Tecnologia Open, sanità più equa e community. Intervista a Martin Häuer

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Innovazione. La 25ª edizione di SFSCON si è chiusa al NOI Techpark di Bolzano con un messaggio chiaro: tra i settori più interessanti all’apertura verso l’open source c’è anche la sanità. L’accesso ai servizi resta frenato da costi elevati e da un mercato in cui tecnologie critiche sono ancora concentrate nelle mani di pochi fornitori. In questo scenario, l’open source emerge come alternativa concreta: più economica, trasparente e interoperabile, capace di abilitare riuso, manutenzione locale e auditing indipendente.
Tra le voci che hanno animato il filone health c’è Martin Häuer: scientific head for open standards (JTC-C1) alla Martin-Luther-Universität Halle-Wittenberg, impegnato nell’ecosistema open-hardware su coordinamento, documentazione e governance. Ha guidato per tre anni Open Source Ecology Germany, avviando la DIN SPEC 3105 e mantenendo lo standard di metadati OKH; siede nel board della Open Source Imaging Initiative e.V. dedicata, tra l’altro, all’MRI open source.

A SFSCON Häuer ha portato la sua visione su come le tecnologie aperte possano rendere più equo l’accesso alla sanità. Nel talk “Ethical Need for Medical Devices as Commons” ha spiegato che trattare i dispositivi medici come beni comuni significa aprire standard, documentazione e governance, riducendo le barriere d’ingresso e rendendo l’innovazione davvero inclusiva. L’esempio più evidente è l’MRI open source sviluppata dalla community Open Source Imaging Initiative OSI², che mostra come si possano abbattere costi e complessità senza rinunciare a qualità, sicurezza e percorsi di certificazione.

Quale problema sta cercando di risolvere OSI² nella sanità?

Molti servizi pubblici, inclusa la sanità, si basano ancora su prodotti proprietari e infrastrutture chiuse. Questa dipendenza fa lievitare i costi fino a livelli insostenibili, soprattutto nel Sud globale. La risonanza magnetica è un caso esemplare: pochi fornitori dominano il mercato, mantenendo alti i prezzi e un forte controllo sull’innovazione. Con la OSI² mostriamo un’altra via: un sistema MRI che chiunque può studiare, usare, condividere e migliorare.

In pratica, che cosa significa “open” per uno scanner MRI?

Significa che l’intera “stack” è documentata e riproducibile: hardware, elettronica, software di controllo e pipeline di ricostruzione delle immagini. Pubblichiamo schemi, distinta base e codice mantenendo governance e decisioni in piena trasparenza. L’obiettivo non è un “pezzo unico”, ma una piattaforma su cui altri clinici, ricercatori, ingegneri, produttori locali  possano iterare.

Può darci una rapida panoramica tecnica?

Nel caso dell’MRI, invece dei magneti superconduttori utilizziamo magneti permanenti disposti con un’orientazione specifica – un array di Halbach – che concentra il campo al centro e lo annulla ai bordi. È una MRI a basso campo: niente criogeni, installazione più semplice, consumi inferiori. Il magnete è modulare (dischi “puck” e anelli); i telai vengono fresati e assemblati con utensili standard. Sul fronte elettronico scegliamo componenti ampiamente disponibili; sul software forniamo il controllo delle sequenze e gli strumenti di ricostruzione, per passare dal segnale grezzo a immagini clinicamente significative.

Come cambia l’economia rispetto ai sistemi convenzionali?

Si passa da macchine da milioni di euro a qualcosa di molto più accessibile. Questo porta la MRI a disposizione di ospedali universitari, cliniche territoriali e laboratori con budget contenuti. Il costo dei materiali per un sistema completo si aggira intorno ai 30 mila euro. Quando le persone possono costruire, utilizzare e modificare la macchina, l’ecosistema inizia a crescere da sé. Per esempio, un team a Graz, in Austria, è riuscito a ridurre del 90% i costi di produzione del magnete principale (il modulo più costoso). Con dinamiche di questo tipo, i costi potrebbero scendere ancora.

Come si governa un progetto open senza perdere la direzione?

L’obiettivo è chiaro a tutti: vogliamo scanner MRI open-source adatti a contesti a risorse limitate. Man mano che pubblichiamo le prime versioni e il progetto scala, le cose diventano più complesse: certificazione del prodotto, commercializzazione, nuove versioni e varianti. Abbiamo creato un ente non profit indipendente con tre funzioni principali: soggetto legale per partnership indipendenti (per esempio su finanziamenti e contratti), custodia degli asset condivisi – come il marchio, ma potenzialmente anche banchi di replica e strutture di test – e piattaforma di governance neutrale, ad esempio per le decisioni progettuali. In futuro potremmo vedere una rete comunitaria di realtà for-profit e non-profit, dove servono e unite da una governance comune. Eseguiamo inoltre valutazioni di conformità aperte su hardware e software di imaging, mantenendo alta la qualità e assicurando che le soluzioni siano realmente open-source. Lo facciamo in diverse comunità e lavoriamo su standard aperti, così che ospedali e regolatori possano fare affidamento su di noi.

Dove viene adottata oggi OSI²?

Dall’Europa al Sud globale: laboratori che replicano sottosistemi, ospedali che valutano casi d’uso a basso campo, gruppi di ricerca che contribuiscono con software e sequenze di impulsi. È importante anche l’accesso per studenti provenienti da regioni a basso reddito: ora possono imparare facendo e aggiungere nuove idee allo stack – un’opportunità che prima semplicemente non esisteva. Sappiamo di 21 ricostruzioni in 13 paesi dal 2022 – dai Paesi Bassi al Paraguay; naturalmente non dobbiamo autorizzare nessuno, quindi potrebbero esserci ancora più sistemi in circolazione.

Qual è il percorso verso la certificazione clinica?

“Open” non significa “non regolamentato”: significa “verificabile”. Documentiamo, testiamo e iteriamo in modo aperto per costruire prove, passo dopo passo. È più lento che consegnare una “scatola nera”, ma è più sano per l’ecosistema. E poiché tutto è verificabile, regolatori e clinici possono vedere come il sistema funziona e migliora nel tempo. Altre comunità hanno condiviso la propria documentazione di certificazione e faremo lo stesso. Da ottobre 2023 abbiamo un progetto in cui ricercatori e sviluppatori MRI collaborano con organismi notificati e istituti di metrologia per produrre documentazione open-source finalizzata alla certificazione clinica del nostro sistema principale.

Un progetto molto “hardware” a SFSCON: che cosa vi siete portati a casa?

Che l’open source è più dei soli repository di codice: è governance, licenze, formazione, cura della comunità. SFSCON ci ha permesso di confrontarci con città, ospedali, aziende e fondazioni. Una MRI open non è un azzardo: è ingegneria collaborativa con un reale ritorno sull’investimento – dalle nuove startup ai nuovi servizi clinici.

Un messaggio finale alla comunità della salute.

Se vogliamo tecnologie mediche davvero globali, devono essere aperte e insegnabili. Quando le persone possono comprendere, riparare e adattare i sistemi localmente, l’accesso migliora, i costi si abbassano e l’innovazione diventa inclusiva. Questo è lo spirito di OSI²: non solo progettare una macchina, ma abilitare una comunità che continui a migliorarla – insieme.

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