Maan Fallaha, un medico tra bicicletta e aiuti umanitari

Non di rado, i medici di famiglia sono considerati dei semplici “burocrati della medicina”, una sorta di timbra carte che funge da intermediario tra il territorio e i centri medici specializzati. Non è questo il caso del dottor Maan Fallaha, che invece rappresenta a pieno titolo la figura del premuroso medico d’altri tempi, competente, comprensivo e sempre attento alle esigenze dei suoi pazienti – anche i più ipocondriaci. Vive la sua professione con passione e non si accontenta mai del “minimo sindacale”. Non di rado lo si incontra anche al Pronto Soccorso dell’ospedale di Bolzano, dove sostituisce colleghi assenti. Ci riceve nel suo ambulatorio di via Parma a Bolzano ma poi, al termine del colloquio, ci permette anche di assistere ad una visita domiciliare. Abbiamo davanti una persona consapevole della rilevanza del suo ruolo, ma estremamente cordiale e disponibile al dialogo. È nato in Siria, nel governatorato di Idlib, dove ha passato l’infanzia con i genitori e altri otto fratelli, diversi dei quali vivono in Alto Adige come lui. Ha un altro fratello medico, Aba, che per alcuni decenni è stato il medico condotto dei tre comuni della Val Gardena. Presso il fratello maggiore ha anche iniziato la pratica medica, tanto che oggi, mi dice sorridendo, “dopo dieci anni passati lassù mi sento bolzanino al 100% ma anche gardenese”.

Bolzano, afferma orgoglioso e senza esitazione, è la sua heimat, la città in cui si sente a casa. Vivere qui gli piace, il territorio e soprattutto il clima sono ideali. Il dottor Fallaha è padre di cinque figli, due dei quali studiano in Austria. Una figlia vuole intraprendere la carriera medica come lui, l’altra studia ingegneria. “Ho studiato medicina a Perugia e Terni”, racconta il dottor Fallaha. “Poi mi sono trasferito in Alto Adige, dove già viveva e lavorava mio fratello. Ho lavorato per dieci anni con lui in Val Gardena, poi nel 2002 mi sono trasferito a Bolzano per fare il medico di base”. Oggi il dottor Fallaha è uno stimato professionista che segue con cura e rara dedizione duemila pazienti. Si sente realizzato nel proprio lavoro ma, ovviamente, non dimentica il proprio passato e, soprattutto, il drammatico presente della sua terra natia. “Purtroppo – precisa malinconico – non è più possibile visitare parenti e amici in Siria a causa della guerra in corso da 11 anni. I rapporti, per fortuna, non si sono mai interrotti”, spiega, “ma per forza di cose possono avvenire solo attraverso videochiamate.”
Insieme al fratello Malih, anch’egli residente a Bolzano da moltissimi anni, ha dato vita alla onlus Kafel/Orfani. Attraverso questa associazione, sostiene molti orfani siriani con donazioni mensili di denaro. “L’associazione è molto importante per noi, dà un senso alla nostra vita, non potremmo non aiutare chi nella nostra terra d’origine ha perso tutto e non ha un futuro. Aiutiamo molti bambini che vivono nei campi profughi al confine con la Turchia e sono sprovvisti di tutto ciò che serve per vivere, dal cibo ai vestiti, dalla casa all’affetto dei propri cari. Mandiamo 50 € al mese a mille orfani e inoltre li sosteniamo periodicamente anche con offerte di cibo, materiale scolastico e altre cose indispensabili. Il denaro viene raccolto qui in Italia e trasmesso direttamente agli orfani senza intermediari. Siamo ovviamente grati per ogni aiuto”.


Lasciamo la Siria lontana e pur così vicina e torniamo a Bolzano. Tra i pazienti del dottor Fallaha, circa il 20% sono di origine straniera, gli altri sono italiani. Nel suo quartiere, il “dottore”, sportivo praticante, è noto anche per la sua passione per la bicicletta, il suo mezzo di trasporto preferito per gli spostamenti in città. “È il mezzo ideale per muoversi a Bolzano, la uso 365 giorni all’anno e con ogni condizione climatica”. Scattate le foto di rito, scendiamo in strada per seguire il dottor Fallaha in una vista domiciliare. In un edificio popolare di via Milano ci apre la porta la signora Mirella, 79 anni, vivace e socievole. Ci invita ad entrare. “Per me il dottore è il dottore ma soprattutto un amico, quando ho bisogno so di poter contare su di lui, in qualsiasi momento”, precisa puntigliosa. Tornando verso l’ambulatorio, incontriamo altri pazienti del dottore. Un rapido scambio di battute, un consiglio, uno sguardo benevolo rivela la grande empatia esistente tra questo medico e i suoi pazienti. Forse la tanto vituperata medicina di base dovrebbe ripartire proprio da questi principi basilari: umanità, disponibilità, competenza.

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