Smart working, a casa un lavoratore su tre in Alto Adige

In Alto Adige il 35% degli intervistati dichiara di aver lavorato da remoto ultimamente, mentre il 65% ha sempre lavorato in presenza. A lavorare da remoto sono il 46% dei lavoratori del pubblico impiego, mentre nel privato lo è un lavoratore ogni tre. Prospettando una fase post-emergenza, per gli smart workers diventano importanti la formazione, i premi di risultato e momenti di presenza con colleghi e capi, e la formula ideale è quella di poter lavorare da casa per 2-3 giorni a settimana. Nell’edizione primaverile 2021 del Barometro IPL è stato approfondito il tema dello smart working. I lavoratori dipendenti altoatesini che ultimamente hanno lavorato da remoto hanno espresso un parere su quali elementi saranno importanti dopo la fase emergenziale e su quanti giorni vorrebbero lavorare da casa. A chi non ha lavorato da remoto è invece stato chiesto di indicarne il motivo.

Gli smart workers di oggi: dipendenti pubblici, dirigenti e personale altamente qualificato

“Dal Barometro IPL emerge che il 46% dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego ultimamente era in smart working, quota che scende al 31% per gli occupati nel privato”, evidenzia la Vicedirettrice dell’Istituto Silvia Vogliotti, che ha elaborato i dati insieme alla tirocinante Gaia Peressini. “Non si evidenziano differenze di genere, mentre era in lavoro da remoto il 40% di chi ha un contratto fisso e il 15% di chi ha un contratto a tempo determinato”, prosegue Vogliotti. Rispetto alle professioni, gli smart workers sono soprattutto dirigenti, professionisti altamente qualificati e addetti a lavoro di ufficio, con quote superiori al 50% di lavoratori da remoto in tutti e tre i casi. Molto meno diffuso il lavoro da remoto nelle attività commerciali (il 19% degli intervistati), nei servizi (18%), nonché negli operai specializzati (14%), mentre nessun operaio qualificato o non qualificato dichiara di aver lavorato ultimamente da remoto.

Lo smart working di domani: formazione, momenti in presenza e premi di produttività

Passata la fase emergenziale quali elementi sono ritenuti importanti dai lavoratori e dalle lavoratrici altoatesine per lavorare da remoto? Tre elementi sono saliti sul podio, ovvero hanno ottenuto (anche se di poco) una votazione alta da parte degli intervistati. A pari merito al primo posto la possibilità di ottenere premi di risultato e produttività anche se si lavora da remoto e di fare formazione (entrambi elementi che hanno ottenuto un giudizio medio pari a 8,5 punti su 10), mentre sul terzo gradino del podio si è piazzato, a pochissima distanza, la possibilità di avere comunque momenti di confronto in presenza con colleghi e capi (8,4 punti). Gli altri elementi hanno ottenuto comunque punteggi di poco inferiori ai primi tre classificati, con valutazioni oscillanti tra 8,3 e 7,2 punti. Il pagamento del buono pasto è l’elemento che è stato ritenuto meno decisivo per lavorare da remoto, con un giudizio medio pari a 5,6 punti.

Il mix ideale: 2-3 giorni alla settimana di lavoro da remoto

Chi ultimamente ha lavorato da remoto, nel 55% dei casi vorrebbe fare smart working per 2 o 3 giorni a settimana. Il 16% degli smart workers attuali invece dichiara che non vorrebbe più lavorare da remoto (quota che è del 14% nel privato e del 20% nel pubblico impiego). Fra i dirigenti il 27% vorrebbe lavorare un giorno alla settimana da remoto e il 18% due giorni. Per il 43% dei dipendenti pubblici (rispetto al 26% dei dipendenti del privato) 2 giorni a settimana da remoto sarebbero l’ideale.

I lavoratori in presenza: in più di 8 casi su 10 non era possibile fare smart working

La stragrande maggioranza di chi non ha lavorato da remoto dichiara che il proprio lavoro non si può svolgere a distanza (85% degli intervistati), mentre assolutamente minoritarie sono le altre motivazioni, tra cui che non gli è stato permesso (3%), la presenza del capo era necessaria (2%), per motivi familiari legati alla dimensione della casa o alla presenza di altre persone in famiglia (2%), o per altri motivi (8%).

“Lo smart working ha un futuro anche dopo la pandemia. Perché questo accada, però, le condizioni devono essere quelle giuste. L’indagine ha dimostrato che i dipendenti in smart working desiderano che il loro lavoro sia valutato “alla pari”, come se stessero lavorando in presenza in azienda. Da qui le richieste di non essere esclusi dai premi di risultato e dalla formazione, nonché che vengano riconosciuti anche gli straordinari. Inoltre, è importante alternare la presenza e il lavoro da casa, perché i contatti sociali sono importanti per un buon lavoro. Sono quindi necessarie regole chiare, concordate a livello di contrattazione collettiva. Per quanto riguarda la sicurezza e la salute sul lavoro, è ancora necessario lavorare sulla sensibilizzazione, poiché questi aspetti non devono essere sottovalutati nemmeno nel lavoro da casa.”

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