Ötzi, a Padova due ipotesi sul giallo

Il corpo congelato dell’Uomo del Similaun, il famosissimo Ötzi, è una delle più importanti scoperte archeologiche degli ultimi 30 anni. Da Londra a New York, in questi anni il suo caso è stato studiato po’ ovunque. E ora il «giallo» della mummia risalente a ben 5300 anni fa sbarca anche a Padova.

Mercoledì 19 aprile dalle ore 9 in Sala del Consiglio di Palazzo Liviano in piazza Capitaniato 7, un seminario organizzato dalla Scuola di Dottorato in Storia, critica e Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Padova discuterà del presente stato delle conoscenze su Ötzi.

In particolare si valuteranno apertamente, e senza preconcetti, due diverse ipotesi sull’origine del corpo di Ötzi: la cosidetta «teoria del disastro», secondo la quale il guerriero sarebbe caduto ad alta quota in un agguato, morendo sul posto e venendo immediatamente ricoperto da coltri ghiacciate con tutto il suo equipaggiamento di montagna, e la «teoria della tomba», secondo la quale, al contrario, si tratterebbe del crollo di una sepoltura formale e del suo corredo funebre posta sul passo del Similaun per segnalare e sacralizzare il confine politico di una locale tribù.

La prima ipotesi, sinora accettata dalla maggioranza degli studiosi e dai mass media, tende a considerare la scena del rinvenimento alla stregua della scena di un antico delitto, al punto che recentemente un profiler della polizia di Monaco è stato invitato dal gruppo di ricerca sulla mummia a identificare modalità, moventi e colpevoli dell’uccisione preistorica. L’ipotesi alternativa, sostenuta da studiosi d di Padova, dell’Università La Sapienza di Roma, dell’Università del Kansas (Usa) e del Museo Preistorico Etnografico «Luigi Pigorini» di Roma, considera piuttosto la tomba crollata un antecedente dei siti dell’età del Rame posti sull’arco alpino nei quali imponenti stele scolpite in pietra con immagini di guerrieri armati rendevano sacri i confini e i passi di montagna.

La tomba franata

Molti gli indizi che fanno propendere per la tomba franata: la mancanza sul corpo della materia che si forma senza eccezione nei corpi abbandonati in ghiaccio e acqua, l’assenza totale di impronte o morsi di animali predatori sul corpo, un corredo non depredato, che escluderebbe l’uccisione da parte di un nemico. E se l’uomo fosse stato soccorso, dopo essere stato ferito alla schiena, dai suoi compagni che avrebbero tentato di rianimarlo con cibo di alta qualità?  Poiché al tempo il passo ad alta quota era ancora gelato, il corpo sarebbe stato messo in un ambiente secco e gelato per alcune settimane, poi, in primavera inoltrata, rivestito e poi portato al luogo di sepoltura con i suoi oggetti.

Un giallo fitto quello della morte di Ötzi a cui Klaus Oeggl dell’Università di Innsbruck, Alessandro Vanzetti, Luca Bondioli e Massimo Vidale del Dipartimento dei Beni Culturali, Gilberto Artioli e Ivana Angelini del Dipartimento di Geoscienze, e Francesco Rubat Borel della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino tenteranno di dare delle risposte scientifiche.

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