L'arte contemporanea tra Bolzano e Minneapolis. Intervista a Vincenzo De Bellis

Vincenzo de Bellis è un “cervello in fuga”: nato a Castellana Grotte, Bari, nel 1977, dal 2016 è curatore per le arti visive e dal 2018 anche direttore associato dei programmi al Walker Art Center di Minneapolis, uno dei più importanti musei d’arte contemporanea al mondo.
Dal 2014 de Bellis accompagna anche come direttore artistico la Fondazione Antonio Dalle Nogare a Bolzano, incarico che lascerà quest’anno. Un buon momento per tracciare un bilancio, chiedergli di come si è trovato a curare mostre tra le montagne dell’Alto Adige, ma anche toccare temi quali il politically correct che sta dilagando nei musei americani. Domande a cui de Bellis ci ha risposto con la voce forte e chiara di chi sa farsi comprendere immediatamente, senza nascondersi dietro alle tendenze del momento.

A proposito di tendenze, nel diario che hai tenuto per il Giornale dell’Arte ti sei espresso chiaramente sulla linea comune a molti musei americani, compreso quello per cui lavori, di focalizzare acquisti e mostre sugli artisti Bipoc (black, indigenous, people of color).
Iniziamo da qui?
Penso che chi dirige un museo non possa correggere tutti i mali del mondo. Non possiamo pensare solo a cosa è giusto e cosa no, sottraendoci a dare un giudizio sulla qualità per essere politically correct. E i musei non sono centri civici. Artiste e artisti vanno conosciuti e studiati approfonditamente e per questo ci vuole tempo, altrimenti non gli facciamo un grande favore e creiamo dei mostri: quando si esagera c’è il rischio che tutto venga appiattito e passi per strategico. Ad esempio, per il Walker sto preparando una mostra di un’artista di colore che studio da anni, Suzanne Jackson, poco conosciuta. Sono sicuro che quando la presenterò molti penseranno “Ecco, anche lui è caduto nel clichè”.

E allora cosa si può fare?
Vanno cambiati gli staff e le istituzioni, dando spazio a una nuova generazione di studenti e studentesse – so per esperienza diretta che la prima cosa che si guarda in America quando si tratta di assunzioni è da che università provieni. Come fanno a cambiare le cose se gli stessi direttori di museo mandano i figli in scuole che costano decine e decine di migliaia di dollari all’anno? Troppe contraddizioni.

Rimanendo sullo stesso campo: cosa ne pensi della Biennale Arte curata da Cecilia Alemani, che da alcuni è stata definita la “Biennale delle donne”?
La più bella che abbia mai visto nella mia vita!

Passando all’Alto Adige, com’è il bilancio come direttore artistico della Fondazione Dalle Nogare?
E’ più che positivo, ma non lo dico per autoincensarmi: in questi anni insieme ad Antonio Dalle Nogare abbiamo fatto un percorso che ha portato alla nascita della Fondazione, dietro a cui c’è la forte volontà di rendere la sua collezione accessibile al pubblico. In dialogo, abbiamo strutturato la programmazione, facendo una scelta che può apparire un po’ strana: lo spazio principale delle mostre è infatti dedicato agli artisti più giovani, mentre quello più ridotto a quelli più affermati. Poi è arrivata la pandemia a complicare tutto…

Mostra Robert Breer, Time Out, Fondazione ADN, Ph. Tiberio Sorvillo

E com’è curare mostre di arte contemporanea in Alto Adige, a Bolzano?
Certo nel contesto globale Bolzano è una piccola realtà e ha un’immagine un po’ tradizionalista: sinceramente, non mi aspettavo il grado di apertura che ho riscontrato e con mia grande sorpresa vedo che alle inaugurazioni le persone sono sinceramente interessate e attratte… capisci come mai qui ci siano tanti collezionisti privati e un Museo d’arte contemporanea, che in altri posti d’Italia non trovi.

Forse il fatto di entrare “a casa” di un collezionista privato, che mette a disposizione le sue opere e i suoi spazi gratuitamente aiuta, rispetto a un museo pubblico?
Sicuramente c’è una forma mentis diversa in chi viene a visitarci, le persone sono meno pronte alla critica, è un credito di cui godiamo. Nel contesto privato la libertà è totale.

Ci sono mostre di cui vai particolarmente fiero?
La personale di Robert Beer (artista dell’avanguardia americana, ndr) è stato il punto più alto della mia programmazione, era una mostra che volevo fare da anni. Ma anche quella di Rayaane Tabet è stato un inizio molto ambizioso, e ora non potevamo chiudere nel modo migliore, con una piccola grande mostra come quella delle due artiste Adnan e Fattal.

Quali linee hai seguito nella scelta delle mostre?
Antonio Dalle Nogare ha una collezione di arte concettuale molto importante intorno a cui abbiamo costruito il programma espositivo. Ho individuato e sottolineato questa linea perché questo tipo di arte è molto sottovalutata, siamo in un momento storico in cui prevale la tendenza figurativa, e l’iconoclastia dell’arte concettuale non esiste più.

Insomma un programma in controtendenza?
No, ma è un programma che ha seguito l’indole dello spazio, scientemente, senza rincorrere a ogni costo le ultime tendenze.

Etel Adnan and Simone Fattal, Paris, March2016. Foto by Fouad Elkour 

Per la tua ultima esposizione curata alla Fondazione ADN hai scelto una coppia di artiste, Etel Adnan e Simone Fattal, presentando “in una mostra intima e domestica, il calore della loro pratica tra pittura, scultura e letteratura”. Perché proprio loro?
Gli sono stato molto vicino negli ultimi anni e ho frequentato la loro casa – per Adnan e Fattal vivere insieme era parte della loro pratica artistica e la loro casa era un ritrovo di intellettuali. Quando è venuta a mancare Etel ho pensato che una mostra classica sarebbe stata troppo fredda, e così è nata l’idea di ambientarla in uno spazio domestico della Fondazione, quello della biblioteca, in cui scoprire l’arte su una mensola, magari gustando un tè. Mi piace l’idea che quest’ultima mostra sia dedicata a un legame intimo e speciale nell’arte e nella vita, di quelli capaci di suscitare emozioni.

Caterina Longo 

La mostra Etel Adnan & Simone Fattal: Working Together, inaugura presso la Fondazione Adn il 6.05.2022 alle ore 18 e rimane visibile fino al 05.11.2022. Ingresso gratuito.

Immagine di apertura: Vincenzo de Bellis alla Fondazione ADN, mostra Michael Krebber, Studio Floor and Diamond Paintings – Ph. Tiberio Sorvillo

Ti potrebbe interessare