Peroni, l'altoatesino isolato in Groenlandia dal Covid: «Raccolta fondi per salvare la Red House»

«Faccio di tutto, faccio anche il cuoco, ieri l’ho fatto per l’unica ospite presente». L”intervista a Robert Peroni parte dalla fine perché è il momento in cui, nonostante tutto, gli scappa una risata.

Peroni ha studiato tanto, in particolare medicina, psicologia e archeologia, e ha vissuto tanto, è stato guida alpina e maestro di sci, ha attraversato a piedi deserti di sabbia e di ghiaccio e ha costruito dal nulla la Red House. Una struttura turistica apprezzatissima e visitatissima nonostante si trovi a Taasiilaq, uno dei luoghi meno “facili” del pianeta, situato sulla costa orientale della Groenlandia, quella meno popolata, distante quasi settecento chilometri (in linea d’aria) dalla capitale Nuuk.

Eppure  oggi, Robert Peroni, nato a Collalbo/Klobenstein 76 anni fa, si ritrova in una delle situazioni più difficili della sua vita, anche perché completamente inattesa. A renderla tale, la pandemia che ha sconvolto la vita all’intero pianeta, compresi coloro che vivono tra i ghiacci, isolati dal mondo.

«Proprio a causa dell’abituale isolamento – spiega Peroni – quando è arrivata la notizia della diffusione del Coronavirus, la popolazione locale si è chiusa in casa terrorizzata perché priva di difese naturali. Storicamente è sempre stato così, qui i virus solitamente non arrivano, ma quando arrivano fanno strage. Per questo abbiamo chiuso tutto già il 12 marzo e solo dopo qualche settimana, quando si è visto che il virus non si era diffuso, è tornata la tranquillità».

Una calma fin eccessiva, perché di visitatori, ovviamente, neanche l’ombra. «Per dare una mano a chi opera nel turismo, il governo locale ha incentivato gli spostamenti interni offrendosi di pagare metà del volo a chi faceva le vacanze in Groenlandia, ma ovviamente viviamo soprattutto di turismo estero e quest’estate abbiamo ospitato solo una decina di persone in tutto».

La Groenlandia ha circa la metà della popolazione di Bolzano, sparsa su due milioni di chilometri quadrati e, come è facile immaginarsi, la stagione turistica è fortemente limitata dal clima e soprattutto dai lunghi inverni senza luce. «Attualmente, vediamo la luce per una ventina di minuti al giorno attorno alle 10.30, poi il sole sparisce dietro le montagne prima di eclissarsi del tutto. Ma a questo siamo abituati, mentre la mancanza di turisti ha lasciato senza lavoro i 74 dipendenti della struttura e questo mi ha creato problemi con tutta la comunità. Mi hanno sempre considerato diverso da loro, uno che poteva fare tante cose e, quindi non hanno compreso le mie difficoltà e non sono mancate le ostilità, poi lentamente le cose sono migliorate. Da queste parti, non si può chiudere tutto e basta, le strutture che ospitano i cinquantacinque letti per gli ospiti devono essere comunque riscaldate,  perché altrimenti si ghiaccia l’acqua e scoppiano le tubature. La manutenzione è fondamentale, due settimane fa il vento soffiava a 220 chilometri orari, nel villaggio ha spaccato vetri e strappato tetti, fortunatamente non nella nostra struttura, ma ci siamo salvati proprio perché è stata costruita bene con particolari attenzioni».

A questo si aggiungono i problemi legati agli approvvigionamenti. «Prima della pandemia, ci eravamo preparati per la stagione turistica comprando alimentari per le prenotazioni che coprivano il 99% della nostra disponibilità, poi non si è visto nessuno e oggi gran parte di quel cibo è andato a male anche se ne abbiamo distribuito molto alla popolazione». L’ultimo pasto di Peroni prima dell’intervista è stato a base di riso e patate, ma non è quello che lo preoccupa maggiormente: «Il problema non è il cibo, ma l’incertezza sul futuro e la mancanza di turisti e quindi di risorse economiche fondamentali».

Per questo, ha lanciato una raccolta fondi su gofundme.com per salvare la “Red House”e aiutare tutti coloro che l’hanno costruita e tenuta in vita. Al momento ha raccolto circa 60.000 euro da oltre 400 visitatori. «Inizialmente ho ricevuto contributi soprattutto dalla Germania, poi dopo l’articolo di Repubblica uscito qualche giorno fa, sono arrivate moltissime offerte dall’Italia, anche di piccole cifre, ma che mi hanno profondamente emozionato».

Un’emozione che rompe la voce di Peroni che da queste offerte ha tratto la forza per andare avanti.: «Il mondo è in ginocchio, anche in Italia le persone sono colpite dalla pandemia e dai relativi problemi, eppure hanno trovato la voglia di darci una mano di inviarci messaggi di sostegno. Sono gesti che mi fanno pensare che una volta terminata l’emergenza, potremo ripartire in un contesto migliore». Una delle cose più straordinarie dell’intervista a Peroni sta nell’enorme differenza tra la sua quotidianità e il suo stato d’animo: «Tutte le mattine mi alzo attorno alle sei e sistemo le pratiche d’ufficio, rispondo ai messaggi di chi chiede informazioni sulle possibili riaperture, mi godo i venti minuti di luce, spalo la neve e controllo che nelle case per gli ospiti sia tutto a posto, pulisco i pavimenti e i bagni. Mi limito a un pasto al giorno, la sera. Ogni tanto viene qualcuno dal paese a trovarmi, si siede ma non dice una parola. Non sono molto chiacchieroni».

Una routine davvero molto diversa dallo stato d’animo. «Mi sembra di essere tornato alle spedizioni della mia gioventù. Quelle in cui sapevo che bisognava andare avanti anche se non si sapeva quando si sarebbe giunti alla meta e nemmeno a che punto si era arrivati. Era tutto grigio e indefinito, non si vedeva a un passo, ma si sapeva benissimo che lamentarsi non sarebbe servito a nulla. Bisognava tener duro, sperando che finisse presto».

Massimiliano Boschi

 

 

Qui il link della raccolta fondi per salvare “The red house” (la casa rossa): https://www.gofundme.com/f/the-red-house-tasiilaq

 

 

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