Mummia di Basilea: l'Eurac risolve un "cold case" di due secoli fa

“Il fatto che la signora Bischoff sia morta all’età di 68 anni non ha probabilmente a che fare con un’infezione quanto con il trattamento contro la sifilide e altre infezioni frequentemente usato nell’Europa dell’epoca: vapori o unguenti di mercurio. La concentrazione di mercurio nel suo cervello era estremamente elevata”. E’ questa la diagnosi a cui sono arrivati gli studiosi di Eurac Research di Bolzano e gli esperti di genealogia del Museo di storia naturale di Basilea dopo aver analizzato approfonditamente la cosiddetta “Mummia di Basilea”.
Quest’ultima è nota anche come la “signora della Barfüsserkirche” perché fu ritrovata nel 1975 durante i lavori di costruzione dell’omonima chiesa a Basilea e diversi indizi, tra cui i cambiamenti nelle ossa del cranio, avevano inizialmente suggerito che la donna soffrisse di sifilide. Grazie alla collaborazione interdisciplinare coordinata dal Museo di storia naturale di Basilea, nel 2018 la mummia è stata identificata in Anna Catharina Bischoff, vedova del parroco. Tuttavia, le analisi condotte da un’equipe dell’Istituto per la ricerca sulle mummie dell’Eurac non hanno rilevato tracce dell’agente patogeno di questa malattia. Utilizzando un nuovo metodo, finora raramente applicato al DNA antico, è stato ora possibile assemblare il genoma di un micobatterio non tubercolare ancora sconosciuto e chiarire che la donna non è morta di sifilide.
Caso risolto, ma la reale importanza della scoperta sta nella possibilità di aver identificato nuovi e rari microrganismi anche in materiale genetico molto antico permette alla scienza di approfondire aspetti importanti dello sviluppo delle malattie infettive umane. Ne è convinto Frank Maixner, microbiologo di Eurac Research e responsabile dello studio: “Il metodo può essere uno strumento importante per chiarire le cause alla base di malattie delle quali non si conosce ancora il patogeno responsabile”.

Immagine di apertura: La mummia di Basilea© Gregor Brändli

 

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