“Quel ramo del lago della Muta che volge a mezzogiorno…”. In viaggio verso le sorgenti dell’Adige insieme al poeta Carlo Rovello

Se “chi ben comincia è alla metà dell’opera”, per questo viaggio devo prevedere tempi molto, molto lunghi. Sembrava tutto semplice, raccontare l’Alto Adige percorrendone i principali fiumi, partendo, ovviamente, da quello che le ha fornito il toponimo in italiano, l’Adige. Non tutto ha funzionato come da programma, anzi quasi nulla. Eppure sembrava semplice, le sorgenti dell’Adige le avevo già visitate in compagnia del poeta ligure Carlo Rovello ancor prima di immaginarmi questo viaggio. Rovello è un appassionato dell’Alto Adige, ogni estate lo percorre in lungo e in largo partendo dal Renon, che lui pronuncia con un apprezzabilissimo accento ligure. Ci frequentiamo da dieci anni, da quando io ero stato inviato sul Renon dal Corriere dell’Alto Adige per raccontare le gite con i lama organizzate da Walter Mair e Rovello si trovava lì per comprare un’alpaca gravida da portare nella sua Sassello. Lui ligure, io bolognese, da quel giorno non abbiamo più smesso di confrontarci su pregi e difetti di questa provincia. Lo abbiamo fatto anche il 12 luglio 2022, quando abbiamo deciso di raggiungere insieme le sorgenti dell’Adige. Mi è passato a prendere in stazione a Bolzano e, raggiunta Merano, abbiamo proseguito per la Val Venosta per risalire l’Adige fino al Lago di Resia. Arrivati nel territorio del Comune di Curon, abbiamo parcheggiato a fianco della Kapelle Heilige Dreifaltigkeit (Cappella della Santissima Trinità). Preferivamo proseguire a piedi lungo le rive del Lago della Muta per raggiungere il ristorante in cui avevamo deciso di pranzare. Saranno stati i 1450 metri di altitudine, il vento fresco o il cibo, ma era uno di quei giorni estivi in cui non occorre spiegare perché si è affascinati dall’Alto Adige. Eppure gliel’ho chiesto comunque. Rovello ha risposto senza doverci pensare troppo: “Ci trovo tanti mondi in uno solo e non è la retorica del ponte tra nord e sud Europa, mi piacciono le tante sfaccettature di questo territorio. Io provo a non visitarlo da turista, mi mimetizzo, dormo fuori mano, cerco persone al lavoro, visito le periferie del fondo valle, noto il conservatorismo, ma anche la spinta all’innovazione. Osservo il turismo di massa e il suo stridere con l’ambiente in sottofondo, i costumi tipici, ma anche la stanchezza di un modello politico che fatica a stare a spasso coi tempi”.

Il lago di Resia (Foto Venti3)

Rovello, inevitabilmente, come capita ed è capitato a tutti, sa che il suo sguardo è filtrato dalla quotidianità che vive altrove in quella Liguria di montagna di cui vede, soprattutto da queste rive sudtirolesi, le potenzialità inespresse. “È vero, il turismo ha cambiato la Liguria molto rapidamente. Le iniezioni di denaro provenienti dalle grandi città del nord hanno cambiato profondamente la mia regione che, però, sta ancora in piedi grazie al lavoro orografico fatto dai nostri avi sui monti. Il territorio ligure si fonda ancora su quel mondo, sui muri a secco, su una gestione dei torrenti fatta da chi lavorava in montagna. Un mondo che ora è al collasso ed è un vero peccato. Fino a qualche anno fa, in Liguria si poteva sciare guardando il mare, ma la montagna è stata abbandonata. Non che desideri che si aprano impianti sciistici sui nostri monti, ma vivo circondato da luoghi bellissimi e selvaggi e per me è inevitabile invidiare la cura del territorio che osservo in Alto Adige. Certo anche qui ci sono dei problemi, ma credo che, tranne alcune zone precise – penso a Braies – si sia riusciti a trovare un compromesso interessante. Credo che in Sudtirolo sia sia attivato un circolo virtuoso, il rispetto e l’amore per la propria terra è diventato uno dei motivi per cui arrivano e continuano ad arrivare i turisti e spero che questo non cambi. Nella Liguria interna, invece, sembra essersi attivato un percorso inverso, un circolo vizioso per cui un territorio, sempre più abbandonato, è sempre meno attrattivo. Purtroppo dalle nostre parti i giochi politici si fanno sulla costa, l’entroterra è considerato poco importante”.


La sorgente dell’Adige (foto Venti3)

Non volevo rovinargli la digestione per cui, ritornando verso il parcheggio, mi sono limitato a chiedergli quale era il suo luogo preferito dell’Alto Adige. Anche in questo caso, ha avuto pochi dubbi: “Gissmann, una frazioncina sul Renon. È un angolo dipinto, ci vado spesso e ci trovo vibrazioni uniche, che mi mettono in pace e in comunicazione con me stesso”. Rientrati in auto, sono bastati pochi minuti per raggiungere il parcheggio, non lontano dal confine di Stato, da cui parte il sentiero per le sorgenti dell’Adige. È bastato seguire le indicazioni per un paio di chilometri per arrivare a una fontanella in pietra da cui sgorgava un sottile filo d’acqua. L’abbiamo fotografata da tutti gli angoli e con tutti gli sfondi. Solo alcune settimane dopo ho scoperto che era una sorgente “per turisti”. Le vere sorgenti erano, e sono, poco distanti da quella fontanella, protette da un bunker. (segue)

Massimiliano Boschi

 

Immagine di apertura: il lago della Muta (Foto Venti3)

 


Carlo Rovello in Val Gardena

 

 

SOLITUDINE SULL’ALTIPIANO

Nembi a incudine

sempre sterili

sul Rosengarten.

I cavalli haflinger

escono al tramonto

per brucare.

I gatti novelli

s’appostano nel fieno

a cacciar grilli.

Come ogni sera

il giardiniere annaffia

i fiori del cimitero.

Passeggio per masi:

sono qui da sei giorni

o forse sei mesi…

(da I giorni senza ore– Calibano editore –Milano-2023)

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