La storia della Bolzano che non c'è più riaffiora online grazie a un incredibile archivio dei ricordi

Il modo più semplice per scoprire la storia di una città è partire dalla sua piazza più caratteristica. A Bolzano, diversamente da quello che si può pensare, è Piazza delle Erbe la più storica. È lì, nel Novecento, che sotto lo sguardo attento di Nettuno, fruttivendoli e contadini scendevano dai masi per vendere i loro prodotti. E non c’erano solo personaggi locali, ma anche veneziani, toscani e lombardi. E sempre lì si tennero le prime manifestazioni pubbliche come la ‘Danza dei Bottai’, svolta – secondo la leggenda – per la prima volta nel 1517 durante la pestilenza che decimò gli abitanti altoatesini. Un luogo che negli secoli ha cambiato fisionomia, mantenendo però sempre il ruolo di snodo centrale dalla quale muoversi per raggiungere gli altri luoghi del centro. È da qui che si risale comodamente fino ai Portici, eleganti e caratteristici, fulcro frenetico del commercio e dello shopping locale. Anche negli anni 70, quando i negozi erano in minor numero e le insegne a led riflettevano contro la pavimentazione color ocra. Poco più avanti ecco Piazza Walther, luogo simbolo della città (anche se ha ‘soltanto’ 200 anni), dove si erge, oggi, la statua del poeta menestrello Walther von der Vogleweide. Ma non tutti sanno, o sono testimoni viventi, di quando nei decenni passati lunghe file di macchine ordinate coloravano la piazza dandole un senso di compostezza e di vivacità allo stesso tempo. E se ci si vuole spostare dal centro, come scordarsi delle Semirurali, fulcro dell’italianizzazione e dell’industrializzazione della città di Bolzano durante il fascismo, ma anche simbolo di comunità e condivisione tra famiglie.

Piazza Walther, 1965

Piazza Walther, 1965

Portici, anni 70

Portici, anni 70

Piazza Erbe, non datata

Piazza Erbe, non datata

Piazza delle Erbe, 1912

Piazza delle Erbe, 1912

Ricordi di strada, di vita vissuta, che escono dagli album e dai diari segreti e riaffiorano oggi sul web, grazie ad un prezioso archivio digitale comodamente sfogliabile con un solo click. Si chiama “Ricordi Bolzano Così” il gruppo Facebook nato ormai tre anni fa da un ristretto numero di appassionati e che oggi conta la bellezza di oltre 4500 membri. Un luogo virtuale dove bolzanini e non possono liberamente postare foto e video di vecchia data del capoluogo, innescando così un vortice di ricordi e ritrovando, in alcuni casi, anche vecchie amicizie andate perse nel tempo. “Il gruppo nasce con l’obiettivo per fornire ai bolzanini un rifugio in cui ritrovare il sentimento per la propria città e le sensazioni di una volta, lasciando fuori qualsiasi tipo di discussione etnica e politica – racconta Karin Keim, fondatrice e amministratrice del gruppo assieme allo storico e appassionato Stefano Bosio -. Io stessa, banalmente, ricordo nitidamente e con passione cosa provavo quando da bambina passavo per i vicoli delle semirurali, un luogo sempre in fermento e caratterizzato da un’atmosfera gioiosa”.

