«Troppo razzismo», l'attivista Papadam Diop saluta Bolzano e si trasferisce in Francia: una sconfitta per tutti

Papadam Diop, noto attivista impegnato nel sociale a Bolzano, dirà presto addio al capoluogo per trasferirsi in Francia. A raccontarlo è lui stesso sulle colonne dell’edizione odierna del quotidiano Alto Adige in un pezzo firmato da Luca Fregona. E il motivo è tanto semplice quanto triste: il razzismo. Diop, 53 anni, viene dal Senegal, è un operaio dell’Iveco, sindacalista e maestro di karate. A Bolzano ha anche fondato una palestra popolare per i ragazzi più difficili. Inoltre, è uno dei volti noti del plogging cittadino, la pratica che consiste nel raccogliere i rifiuti che si trovano per strada mentre si fa jogging. Una persona amata e stimata, che ha spesso aiutato i più deboli e i senzatetto portando loro un pasto caldo e interfacciandosi con le istituzioni cittadine per procurare loro un letto dove passare la notte. Lo scorso gennaio grazie al suo intervento, un ragazzo che viveva sotto Ponte Roma è stato salvato da una polmonite, facendolo ricoverare all’ospedale.

E allora perché trasferirsi? “Sono stufo di sentirmi sempre un corpo estraneo. Stufo che ogni volta che vado in Comune o in banca mi chiedano se ho il permesso di soggiorno. Vivo in Italia da vent’anni, a Bolzano da dieci, ho la cittadinanza italiana. Sono nauseato della gente che dice “non affitto agli stranieri” e di quelli che speculano affittando un posto letto in una topaia per 500 euro al mese. Sono cose che toccano nel profondo, ledono la dignità, l’anima, l’identità di una persona. La politica si riempie la bocca di belle parole, ma poi non interviene duramente contro il razzismo”, si legge nel pezzo.

Una scelta presa soprattutto per i suoi figli e la sua famiglia, spiega Diop: “Non voglio che i miei figli crescano in un posto dove si sentono infelici. Il mio dovere di genitore è di proteggerli. Essere neri in Italia, a Bolzano, nell’anno 2022, segna ancora il destino e l’accettazione sociale. Mohamed, il mio figlio più grande, otto anni, nato qui, cresciuto qui, si è sempre sentito diverso, respinto. Quando sul bus, vedeva una persona di pelle nera, mi diceva “papà, papà, guarda, uno come noi”. Da febbraio lui e il fratellino sono a Grenoble, e le cose sono cambiate da così a così. La mattina non vede l’ora di trovarsi in classe, ha già un sacco di amici. Perché la Francia è un paese multietnico, multiculturale, integrato. Ti valutano per quello che sai fare, e non da dove vieni, se porti il velo, o sei nero. In Italia non funziona così. In Francia i miei figli hanno trovato una cosa che qui non potevano avere: il rispetto. E questo viene prima di ogni altra valutazione”, prosegue il pezzo.

Una nuova vita per Diop e una grande sconfitta e perdita umana per Bolzano. E mentre su Facebook si accumulano i messaggi di solidarietà e saluto nei suoi confronti, noi tutti dovremmo fermarci e riflettere su questa storia, cercando di capire che futuro vogliamo costruire per la nostra città e l’intera Provincia: aperto, integrato e inclusivo o povero, ottuso e razzista?

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