Qualità dell'aria nelle scuole, gli esperti in coro: «Problema spesso sottovalutato, ora è necessario intervenire»

“Ora più che mai è necessario un approccio integrato alla problematica della qualità dell’aria nelle scuole. Non è solo un concetto legato alla salute ma anche alla capacità di apprendimento”. È una voce comune quella che si alza dal webinar organizzato da progetto QAES e svoltosi ieri pomeriggio (giovedì 9 dicembre), e che ha posto il suo focus sulle soluzioni pensate per contrastare la diffusione di Covid-19 nelle aule scolastiche. Lo dicono le aziende, impegnate a sviluppare nuovi prodotti e idee, i tecnici, che lavorano per progettare sistemi di areazione e ventilazione smart, e gli esperti, come Angela Loder o Gaetano Settimo, ospiti d’eccellenza dell’evento, che hanno colto l’occasione per mettere a confronto le situazioni vissute in America e in Italia.

Due esperienze a confronto

Angela Loder è la vicepresidente dell’area ricerca dell’International WELL Building Institute (IWBI) di New York, e negli scorsi mesi ha partecipato ad una ricerca globale sull’importanza della qualità dell’aria nelle scuole, analizzando la situazione Covid negli USA. “Il contesto pandemico americano è stato decisamente differente da quello europeo. Qui le scuole e gli studenti hanno subito un’importante impatto con diversi digital dropouts tra i più giovani”, ha spiegato Loder. Nelle scuole americane il contagio è corso molto veloce, con un alto numero di infezioni iniziale e un tasso molto basso di vaccinazioni. È così che, lentamente, è nata la consapevolezza dell’importanza dell’investire sugli ambienti e sugli edifici scolastici, operando strategie di prevenzione, promuovendo contatti “puliti”, aumentando la ventilazione e i sistemi di filtraggio, e mantenendo una percentuale di umidità compresa tra il 40 e 60%. Tutte misure atte anche a migliorare la concentrazione degli studenti, riducendo i mal di testa e altri tipi di malessere. “Molti genitori americani hanno dotato i propri figli di un contatore portatile per il rilevamento della qualità dell’aria nella propria scuola”, conclude Loder, che con il suo gruppo di lavoro ha sviluppato delle guide e dei consigli utili per la corretta ventilazione in classe e la sicurezza a scuola.

Gaetano Settimo invece, è il coordinatore del Gruppo di Studio Nazionale Inquinamento Indoor e ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel suo intervento ha presentato la situazione che si è palesata in Italia allo scoppio della pandemia. “Il Covid ha evidenziato il problema dell’inquinamento indoor. Molte persone hanno sempre pensato di essere esposti soltanto all’inquinamento esterno, ma non è così. A essere i più colpiti sono proprio i ragazzi, che restano chiusi in classe per la maggior parte del loro tempo – ha spiegato Settimo -. Molti studi hanno evidenziato come questo sia un problema comune in moltissime realtà italiane. Una buona salute incide su un buon apprendimento e di qualità”. Settimo ha presentato la strategia europea per una riduzione dei rischi della salute, che consiste in una riduzione degli inquinanti alla sorgente, una produzione di soluzioni progettuali per i materiali di largo consumo, una diluizione delle concentrazioni inquinanti attraverso ventilazione e una cultura della prevenzione. “In Italia è necessaria un’onda culturale che lavori in maniera multidisciplinare, con un approccio collaborativo tra tutte le figure in gioco. L’Italia è stato uno dei primi paesi colpiti, ma siamo stati tra i primi a sviluppare best practice e linee guida per difenderci”, conclude Settimo.

I risultati del sondaggio

Clara Peretti ha presentato infine i risultati di un’indagine sottoposta a progettisti, ingegneri e aziende in cui si chiedeva loro di indicare soluzioni e idee per contrastare il Covid per le scuole. “Il questionario presentava 21 domande aperte e ha cercato di fotografare il mercato altoatesino”, spiega Peretti. Tra le soluzioni principali che sono venute fuori ci sono sistemi di ventilazione meccanica controllata, sistemi di controllo VMC, dispositivi per il monitoraggio dell’aria e dispositivi attivi per il trattamento dell’aria.

In totale sono state presentate 107 soluzioni, 58 dalle aziende, 38 dai progettisti e 11 dagli installatori. La prima domanda posta dal questionario era: “In che categoria possono essere inseriti i vostri prodotti?.Il 20% delle aziende ha risposto nella categoria dei dispositivi portatili, mentre il 19% nei prodotti VMC. La seconda domanda invece è stata: “La sua azienda commercializza un prodotto specifico contro il Covid?”. In questo caso il numero di aziende partecipanti alla domanda si è ridotto a 31, con solo 57 soluzioni sul banco. Di queste ultime, il 27% sono soluzioni portatili, mentre il 20% prodotti VMC. Un aspetto curioso emerso dal questionario è che il 79% delle aziende ha svolto un secondo test sul proprio prodotto per verificare se fosse effettivamente adatto a combattere il Covid, e che quasi l’80% di questi prodotti sono sviluppati fuori dall’Alto Adige. Il 61% delle aziende aveva il proprio prodotto contro il Covid già presente sul mercato prima dello scoppio della pandemia, mentre il 56% di professionisti e installatori no.

 

Ma quali input sono nati quindi dal questionario? In primis è emersa la necessità di far capire l’importanza del monitoraggio dell’aria. Poi l’individuazione dei requisiti di sicurezza e compatibilità con le norme nazionali. Infine il capire le priorità poste dal committente per individuare le soluzione più efficace ed adatta. In conclusione si può dire che c’è stato un grande interesse da parte delle aziende, in particolare per alcune tipologie di prodotto. In questo ambito, la sfida per contrastare la pandemia sembra essere stata accolta in maniera minore da professionisti ed installatori. Inoltre, sembra che le strategie a lungo termine siano più complesse e meno economiche, questo perché necessitano di più competenze.

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