Via Argentieri, 1930

Via Argentieri, 1930

Piazza Vittoria, 1963

Piazza Vittoria, 1963

Semirurali, non datata

Semirurali, non datata

Storie di una Bolzano dimenticata

È un attimo con un click perdersi tra le strade e architetture del passato: dalla piazza Vittoria senza rotonde e liberamente calpestabile degli anni 50, alla vecchia statua situata al posto di ponte Loreto prima della guerra. Ma anche foto di famiglie, di vecchie e nuove generazioni che si incontrano, di bambini vestiti di tutto punto e padri in sella alle loro bici tra via Milano e via Torino. E poi ancora le prime lezioni a scuola e i tuffi in un lido di viale Trieste che era tutto l’opposto di quello che conosciamo oggi. Un soffio nostalgico su una Bolzano che non c’è più e che vive nei nostri ricordi. Una dolce macchina del tempo da far partire attraverso lo schermo del pc e che tenta di mantenere vive le preziose testimonianze del passato. Con un occhio di riguardo alle nuove generazioni, che non conoscono la storia e i retroscena della città e che vengono ancora poco sensibilizzati sull’argomento da scuola e istituzioni. E specie in era Covid, a causa dei diversi lockdown imposti, le occasioni per far riaffiorare ricordi e alimentare discussioni sono state numerose: “Posso dire con certezza che il luogo di Bolzano che ancora oggi desta maggiore dialogo tra gli utenti del gruppo è sicuramente Ponte Druso. In molti lo ricordano con le enormi aquile romane poggiate sui fasci littori (sparite negli anni 70 quando venne ristrutturato, ndr), e il dibattito sulla sua storia, e su ciò che il ponte ha rappresentato per essa, rimane sempre molto vivo – racconta Karin -. Ma anche la vecchia Fiera di via Roma rimane un tenero ricordo tra la popolazione. Lì venivano svolte feste, era un punto d’incontro per tutti, un ritrovo dove potersi svagare e passare momenti spensierati della propria vita”. Ma il passato non è stato tutto rose e fiori, anzi. Diversi momenti oscuri hanno segnato profondamente la città che si è sempre rimessa in piedi pronta per ripartire. L’epoca delle bombe negli anni 70 fu un periodo molto buio. Gli attentati alla vecchia Upim e alla sede Rai sono ancora impressi nella mente di molte persone, perché erano anni in cui il tessuto sociale stava subendo mutazioni importanti e si aveva paura di uscire di casa. Difficile dimenticare, ad esempio, anche l’omicidio Montebugnoli, la segretaria uccisa in via Duca D’Aosta nel 69, il cui caso, uno dei più enigmatici del Dopoguerra, è rimasto tutt’oggi irrisolto.

Ponte Druso, anni 60

Ponte Druso, anni 60

Ex Fiera in via Roma, non datata

Ex Fiera in via Roma, non datata

Un’attività, quella portata sul gruppo da Karin (e amministrata anche assieme al padre Gianni che arricchisce spesso i post con spunti e dettagli), che si intreccia anche con ricordi personali che vanno a sbattere su quello che è da sempre uno degli argomenti più scottanti in Alto Adige: quello della convivenza tra cittadini italiani e tedeschi. “La storia dei miei nonni paterni è davvero incredibile – rivela Karin -. Nonno Josef nacque in un maso chiuso a Vipiteno nel 1901, e dopo aver girato l’Italia, conobbe per la prima volta nonna Oliva a Trento e dopo parecchio tempo decisero di fidanzarsi. Josef presentò quindi la fidanzata ai genitori e dopo i primi convenevoli i genitori gli chiesero, in rigoroso dialetto tedesco, ‘ma proprio una walsch ti vuoi sposare?’. Il nonno confermò ma i genitori non lo accettarono. Venne liquidato con qualche spiccio e il portone del maso sigillato per non farlo rientrare mai più. Nel 1980 morto l’ultimo dei fratelli venne aperta l’eredità di famiglia da 7 miliardi di lire e diversi immobili a Bolzano e Merano, ma Josef, che era stato diseredato, non ricevette nulla”.

Via Brennero allagata dopo l'alluvione. 1957

Via Brennero allagata dopo l’alluvione, 1957

via Torino, 1952

via Torino, 1952

Una penna ai bolzanini

Karin, assieme a qualche altro appassionato, ha aperto ora un vero e proprio sito web in cui raccogliere news, storie e testimonianze del passato. Un posto in cui potranno essere gli stessi cittadini a raccontarsi: “L’idea è quella di dare ai bolzanini la penna in mano e carta bianca facendo scrivere a loro i racconti della loro vita e gli aneddoti nascosti”, puntualizza Karin. Un mezzo questo per spingere le persone ad aprirsi e condividere pezzi di storia della città. “Notiamo che in molti sono ancora diffidenti dal voler divulgare le proprie storie. Per questo vogliamo aprire il sito a chiunque abbia qualcosa da raccontare, per contribuire ad un arricchimento personale di ognuno. Crediamo che la compartecipazione di foto personali e storie sia una dimostrazione della coesione e aggregazione che distingue noi bolzanini, autoctoni o meno”.

Foto credits: gruppo “Ricordi Bolzano Così”

Alexander Ginestous

di Alexander Ginestous

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