Dopo il lockdown aumentano gli incidenti: ecco perché non sappiamo più guidare

Dopo mesi di chiusura forzata della maggior parte delle attività produttive e di prolungato ritiro tra le mura domestiche per una grandissima fetta di cittadini, ecco gradualmente ritornare la tanto desiderata libertà di viaggiare, di spostarsi, di guidare. Con la fine del lockdown le strade hanno ripreso ad intasarsi di macchine, moto, furgoni da lavoro, camion, autobus e chi più ne ha più ne metta. Chi per piacere, chi per lavoro, siamo tornati forse anche a malincuore a far rombare i motori, ma a quanto pare con qualche difficoltà in più.

Il grido d’allarme viene lanciato dall’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada ma aveva già trovato alcuni iniziali sentori anche in occasione di incontri e riunioni del settore medico legale e psicologico forense: in Italia gli incidenti automobilistici nella fase 2 e 3 di riapertura post Covid 19 stanno aumentando drasticamente, potendo in parte superare i livelli di pre-pandemia.

Se come prevedibile nei giorni di quarantena c’è stato un vistoso calo dei sinistri stradali, ciò che invece pareva meno scontata è la forte ripresa del numero di incidenti registrata a partire dall’inizio della cosiddetta riapertura.

Ma quali sono le motivazioni alla base dell’apparente, e auspicabilmente temporanea, modificazione delle abitudini e degli stili di guida dei cittadini? Una prima ipotesi osserva come, dopo mesi di inattività, i guidatori siano semplicemente disabituati a guidare ed abbiano quindi abbassato i livelli di efficienza e di abilità procedurali necessarie alla guida. Tali abilità psicomotorie permangono infatti ottimali quando si pratica con costanza l’attività target, sia essa guidare una automobile come per esempio suonare uno strumento o completare un esercizio ginnico.

Ad una analisi più accurata pare però ipotizzabile la mutata presenza anche di ulteriori fattori di tipo squisitamente psicologico. Non sottovalutiamo infatti la condizione di stress e sovraccarico che l’emergenza Covid 19 ha lasciato alle persone e che ora, in fase di riapertura, si assomma alla pressione già normalmente presente nella quotidianità lavorativa di ogni giorno.

Concordanza sussiste circa il fatto che, per tenere lontano il rischio di incidenti, sia bene concentrarsi sulla strada e, possibilmente, guidare con animo sereno. Il 90% degli incidenti stradali è infatti causato da un errore umano e da fattori psicologici correlati al guidatore quali: stanchezza, compromissione, distrazione, fretta, aggressività e spericolatezza.

Potrebbero dunque essere proprio questi i fattori in grado di far registrare le variazioni più considerevoli in qualità di effetti collaterali del Covid 19. Vuoi per l’aumentata pressione e la fretta nel recuperare ritardi e mancanze imposte dalla fase 1, vuoi per una accresciuta tendenza a scaricare tramite la guida rabbie e frustrazioni accumulate o ancora per la condizione di esaurimento psicofisico ingenerata dal protrarsi di incertezza, inattività e paure, o per quella sensazione di sovraccarico mentale che la costante presenza del virus nella quotidianità ci impone e che attraverso lo sconvolgimento e la ristrutturazione delle nostre abitudini pre-epidemia drena più o meno consapevolmente risorse alla nostra attenzione e alla nostra concentrazione, fatto sta che le prestazioni di una buona parte dei guidatori paiono aver subito cambiamenti degni di nota.

Rimane dunque compito degli psicologi offrire una migliore comprensione degli aspetti neuropsichici alla base degli errori umani che causano gli incidenti, in modo da poter progettare assieme ai decisori politici azioni formative volte a modificare i comportamenti e gli atteggiamenti dei conduttori di mezzi di trasporto. Parallelamente però è bene intervenire in maniera preventiva, raccomandando ai guidatori la massima prudenza nel tornare a gestire condizioni di traffico veicolare proprie dei livelli pre-pandemia. Un attimo di distrazione può portare a incidenti con conseguenze possibilmente anche pesanti, sia dal punto di vista dei danni fisici che psichici, questi ultimi a volte tristemente sopportati per anni dalle vittime che non posseggono adeguati strumenti per rilevare, valutare, far trattare e risarcire sintomatologie post traumatiche anche importanti ma che appaiono agli occhi dei non esperti come “normale” sofferenza esistenziale collegata ad un evento tanto infausto qual è il grave incidente stradale.

Michele Piccolin

psicologo forense,
consigliere Ordine Psicologi Bolzano

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