Il problema casa e le visioni per una Bolzano del futuro. Intervista a Renato Sette

Grazie alla protesta degli studenti universitari contro il caro affitti, il tema della casa è balzato prepotentemente all’attenzione dei media e del dibattito pubblico a livello nazionale. In Alto Adige, in particolare a Bolzano, quello della casa e degli alloggi è da sempre un tema “caldo”, che sta particolarmente a cuore a Renato Sette. Bolzanino, ingegnere edile – architetto specializzato in temi urbanistici, da poco meno di un anno Sette ha dato vita a “Restart Bolzano” per “dare una risposta al disagio che ho sentito da più voci rispetto al futuro di Bolzano e alla sua difficoltà a collocarsi con una visione futura nel territorio altoatesino” ci racconta. L’associazione ha nel suo statuto da una parte la ricerca scientifica in campo urbanistico e dall’altro la creazione di eventi e iniziative bottom up, di partecipazione dal basso e coinvolgimento della cittadinanza. Inoltre, insieme ad Andrea Grata di Cooperdolomiti, Sette è curatore del formato “officina delle visioni 39100 BZ” di cui fanno parte 13 associazioni di categoria e centri di competenza*. Negli ultimi mesi “39100 BZ” ha organizzato diversi incontri sul tema degli alloggi e dell’urbanistica a Bolzano, tra gli ultimi, lo scorso 8 maggio, l’evento dedicato a “Un piano per la transazione ecologica che intercetta la Bolzano intercomunale vasta”.

A proposito del tema casa, per cui lo abbiamo interpellato, Sette ci tiene a premettere che “la casa è come una strada, è un’infrastruttura per la collettività. Per me non si può parlare delle abitazioni senza affrontare altri temi come la mobilità e la transizione ambientale ed economica, sono tutte parti dell’urbanistica, che è la materia che governa queste dinamiche e le sue complessità. Faccio un esempio banale, se avessimo anche solo un condominio in più in via Resia in questi giorni di pioggia ci sarebbero una trentina di famiglie coinvolte negli spostamenti e nelle file conseguenti che ne derivano”.

La mancanza di alloggi e il caro affitti a Bolzano a tutti i livelli rimangono comunque temi caldi, a cui si sentono dare soluzioni diverse, ad esempio l’espansione in orizzontale -vedi zona industriale, con relativa discussione sul piano acustico e comuni limitrofi – o in verticale sfruttando la cubatura esistente… lei che idea si è fatto?

Che c’è una confusione nell’approccio: non esiste il problema della casa in sé, ma una complessità nella gestione della governance che si risolve solo attraverso la pianificazione urbanistica. Secondo lo studio degli architetti Francesco Sbetti e Peter Morello, che sono parte della nostra officina “39100”, entro il 2030 avremo un fabbisogno di 4400 alloggi a Bolzano, che salirà a 6900 nel 2036.

E come si può rispondere a questo fabbisogno?

Non esiste una sola strategia, ma una serie di strategie – in alcune zone a bassa densità ha senso costruire sul costruito e alzare la volumetria, poi c’è la zona industriale in cui esiste già un mix di funzioni e quindi si potrebbe ragionare sulla destinazione di una quota abitativa da allocare, ad esempio, per alloggi a studenti. In concreto, tra le iniziative in essere, c’è l’areale ferroviario che potrebbe offrire 1800 alloggi e poi le ex Caserme Huber e altre 25 aree dismesse che possono portare, entro il 2030, a coprire un terzo di questa domanda.

Certo molti stabili dismessi sono in mano ai privati…

A Bolzano ci sono 46 edifici dismessi e il 76% è in mano a privati – come ad esempio gli edifici in Duca d’Aosta o in piazza Adriano vuoti da dieci anni… ecco mi chiedo se non si potrebbe intervenire mettendoli a disposizione della collettività, anche espropriando.

E comunque non basterebbe ancora a coprire il bisogno di casa.

Bolzano è satura, ci sono ancora 738 ettari edificabili. ma in aree agricole pregiate e non possiamo toccarli perché va contro la legge. Abbiamo comuni limitrofi, con la nostra associazione abbiamo teorizzato una “Bolzano città vasta”, che non va a unire i comuni, ma si configura come un’area che riesce ad affrontare problemi complessi in maniera cumulativa, come ad es. un piano casa condiviso con Laives lungo l’asse stradale della vecchia strada che la collegava al capoluogo, o  con altre sinergie da attivare con Appiano, con una grande area delle ex caserme. Il comune di Bolzano potrebbe incentivare il trasporto pubblico, le infrastrutture di rete e la mobilità con convenzioni intercomunali, e risolvere un problema che per un singolo comune è complesso, ma non se affrontato insieme agli altri.

Un momento dagli incontri di “BZ 39100”

Appoggiandosi ai comuni limitrofi ci sarebbe però un aumento del traffico…

A inizio secolo Bolzano era considerata la culla dell’urbanistica europea… cosa è successo in questi decenni? Sono mancate politiche urbanistiche serie, e i piani sono rimasti su carta. Bolzano con la SS 12 è l’unico comune in Alto Adige senza tangenziale che faccia defluire il traffico di transito. Così si crea un effetto imbuto. Inoltre, le difficoltà sono enfatizzate dal momento storico che stiamo vivendo.

