La tecnologia a supporto dell’indipendenza nella terza età

Nel 2070 si prevede che oltre la metà della popolazione europea avrà più di 65 anni. Considerando poi che l’aspettativa media di vita oggi si attesta sopra gli 80 anni, pare sicuro prevedere un aumento delle necessità assistenziali per la popolazione più anziana in futuro. È qui che si inserisce l’ultima ricerca curata da Eurac Research “Indipendenza nella terza età: il potenziale delle soluzioni tecnologiche per l’assistenza”, finanziata con il supporto del Ministero dell’istruzione italiano e dal programma europeo AAL (Active and Assisted Living). Lo studio, svolto in Alto Adige da ottobre 2019 a marzo 2021, ha coinvolto 72 persone anziane e i relativi parenti, 36 dei quali hanno testato un pacchetto tecnologico composto da sensori, un tablet e un orologio di emergenza collegati in rete. L’altra metà del campione è stata osservata in assenza di supporti tecnologici per poter costruire un confronto affidabile. L’obbiettivo dei ricercatori era duplice: determinare le potenzialità delle tecnologie digitali nel supporto della vita indipendente dell’anziano e valutarne l’influenza su chi si occupa in prima persona dell’assistenza del parente.

Test come questo, svolti in condizioni quotidiane reali e per lungo tempo, vengono organizzati raramente a causa dell’ingente sforzo e risorse che richiedono. D’altro canto, questo è anche l’unico modo per ottenere risultati chiari e con una solida base scientifica. L’analisi statistica dei dati raccolti ha permesso di osservare un evidente effetto positivo del pacchetto tecnologico sia sugli anziani che sui loro tutori. In particolare, è stato riscontrato un maggiore senso di sicurezza e di indipendenza nell’anziano, il quale oltre che essere assistito dai vari strumenti digitali nella vita quotidiana era anche monitorato dal proprio tutore in tempo reale. Per esempio, se il sistema rileva un comportamento anomalo dell’anziano, viene inviato all’orologio un messaggio per confermare lo stato di salute dello stesso. Se la persona non risponde al messaggio entro un certo periodo di tempo, allora il sistema avverte in automatico i parenti che possono andare a controllare.

Purtroppo però, l’avvento della pandemia potrebbe aver inquinato in parte i risultati della ricerca: “Abbiamo osservato come la qualità della vita sia peggiorata sensibilmente, basti pensare alla generale percezione delle condizioni di salute o alle interazioni con le altre persone – spiega Ines Simbrig dell’Istituto di management pubblico di Eurac Research-. Inoltre, anche le famiglie sono molto più preoccupate per la salute e il benessere delle persone anziane dal marzo dello scorso anno a questa parte, al punto che questa preoccupazione straordinaria potrebbe aver nascosto alcuni benefici della tecnologia, per esempio a livello di percezione del supporto ricevuto”. D’altro canto, la pandemia ha anche evidenziato il ruolo avuto dalla tecnologia nel rompere l’isolamento e il senso di sicurezza durante i mesi più duri, tanto che molti dei partecipanti allo studio hanno evidenziato un uso positivo della tecnologia per comunicare, informarsi e intrattenersi.

Axel Baruscotti

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