Alto Adige, l'ecosistema innovativo si racconta alle imprese venete

Un viaggio nell’ecosistema dell’innovazione verticale in Alto Adige. Alla scoperta di agevolazioni fiscali, ma anche di modelli imprenditoriali e di ricerca che rompono gli schemi della fabbrica classica. È stata questa, per riassumerla in un paio di slogan, l’avventura di una quarantina di imprenditori e top manager delle province di Padova, Venezia e Treviso che nell’ambito del mese della formazione promosso da Niuko Innovation & Knowledge hanno deciso di andare a caccia di aiuti e contributi per lo sviluppo.

Dal legno arredo alla plastica, dai complementi al chimico, passando per esperti di comunicazione e finanziari: la delegazione veneta ha visitato le eccellenze della vertical innovation a Bolzano. “Un viaggio nella terra a disoccupazione zero (i dati reali: disoccupazione giovanile poco sopra il dieci per cento, quella complessiva sotto al quattro per cento) nel quale abbiamo spiegato loro che qui non vogliamo le loro fabbriche, ma i loro cervelli”, sintetizzano da Idm Südtirol-Alto Adige, agenzia della Camera di Commercio e della provincia autonoma di Bolzano che sovraintende al marketing territoriale e allo sviluppo competitivo delle aziende in innovazione e internazionalizzazione con 180 collaboratori e un budget di 42 milioni di euro, è il punto di ingresso gratuito per l‘avvio di progetti aziendali sul territorio altoatesino.

L’Alto Adige che investe sulle persone

È questa dunque la nuova frontiera per un territorio dove si convive con la verticalità per motivi naturali: 7400 chilometri quadrati di superficie, poco più di mezzo milione di residenti che si arrampicano su un territorio che per il 60 per cento è sopra i mille metri e per il 40 per cento è coperto da boschi. “Qua, nessuno ha voglia di cementificare”, spiega Giuseppe Salghetti Drioli, investment consulting per Idm. “Si investe nelle persone, nell’attirare menti. Dalle cose più semplici, come un entry point che fornisce un database di 500 spazi aziendali utilizzabili, fino ai contributi. Ma la vera rivoluzione è che qui è facile parlare coi dirigenti degli uffici pubblici, si chiede un appuntamento e il progetto decolla”. Qualche numero? Li dà il settore innovazione e ricerca della Provincia. “Per l’assunzione di personale altamente qualificato abbiamo messo a disposizione 2,2 milioni di euro, un milione dei quali nel 2017. Per la creazione di poli di imprese legati all’innovazione abbiamo 4,2 milioni fino al 2020. Per la cooperazione nella ricerca industriale ecco nove milioni di euro, sette dei quali nel prossimo triennio”.

Gli imprenditori veneti ascoltavano, prendevano appunti e ringraziavano durante un viaggio frenetico tra la Salewa, azienda nel segmento delle attrezzature e nell’abbigliamento per la montagna; Stahlbau Pichler, leader nella produzione di strutture in acciaio e facciate continue; Noi (Nature of Innovation), il nuovo parco scientifico e tecnologico che aprirà nel 2017 ed Eurac, Accademia europea di Bolzano, specializzata nella sostenibilità, in particolare dell’ambiente alpino.

Aziende e innovazione, binomio altoatesino

Un itinerario al ritmo dei video e dei numeri, sintetizzabile con alcune foto. La prima alla Salewa. Heiner Oberrauch è il presidente di una società da 1.200 persone che nel 2015 ha fatturato 215 milioni di euro: a Bolzano ha la logistica e il cuore, le braccia operative e produttive sono in Asia. “Qui nessuno timbra il cartellino e premiamo chi rischia, siamo un gruppo famigliare a gestione manageriale”, spiega. Luca Dragoni è invece il suo marketing manager italiano. Tra un magazzino verticale da trentamila pezzi e una palestra di arrampicata, mostra anche l’impianto fotovoltaico. “Produce più energia di quella che il nostro edificio consuma, la nostra sede è simbolo del territorio”.

La seconda immagine alla Stahlbau Pichler. Qui il gruppo di imprenditori ha odorato il cantiere, la pragmaticità dell’acciaio e del vetro, 220 dipendenti per novanta milioni di fatturato capaci di creare pareti per edifici dal residenziale multipiano all’industriale. Luca Benetti è il direttore commerciale e sintetizza capolavori come il Padiglione Zero dell’Expo o il Muse di Trento in pochi secondi su un proiettore. “Ecco di cosa siamo capaci”, spiega dopo un tour nel cantiere tra saldatrici, pezzi di vetro e infissi che prima, messi sui bancali e immersi nell’odore del ferro parevano mattoni senz’anima.

Non solo imprese ma anche centri di ricerca

Nella terza fotografia va riassunta tutta l’innovazione della quale è capace l’Alto Adige. A partire dalle architetture Bauhaus dove Mussolini ordinò si fondesse l’alluminio, dove adesso prende forma il “Noi”. Pura contaminazione: aziende, centri di ricerca, punti di aggregazione in una cittadella del sapere dove la parola chiave è network. Qui peraltro sarà ospitata nei prossimi mesi anche l’Eurac. Il direttore è Wolfram Sparber, che guida uno staff di una ottantina di persone che si occupano di energie rinnovabili. “Lavoriamo con simulatori di stress termico per capire la vita delle cellule fotovoltaiche o il consumo di altri materiali, dalle pareti degli edifici alle porte dei treni”, spiega. Per inciso, un settore economico, quello legato all’energia, che qui vale 500 aziende e 1,6 miliardi di euro di fatturato. “Siamo disponibili a partnership per progetti europei”, strizza l’occhio così agli imprenditori veneti. “Ma anche a collaborazioni bilaterali su progetti a termine o formazione sull’uso degli strumenti dei nostri laboratori”.

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Davanti a lampade che simulavano il calore del sole e a strutture capaci di invecchiare in tre settimane un pannello fotovoltaico per vent’anni, c’era chi ascoltava e chi prendeva appunti. E dopo un “pranzo verticale” sull’altipiano di Renon (con una funivia si arriva in un maso di montagna in quarto d’ora dal centro città, e anche questa è qualità della vita), con un dolce e un caffè davanti arrivano i giudizi. Francesco Blasi, human resources per Komatsu, società da 400 dipendenti a Este nella movimentazione della terra: “Apertura mentale e progetti lungimiranti che non sono legati all’arricchimento immediato, questo mi ha colpito”. Marina Pezzoli di Niuko incalza: “Il futuro dell’azienda è quello del 4.0, esistono opportunità che spesso vengono perse”. Ma c’è anche Tonino Pasuto, 40 dipendenti a Santa Maria di Sala nel settore dei colori e dei pennarelli. “Noi abbiamo due persone che fanno ricerca e per la nostra azienda è costoso: poter lavorare in situazioni come queste sarebbe più facile. Ma siamo legati al nostro territorio, non credo ce ne andremo”. Ecco Marta Zillo, responsabile relazioni esterne delle cementerie di Monselice e referente per Confindustria Este. “Qui chiamano “casa” la loro azienda, è un concetto che supera il welfare stesso: ci hanno dato da bere il succo di mele, è indice di reale amore per il territorio”, dice lei. “E l’integrazione tra pubblico e privato che avviene in realtà come Idm è un modello da imitare”.

Mauro Pigozzo

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