"Visti da noi": i film del Bolzano Film Festival 2024

Bolzano Film Festival 2024. Di seguito una selezione, del tutto arbitraria, dei film in concorso al Bolzano Film Festival 2024. La pagina verrà aggiornata lungo tutta la durata del festival.

Lasciami sola (Laissez-moi 2023) di Maxime Rappaz

Corre l’anno 1997 e Claudine, donna di mezza età e madre single di figlio disabile, ogni martedì si reca in un hotel di montagna sulle Alpi Svizzere per incontrare uomini soli e di passaggio. A loro “ruba” qualche minuto di piacere fisico e storie da raccontare al figlio attraverso lettere che firma col nome del padre fuggito chissà dove.
Sarta, ma soprattutto madre, Claudine non rinuncia alla sua femminilità, all’eleganza e ai piacerei del sesso. Porta i tacchi anche oltre i 2500 metri di altitudine anche se può risultare complicato e doloroso e ha deciso di non rinunciare del tutto a se stessa pur non dimenticando mai le sue responsabilità verso il figlio, anche se ormai adulto. Tutto sembra cambiare quando un “uomo di passaggio” decide di restare per lei e, per l’occasione, il regista Maxime Rappaz evoca con intelligenza “L’uomo che amava le donne” di François Truffaut.
Ci ritroviamo così a osservare Claudine che misura a larghe falcate il giardino di casa (le gambe delle donne continuano ad essere come dei compassi che misurano il mondo) mentre prova a realizzare il suo sogno d’amore fuggendo dall’idea che sia “decisamente impossibile provare del piacere senza far soffrire qualcuno”. Passo dopo passo, Claudine si troverà a dover scegliere tra l’amore per il suo “principe” e quello del figlio per una principessa, ma non si svelano i finali.
Se ne consiglia la visione, non solo perché Jeanne Balibar è perfetta nel ruolo della protagonista. (Massimiliano Boschi)

Souvenirs of War (2023) di Georg Zeller

Adnan Hasanbegović e Georg Zeller al Bolzano film festival Bozen 2024

“Ci imbarchiamo in un viaggio dal tono saggistico in Bosnia, dove i vecchi teatri di guerra sono diventati attrazioni turistiche”. La presentazione del film di Georg Zeller può trarre in inganno, perché “Souvenirs of War” non usa il linguaggio dei saggi, ma quello del cinema. Verrebbe da dire quello del miglior cinema, quello in cui le immagini parlano da sole, quello in cui il pubblico è libero di trarre le sue conclusioni, quello senza voce fuori campo e omelie varie.
Il film ha un protagonista indiscusso: Adnan Hasanbegović, presente in sala al termine della prima di Bolzano. Un protagonista “imprevisto” che si è guadagnato il ruolo durante le riprese, essenzialmente perché ha una memoria migliore degli altri, soprattutto della nostra.
Come noto, i “souvenir” sono ricordi fattisi materia, e quelli di Sarajevo hanno inevitabilmente a che fare con la guerra degli anni Novanta. Bossoli, razzi e granate vengono trasformati in artigianato artistico o oggetti di arredo e venduti nei mercati della città. Ai piedi degli edifici che portano ancora i segni dei bombardamenti si alternano turisti a caccia di selfie, mentre negli ex campi di battaglia qualcuno organizza giochi di guerra con armi giocattolo e altoparlanti che rilanciano i rumori della guerra vera. Per alcuni si tratta semplicemente di creare lavoro e reddito per popolazioni che ancora pagano gli effetti sociali ed economici di quel conflitto, o di creare bellezza con oggetti che hanno seminato morte. Per altri, invece, è solo cattivo gusto e mancanza di sensibilità. Su questo, Zeller non prende posizione, si limita a mostrare anche altri “souvenir” di quella guerra: le ossa e i teschi delle vittime a cui ancora non si riesce a dare un nome, le forze militari ancora presenti in Bosnia, e le difficoltà quotidiane della popolazione bosniaca, mentre Hasanbegović ci ricorda che la sua proustiana “madeleine” è l’odore della polvere da sparo dopo i bombardamenti.
Zeller, intelligentemente, non utilizza materiale d’archivio per raccontarci quel che è stato, si limita a mostrarci la Sarajevo di oggi perché quella di quarant’anni fa semplicemente non esiste più. A cancellarla non è stata la “gentrificazione” come altrove, ma una guerra che è durata oltre tre anni e che ha causato centomila morti. “La gente immagina che da un momento all’altro sia finita la guerra, nei libri si legge anche la data e tanti saluti. “Quel traguardo è falso chiamarlo pace è più giusto chiamarlo fine della guerra” scriveva Heinrich Böll in “Foto di gruppo con signora”, e “Souvenirs of War” lo ribadisce senza equivoci.
Non sono poche le immagini che restano impresse anche dopo la fine della proiezione di “Souvenirs of War”, quella di Hasanbegović in volo su un autogiro mentre prova a toccare con mano le nuvole merita, però, una menzione particolare: per la sua leggerezza e per le parole che pronuncia il pilota “senza dio e patria” prima di spiccare il volo sopra Sarajevo. (ma.bo)

Immagine di apertura: foto Venti3

Ti potrebbe interessare