Cioè?

Siamo in procinto di cambiamenti epocali come la questione ambientale, non si può costruire sui piani di 20 anni fa, ma occorre una visione futura. Dobbiamo chiederci come saranno le città tra 20 anni, come sarà la mobilità. Useremo meno la macchina e vivremo più di prossimità, mentre lo spazio pubblico dovrebbe essere un luogo di ritrovo e di qualità della vita e non di parcheggi per le macchine. Secondo la visione sullo sviluppo futuro all’interno dell’EU, la New European Bauhaus, le indicazioni sono chiare: le automobili devono stare fuori dalla città, nei centri storici non si costruiscono parcheggi… mentre a Bolzano si fa l’opposto. A proposito di visioni future, vorrei fare una postilla sull’areale ferroviario.

Prego

Il progetto è del 2012, se pensiamo a cosa è successo in questo decennio è ovvio che va rivisto, dovrebbe diventare un luogo innovativo e di sperimentazione, un modello di mutuo aiuto tra ceti sociali e classi di età diverse. In Europa esistono tanti modelli che uniscono in abitazioni limitrofe giovani e anziani, che si possono sostenere a vicenda, con i loro diversi ritmi di vita e punti di forza. È questo il modello verso cui dobbiamo provare a spingerci, anche rispetto alle 25 aree dismesse.

Rispetto ai modelli europei di cui parla l’Italia è lontana anni luce: all’edilizia sociale viene dedicato solo lo 0,5 del PIL, a fronte di oltre il 3% dei Paesi Bassi e della Svezia (fonti: Parlamento Europeo e Nomisma/Federcasa)

A livello italiano quando si parla di diritto alla casa si parla di proprietà, ma anche l’affitto è una politica che va incentivata. In Italia non c’è un ministero dedicato, avevamo un piano casa nazionale degli anni ’40 che non è più attuale. Ci sono esperienze dei nostri vicini molto interessanti: ad esempio in Austria si pratica l’affitto a prezzi contenuti anche alle classi medie e il 40% dei cittadini di Vienna vive in case pubbliche. Questo crea un mix abitativo che rende forte il tessuto urbano. In Francia i comuni con più di 3500 abitanti sono obbligati a raggiungere almeno il 25% di social housing. In Olanda si può acquistare solo una casa per la residenza ed è vietato acquistare la seconda casa per fini speculativi.

Insomma, interventi forti e chiari da parte dello Stato.

Si, da queste esperienze capisci che c’è sempre di mezzo la mano pubblica, con politiche pubbliche forti ed incisive, capaci sia di attivare gli investimenti sia di difendere il diritto alla casa per tutti. Politiche che mancano in Italia e anche in Alto Adige, nel nostro piano urbanistico.

In Alto Adige c’è l’IPES, l’Istituto per l’Edilizia Sociale.

Si, che fa la sua parte e gestisce oltre 6.000 alloggi a Bolzano, è una quota altissima, ma parlo di politiche volte a sostenere il diritto alla casa in senso più allargato.

E comunque rimane il problema degli alloggi per gli studenti

In altre città europee si parla ad esempio di tactical housing: hai uno spazio dismesso e ci costruisci su moduli con case prefabbricate, intanto hai risolto il problema, e supportato chi un domani sarà un medico, ingegnere/a, le laureate e laureati del futuro.

Insomma, le proposte non vi mancano, che tipo di riscontri avete avuto dalla mano pubblica?

Rispetto a Bolzano, dall’amministrazione comunale c’è stato un approccio di chiusura e fastidio verso le iniziative di impegno e di partecipazione che abbiamo organizzato… un fastidio frutto di una visione miope, ci vedono come antagonisti di un’amministrazione che vorremmo sostenere. Siamo un gruppo di persone che tengono a Bolzano, non siamo i primi arrivati, abbiamo alle spalle urbanisti come Boschetti e Sbetti che studiano la città da anni.

Prossime iniziative in cantiere?

Il prossimo 5 giugno si conclude il ciclo di incontri con una serata sulla mobilità, ma vorremmo continuare su questo percorso. Il 17 e 18 giugno saremo in Via Roen a Bolzano con un progetto di rigenerazione urbana “ID Bolzano” che di anno in anno toccherà una via diversa, con laboratori e una festa finale. Inoltre, il 19 giugno saremo al NOI Techpark per un convegno sulla Bolzano del Futuro insieme ad Eurac e Klimahouse. Anticipo poi che in autunno organizzeremo delle giornate di clausura al Colle per analizzare in maniera approfondita le sfide future della città. Dall’incontro vorremo far nascere un instant book da consegnare alle istituzioni ad inizio 2024.

Caterina Longo

*oltre alla stessa Restart Bz e Cooperdolomiti-dell’officina “BZ 39100” fanno parte anche IPES, ACLI, INU, Coopagenda 2023, Consultecno Project, Aip2Italia, Arci, Fondazione Architettura, Centro Casa e LAB:BZ.

Immagine in apertura: Renato Sette

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