Vittime di valanga, lo studio per capire come trattarle

Le vittime di valanga che raggiungono l’ospedale in stato di ipotermia e in arresto cardiovascolare mettono i medici davanti a una valutazione difficile: il paziente è morto per asfissia o c’è una possibilità che sopravviva se la sua temperatura corporea aumenta? Una corretta valutazione iniziale è di grande importanza perché fa sì che chi ha una chance di farcela venga sottoposto al trattamento e, al tempo stesso, impedisce che risorse mediche preziose vengano investite in casi senza speranza. Gli esperti di medicina d’emergenza di Eurac Research, insieme a colleghi europei e statunitensi, hanno sviluppato nuovi parametri di riferimento legati a temperatura corporea e concentrazione di potassio nel siero del sangue in modo da fornire una guida affidabile per le decisioni di ricovero ospedaliero. Lo studio ha analizzato i dati di 103 vittime di valanga che sono state ricoverate in stato di arresto cardiovascolare in sette grandi ospedali in Europa tra il 1995 e il 2016.

Sono stati inclusi nello studio gli ospedali di Berna, Grenoble, Innsbruck, Cracovia, Tromsö, Losanna e Sion. Delle 103 vittime, 61 sono state riscaldate, ma solo il 10 per cento è sopravvissuto. Negli altri casi non è stata l’ipotermia a causare l’arresto circolatorio, ma il soffocamento dovuto alla valanga o un trauma. Proprio perché il riscaldamento permette di salvare solo una piccola parte di pazienti, ma è molto costoso in termini di personale e tecnologia, sono necessari criteri di selezione severi e affidabili. Hermann Brugger, principale autore dello studio, spiega: «È necessario definire dei criteri per garantire che tutti i pazienti che arrivano in ospedale con una chance di sopravvivenza vengano riscaldati, ma preferibilmente solo questi pazienti».

I medici potevano già fare riferimento a linee guida per il primo triage delle vittime di valanga direttamente sul campo, ma si trattava di raccomandazioni basate su poche prove scientifiche e destinate all’uso sul luogo del soccorso. Per gli ospedali, invece, sono necessari criteri precisi e con un alto livello di evidenza per giustificare l’uso della macchina cuore-polmone; dall’Alto Adige, le vittime di valanga devono essere portate a Innsbruck o Trento per il trattamento. È proprio questo il senso dello studio ora pubblicato sulla rivista specialistica “Resuscitation” edita dal Consiglio europeo per la rianimazione. Dalla ricerca emerge come i fattori decisivi per la sopravvivenza siano temperatura corporea e concentrazione di potassio nel siero del sangue, quest’ultima è correlata alla decomposizione cellulare. Per entrambi i parametri, i medici hanno determinato il valore che distingue i casi potenzialmente recuperabili da quelli senza speranza. Per la temperatura corporea 30 gradi sono la soglia: nessuna vittima di valanga con arresto cardiovascolare la cui temperatura sia sopra i 30 gradi è stata mai riscaldata con successo; il potassio sierico, invece, non deve superare i 7 mmol/litro.

I ricercatori sono stati in grado di ottenere stime affidabili, nonostante il numero limitato di casi, grazie a un nuovo metodo statistico sviluppato da Eurac Research e utilizzato per la prima volta in questo studio. Questo metodo apre nuove possibilità per altri studi con un campione ridotto.

L’intero studio può essere letto qui: https://www.resuscitationjournal.com/article/S0300-9572(18)30967-5/fulltext

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