Trovare lavoro, tutti i segreti per un curriculum perfetto

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Partiamo da una frase che spesso si sente, frutto – in fondo – di secoli di saggezza popolare: «Cercare un lavoro è…un lavoro». Soprattutto in questi anni, con tassi di disoccupazione alti (10,9% in Italia, che diventa 31,7% a livello giovanile, come ricorda l’Istat). E anche l’universo del recruiting è in costante evoluzione. Molto cambia, un’unica certezza rimane: fare bene il proprio curriculum vitae è essenziale. Perché quello rimane il primo contatto, il momento in cui scatta o meno la scintilla. Saper mettere nero su bianco le proprie capacità non è semplice. Anche per questo motivo ci sono molti portali online che aiutano a scrivere nel miglior modo possibile il proprio curriculum vitae. Guide virtuali che, in pochi passaggi, riescono a scandagliare le nostre competenze, farci capire cosa possiamo (e conviene) dire. Non solo il contenuto: la forma ormai è sostanza. Anche una corretta veste grafica, adeguata alle aspettative di chi andrà poi a riceverlo, è essenziale.

Dicevamo dell’importanza del curriculum vitae. Nella stragrande maggioranza dei casi è la chiave per arrivare ad ottenere un colloquio, un’occasione per giocarsi dal vivo le proprie chance. Ed è proprio il colloquio di lavoro ad essere in profondo cambiamento. La tendenza è chiara: il colloquio di lavoro vecchio stampo, la chiacchierata faccia a faccia, sembra non essere più considerata valida. Anche per via della similarity bias, una distorsione cognitiva molto frequente. Si dice colpisca il 42% degli intervistatori. In cosa consiste? Nella tendenza a giudicare positivo un candidato non per la sua adattabilità al posto di lavoro che dovrà andare a occupare, ma per la sua somiglianza all’intervistatore. Ovvero: se sembra essere uguale a noi, allora dovrà essere adeguato.

Ecco allora che crescono sempre più tre nuove tipologie di colloquio. Le aziende più evolute, spesso le più grandi, utilizzano anche la realtà virtuale o aumentata. In pratica riescono a «immergere» il candidato in un ambiente di lavoro riprodotto, per vedere come riesce a muoversi e testare le sue competenze. Chi non ha questa possibilità, usa un secondo metodo: dà al candidato un lavoro da fare, solitamente un piccolo progetto. Test direttamente sul campo per mettere alla prova le capacità. A volte può sembrare un po’ brutale, ma riuscire a cavarsela significa mettere un’ipoteca sul posto. C’è anche una terza via: sempre più i colloqui di lavoro diventano interviste in luoghi informali. Al pranzo, o al bar davanti una birra. In modo da abbattere il formalismo del colloquio e far risaltare le competenze trasversali.

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