Sensori magnetici nei tessuti: il futuro dell’interazione touchless. Intervista a Michael Haller

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Innovazione. Michael Haller, professore alla Libera Università di Bolzano e direttore del Media Interaction Lab, è un pioniere nello sviluppo di interfacce di nuova generazione. La sua ricerca più recente si concentra sull’integrazione di sensori magnetoresistivi nei tessuti, con il progetto “Submersible touchless interactivity in conformable textiles enabled by highly selective overbraided magnetoresistive sensors”. Questa tecnologia consente l’interazione touchless rendendo le fibre dei veri e propri device, aprendo nuove prospettive per i dispositivi indossabili e le superfici intelligenti. Le applicazioni spaziano dall’industria automobilistica alla moda, fino alla sicurezza e alla medicina.

Di cosa si occupa e qual è il focus della vostra ricerca? 

Sono professore all’Università di Bolzano e dirigo il Media Interaction Lab nella Facoltà di Ingegneria. Il nostro obiettivo è sviluppare interfacce di nuova generazione, superando il tradizionale touchscreen. Studiamo come integrare sensori negli oggetti di uso quotidiano, con particolare attenzione al settore automobilistico e alla tecnologia indossabile.

Come funzionano concretamente questi tessuti intelligenti? 

Abbiamo sviluppato un sensore incorporato in una fibra, capace di rilevare la pressione. Integrandolo nei sedili dell’auto, possiamo misurare il peso del conducente, la postura o persino riconoscere utenti diversi. Ciò permette regolazioni automatiche per migliorare ergonomia e sicurezza. Stiamo anche lavorando su elementi riscaldanti a livello di filato, garantendo la lavabilità e la durabilità del tessuto.

Qual è il ruolo della sensoristica magnetoresistiva in questo progetto?

Recentemente, abbiamo incorporato sensori a magnetoresistenza gigante (GMR) nelle fibre tessili. Questi sensori rispondono ai campi magnetici e possono essere intrecciati nei tessuti, consentendo un’interazione senza contatto. Un magnete vicino al tessuto può attivare una funzione, eliminando la necessità di tocco fisico. Questa tecnologia ha prospettive interessanti anche per i dispositivi medici, l’abbigliamento interattivo e le superfici intelligenti.

Nell’immagine, il Dott. Michael Haller (foto UniBz)

I vostri sensori non reagiscono a tocchi involontari. Come funziona questo meccanismo?

A differenza dei touchscreen capacitivi, che rilevano la prossimità e spesso registrano input accidentali, i nostri sensori utilizzano resistori sensibili alla pressione (FSR). Questo significa che rispondono solo alla pressione intenzionale. Non parliamo di una tecnologia nuova, le prime sperimentazioni risalgono agli anni ‘70, tuttavia la nostra ricerca si concentra sull’integrazione di questo sistema all’interno delle fibre tessili.

Considerando la complessità dei materiali e delle tecniche di produzione, come pensate di scalare questa tecnologia a livello industriale?

La scalabilità è cruciale. Per questo collaboriamo con partner industriali, invece di sviluppare tecnologia in isolamento. Al NOI Techpark, disponiamo di macchinari industriali per la maglieria, permettendoci di creare prototipi compatibili con la produzione su larga scala. La collaborazione con la Facoltà di Design ci aiuta inoltre a colmare il divario tra ricerca e commercializzazione, assicurando un’integrazione efficace nei prodotti di uso quotidiano.

Può descrivere il processo di produzione dei vostri tessuti intelligenti?

Utilizziamo macchinari industriali comuni nell’industria tessile, come macchine per maglieria, telai, macchine da cucire e macchine per torcitura. Questo ci permette di scalare la produzione in modo efficiente. Anche se non produciamo migliaia di chilometri di filato, realizziamo campioni di decine o centinaia di metri, sufficienti per sviluppare prototipi funzionali per l’industria.

In che modo questa tecnologia influenzerà il futuro dell’interazione uomo-macchina?

Se parliamo di device, sin dagli anni ‘70 si è cercato di superare la classica interazione attraverso strumenti come mouse e tastiera, ma ancora oggi li usiamo. Il nostro obiettivo è aumentare la pervasività di questi dispositivi, integrando sempre di più la tecnologia nel corpo umano e nell’ambiente circostante. Credo che in futuro supereremo lo smartphone, ma sono scettico sulla realtà virtuale, perché i visori sono ancora troppo ingombranti per l’uso quotidiano. Tuttavia, aziende come Google, Apple e Microsoft stanno già esplorando progetti simili alla nostra ricerca.

Può fare un esempio concreto di queste applicazioni? 

Un esempio è stato il Project Jacquard di Google, che mirava a creare una giacca intelligente. Il progetto è stato lanciato troppo presto, ma il settore continua a esplorare nuove possibilità. Un’applicazione promettente per questi sistemi è la sicurezza: tessuti con luci integrate e sensori per rilevare la distanza da una macchina, prevenendo incidenti sul lavoro.

I sensori spesso utilizzano materiali plastici con un impatto ambientale significativo. Come affrontate il tema della sostenibilità?

La sfida è trovare sensori sostenibili e durevoli, capaci di funzionare in condizioni estreme, come nei veicoli (-40°C a 80°C). Noi integriamo i sensori nei tessuti tramite maglieria, permettendo di rimuovere e riutilizzare le fibre, simile alle scarpe da corsa realizzate da Nike e Adidas utilizzando la plastica riciclata dagli oceani. I tessuti a maglia sono particolarmente promettenti per il recupero delle fibre.

Qual è il ruolo dell’Alto Adige nel supportare la vostra ricerca?

La nostra Facoltà di Ingegneria si è trasferita nei laboratori del NOI Techpark, favorendo la collaborazione tra università e aziende. Non siamo la Silicon Valley, ma il fatto che aziende come BMW scelgano di collaborare con noi dimostra il potenziale della regione. Il governo locale ha investito molto nella ricerca, e credo sia una scelta vincente.

Quali sono i prossimi passi della vostra ricerca?

Il nostro obiettivo è continuare a sviluppare questa tecnologia, migliorarne l’integrazione nel settore tessile industriale, esplorare nuove applicazioni e ottimizzare i processi di produzione.


Nell’immagine in apertura, uno dei prototipi di indumento con sensoristica integrata (foto UniBz) 

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