Scriptaflix, il «Netflix della cultura» parte dall'Alto Adige

Questa è la prima puntata di Bit generation, una serie di articoli sulla cultura digitale. Videogiochi, nuove piattaforme, rapporto con la tecnologia, cultura visuale: qui si raccontano le storie e le iniziative più interessanti che si trovano in Alto Adige e non solo.

 

Da poco più di un mese esiste Scriptaflix, un sito web che (citando con ironia Netflix) propone una selezione di contenuti culturali già esistenti, principalmente tra le cose prodotte in Alto Adige o che riguardino il territorio. Scriptaflix è un catalogo gratuito di video e audio dove si possono trovare, ad esempio, i video che Museion, il museo d’arte contemporanea di Bolzano, ha prodotto in questi giorni di chiusura ma anche la puntata bolzanina di Provincia Capitale, il programma Rai condotto da Edoardo Camurri.

I contenuti sono molti (120 video e 30 audio) e sono selezionati quotidianamente dal giornalista Massimiliano Boschi, redattore di «Scripta Manent», la rivista online della Ripartizione Cultura della Provincia di Bolzano dalla quale è partito il progetto. «L’idea è quella di selezionare la grande quantità di offerta culturale che c’è in Alto Adige: è un offerta molto vasta che selezioniamo e mettiamo in rete. In questi ultimi giorni sono anche nate cose nuove, come quelle del Centro Audiovisivi o Radio Quarantenna», ci racconta Boschi.

A parlare di un «Netflix della cultura italiana» è stato anche il ministro ai beni e alle attività culturali e per il turismo Dario Franceschini. Qualche giorno fa, al programma di Rai 3 Aspettando le parole il ministro ha detto che si sta «ragionando sulla creazione di una piattaforma italiana che consenta di offrire a tutto il mondo la cultura italiana a pagamento». Dell’idea del ministro non si sa ancora molto, ad esempio non si sa se sarà più simile a un aggregatore di contenuti come Scriptaflix ma a pagamento (ha detto: «ci sarà chi vorrà seguire la prima della Scala in teatro e chi preferirà farlo, pagando, restando a casa») oppure anche un produttore di contenuti, come Netflix. La proposta di Franceschini somiglia di più alla piattaforma RaiPlay per il pubblico internazionale e, appunto, non gratuita. Il sito della Provincia è in parte simile anche alla piattaforma della Rai, proponendo a volte materiale d’archivio, come questo video del cinegiornale British Pathè su una gara di macchine tra Bolzano e il Passo Mendola del 1938 (dove gareggiano anche le donne) per testare l’affidabilità in montagna delle auto berline. Sì, dicono Mendòla, all’inglese.

«A me non è piaciuta parte della risposta del mondo della cultura, che ha snobbato la proposta di Franceschini dicendo cose del tipo ‘Netflix fa intrattenimento, noi facciamo cultura’. Innanzitutto mi fa ridere che si dicano da soli che facciano cultura. Alcuni artisti pensano di dover essere finanziati solo per il fatto di esistere. Se uno si dice da solo che è un creativo, allora crei. Quando un creativo è posto davanti a un limite, dovrebbe sentirsi stimolato – ha continuato Boschi – Quello che dice Franceschini non so se sia il metodo giusto ma ha una cornice che a me piace. L’idea è quella di poter spingere l’intero settore culturale a livello economico e di modernizzarlo, per mostrare i contenuti culturali in un momento complicato».

Un’altra questione rilevante che coinvolge le offerte delle tante agenzie culturali riguarda il tempo. La possibilità di avere dei siti web o delle applicazioni con i quali potersi fare un palinsesto personalizzato e poterlo sgranare quando si vuole è abitudine ormai diffusa. «Spero che potranno nascere dei contenuti pensati appositamente per il web da parte di quegli enti che non lo hanno ancora fatto o che – per ora – hanno messo a disposizione cose che già avevano».

Tuttavia, con l’arrivo del nuovo coronavirus e delle misure di lockdown, il ragionamento sul tempo della cultura e dei consumi sta avvenendo in maniera ancora diversa. «Gli orari (anche quelli delle città) dovranno per forza essere legati alle necessità, dovranno essere differenziati e più vicini alla contemporaneità. Il coronavirus è come un evidenziatore che passa su ogni cosa, in particolare sulle cose che prima non funzionavano già più», ha concluso Boschi.

Non si tratta solo di necessità dell’offerta ma evidentemente anche di richiesta di contenuti dai vari pubblici: Netflix, nell’ultimo periodo, ha raggiunto 15,8 milioni di nuovi iscritti. La piattaforma pensa che in ogni modo – una volta finito il lockdown – ci sarà una diminuzione di abbonati ma dimostra che bisogna essere preparati e imparare dalle tecnologie che hanno successo. RaiPlay sta sperimentando contenuti pensati appositamente per lo streaming e l’on-demand online.

Ma non è la prima volta che il ministro nomina Netflix come modello di paragone per cambiare la distribuzione della cultura italiana. Nel 2017 Franceschini, quando era ministro della cultura del governo Gentiloni, ha proposto di voler garantire la visibilità di contenuti video italiani sulle piattaforme come Netflix e Amazon Prime e all’epoca ha fatto molto discutere. Pare che questa volta pensi di cambiare approccio.

Domenico Nunziata

 

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