L' "altra" Luisa Spagnoli e il giallo della morte in Val Gardena

Il 7  settembre 1977, esattamente quarantasei anni fa, veniva data la notizia del ritrovamento del cadavere di Luisa Spagnoli nella Valle Jender in Val Gardena. Nipote e omonima della fondatrice del celebre marchio di abbigliamento, oltre che imprenditrice visionaria (come noto, fu lei ad inventare il celebre cioccolatino Bacio Perugina), Luisa “junior”, allora quarantottenne, era invece scrittrice e giornalista. Collaborava con l’Espresso e Il Mondo ed era personalità molto nota nell’ambiente artistico e culturale romano. Tra le sue amicizie contava personaggi come Goliarda Sapienza, Gianna Manzini e Goffredo Parise. Vista la notorietà del personaggio, la sua tragica morte in Alto Adige occupò le cronache dell’epoca locali e nazionali. Poiché il ritrovamento della salma fu preceduto da diversi giorni di ricerca – della Spagnoli si erano infatti perse le tracce dal 2 settembre- sulla sua misteriosa scomparsa vennero fatte, inizialmente, diverse ipotesi, dal rapimento al suicidio fino al delitto. A confondere le acque ci furono anche telefonate di presunte Brigate Rosse e di un sequestratore che chiedeva un riscatto.

Ma come andarono i fatti? Secondo quanto riportato negli articoli de “La Stampa” e del “Dolomiten” di quei giorni (5-8 settembre 1977) Spagnoli era arrivata in Alto Adige martedì 30 agosto, ospite del barone Giorgio Franchetti a Castel Fischburg / Castel Gardena vicino ai Comuni di Selva e Santa Cristina. Sarebbe dovuta tornare a Roma pochi giorni dopo, sabato 3 settembre, con un treno e un vagone letto già prenotato, che non prese mai. Il giorno prima del ritorno, infatti, venerdì 2 settembre, aveva deciso di fare un’escursione sul Monte Pana con la giovane figlia del barone Marion Franchetti e la governante Brigitte. Le donne partono in tarda mattinata, sulle ore 11 e prendono la seggiovia per Monte Pana. Arrivate a monte, consumano uno spuntino all’aria aperta, poi Luisa dice di voler fare ancora due passi, una passeggiata breve, e prega di aspettarla nel bar del fondovalle (La Stampa, 06.09.1977). Saluta con un sorriso. Le due la aspetteranno invano. Scattano le ricerche, si parla di un dispiegamento di oltre 100 uomini tra soccorso alpino, alpini, guardia di finanza e carabinieri. Si aspetta a dare la notizia della sparizione: Spagnoli aveva, infatti, ricevuto minacce dai gruppi di ultrasinistra a causa delle basse paghe pagate per il lavoro di confezione. Si vogliono evitare depistaggi e atti di sciacallaggio. Che puntualmente arriveranno.

Passa il fine settimana, nonostante i rastrellamenti a tappeto, Luisa Spagnoli non si trova. A rendere più difficili le ricerche il fatto che, a quanto pare, indossasse abiti di colore marrone, facilmente mimetizzabili nella boscaglia. Le ricerche vengono inoltre interrotte per il maltempo. Lunedì 5 settembre la notizia della scomparsa viene pubblicata dai giornali. Sul bordo di un burrone viene ritrovato un foulard di Spagnoli, ha sull’etichetta le sue iniziali scritte a biro. Si parla di una possibile disgrazia, ma “non si esclude nemmeno il suicidio, il rapimento o, addirittura, la scomparsa volontaria” riporta La Stampa di martedì 6 settembre. “Preparate molti soldi, ci rifaremo vivi” dice una voce maschile in una telefonata giunta al guardiano notturno Mario Zandrini dello stabilimento “Angora Spagnoli” a Santa Lucia di Perugia. Un’altra telefonata chiede entro l’11 settembre le dimissioni del ministro Lattanzio o Luisa Spagnoli sarebbe stata giustiziata. La chiamata, di sedicenti “Brigate Rosse”, giunge a casa del giornalista Rai tv Giulio Raiola. Vito Lattanzio, allora ministro della difesa, era infatti considerato colpevole di aver facilitato la fuga del criminale nazista tedesco delle SS Herbert Kappler.

Davanti a queste ipotesi, il capo del soccorso alpino Runggaldier scuote la testa e continua a sostenere l’ipotesi della disgrazia. Nel pomeriggio di martedì 6 il giallo sembra risolto: il corpo di Luisa Spagnoli viene ritrovato in un dirupo, in una zona impervia, vicino al ruscello Jender. Il punto, ad ovest del Monte Pana, è di difficile accesso. Dista poco più di mezz’ora dalla pensione Ciandevaves. “Pareva dormisse” diranno i soccorritori. All’apparenza, presenta solo un taglio sul ginocchio. Il medico condotto di Ortisei, dottor Denaro, condurrà, alla presenza del magistrato Vincenzo Anania, un primo esame sulla salma su cui accerterà emorragie interne, fratture nelle gambe e nel bacino e ferite da taglio.

Al contrario di quanto annunciato inizialmente, non seguirà alcun esame autoptico sul corpo, almeno in base alle fonti a disposizione. Si esclude qualsiasi ipotesi di reato e la morte di Spagnoli viene considerata un incidente. Si pensa che la donna si sia smarrita e dopo aver girovagato a lungo, con l’arrivo del buio si sia fatta sviare dalle luci provenienti dall’abitato di Santa Cristina, sia scivolata sull’erba bagnata e quindi rotolata nel burrone. Restano alcuni dubbi: sempre secondo la stampa (Dolomiten,  8 settembre 1977) due testimoni dissero di aver visto insieme a Spagnoli, alla figlia del barone e alla governante, un giovane uomo biondo. Anche il punto in cui sarebbe stato trovato il foulard della donna sarebbe stato per lei, nelle sue condizioni fisiche, difficilmente raggiungibile. E poi perché, se aveva detto di voler fare solo una breve passeggiata si sarebbe spinta così in là?
Dubbi e ipotesi senza alcun riscontro effettivo, per una delle tante morti in montagna, che oggi come ieri, continuano ad accadere.

Caterina Longo

Immagine in apertura: articolo de “La Stampa”, 6 settembre 1977, Num 201, Anno 111, courtesy Archivio La Stampa

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