Violenza sulle donne, casi aumentati durante il lockdown di aprile

Si celebra oggi la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Per l’occasione la Polizia di Stato ha presentato un bilancio dei reati nel 2020, anche della Provincia di Bolzano. Nel dettaglio, ci sono stati due omicidi, quello di Barbara Rauch ad Appiano uccisa da uno stalker e quello di Fatima Zeeshan con il marito accusato di averla soffocata. Nel 2019 ne è stato commesso solo uno. In calo invece gli altri indicatori: sono 60 gli atti persecutori (nel 2019 erano 86), sono 126 i maltrattamenti (128 nel 2019) e calano a 23 le violenze sessuali (37 nel 2019). Il lockdown ha sicuramente contribuito nell’amplificazione del fenomeno, come dimostrato dai dati Astat.

I dati Astat

In provincia di Bolzano (a Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico) sono cinque le strutture protette (case-donna) e quattro i centri d’ascolto antiviolenza che hanno accolto 580 donne vittime di violenza nel corso del 2019. Il fenomeno è negli anni stabile. Le cinque strutture residenziali dispongono di 38 appartamenti: tale è pertanto la capacità ricettiva destinata alle donne in situazione di violenza, ma alcune stanze sono destinate ad eventuali figli e figlie delle stesse. La presenza di figli, e quindi di casi di “violenza assistita”, riguarda circa il 65% dei casi. La permanenza nelle case-donna è spesso di pochi mesi, ma non mancano le permanenze più prolungate.

La durata della permanenza dipende anche dalla provenienza della donna: la donna straniera, che non dispone di una rete parentale e amicale sufficientemente sviluppata, ha più bisogno di un “rifugio”. Anzi, spesso per le cittadine italiane è sufficiente l’assistenza del Centro. Così, come si vede nel grafico 1, la composizione percentuale delle cittadinanze per tipologia di struttura vede le cittadine italiane su quote più alte nei centri (59%) che nelle case (38%). Le donne in situazione di violenza che si rivolgono a tali servizi appartengono soprattutto alle classi centrali di età. Si nota comunque, analizzando la serie storica, un incremento della quota delle più giovani.

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La violenza (o quantomeno quelle forme di violenza che più spingono la donna a recarsi presso una struttura) avviene quasi sempre in famiglia. In quasi due casi su tre (59%) il maltrattatore è colui con il quale la donna convive (marito o convivente); in un altro 23% dei casi il pericolo arriva dall’ex-partner. Raramente il maltrattatore è un amico o un conoscente (6%). In aumento il numero dei padri che maltrattano le figlie. Rarissimamente è uno sconosciuto. È del resto comprensibile che quest’ultimo tipo di situazioni porti meno facilmente a cercare queste strutture. La violenza si presenta spesso in più forme contemporaneamente (alla domanda sul tipo di violenza sono state date spesso due risposte a testa). Prevale comunque la violenza psicologica, dichiarata (pur essendo la più difficile da riconoscere) in sette casi su dieci; molto frequente anche la violenza fisica. Nel 54% dei casi il maltrattatore ha cittadinanza italiana.

La violenza sulle donne in lockdown

Nel corso del 2019 sono state 135 le donne accolte nella case-rifugio della rete altoatesina antiviolenza, quindi circa 11 al mese. Durante l’emergenza sanitaria legata al coronavirus della scorsa primavera 2020 il numero di donne maltrattate che hanno ricevuto ospitalità si è mantenuto sui livelli medi del 2019, presentando un lieve aumento nel mese di aprile.

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