volare e perché amano mettere la testa sotto la sabbia.
Infine, val la pena di ricordare che i problemi di Signa non risalgono a pochi mesi fa, come sostenuto da molti, ma a oltre due anni fa. Era il 31 marzo 2021 quando un’inchiesta di “Bloomberg” (L’impero immobiliare del miliardario Renè Benko rischia di sgretolarsi a causa della pandemia) evidenziava l’incompatibilità tra il calo (o anche la semplice stagnazione) delle quotazioni immobiliari con il meccanismo che alimenta(va) finanziariamente la galassia societaria di Benko. (cfr qui)
Uscendo dal nostro piccolo orticello, andrebbe sottolineato come Renè Benko fosse uno dei maggiori proprietari di immobili d’Europa e che, come sottolineato dal Sole24Ore: “l’impero di Benko è crollato sotto circa 25 miliardi di euro di debiti. È il più grosso crack aziendale in Europa dai tempi della Parmalat (che fece un buco da 13 miliardi) e metà di quel debito monstre sotto il cui peso Signa è collassata, circa 13 miliardi, era stato erogato da banche e istituzioni”.
Come detto, al momento è molto difficile valutare gli effetti del crollo di Benko sull’intero sistema finanziario ed economico europeo, ma, almeno questa volta, si potrebbe evitare di credere che l’Alto Adige/Südtirol non faccia parte del mondo con la convinzione che “qui le cose funzionano diversamente”. Recenti esperienze hanno pienamente evidenziato i pessimi effetti di questa mentalità, ma forse è proprio per questo che proliferano gli struzzi.

Massimiliano Boschi

 

Immagine di apertura: Il progetto del Waltherpark

 

 

 

 

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