Le “Lingue matrigne” e quelle dei figli. Intervista a Gabriele Di Luca

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Cultura. Per una volta, possiamo aprire con una buona notizia: la prima edizione di “Lingue matrigne”, il nuovo libro di Gabriele Di Luca edito da Edizioni Alphabeta Verlag, è esaurita ed è in fase di stampa la seconda. La buona notizia non deriva dal successo editoriale di un amico, ma dalla diffusione di un testo che non conferma luoghi comuni, non cerca il consenso dei propri lettori e lettrici o della propria “bolla”.  “Lingue matrigne” preferisce, infatti, confrontare la realtà altoatesina degli ultimi decenni con uno dei suoi miti fondanti: il bilinguismo. Un mito “certificato” persino dall’intelligenza artificiale e “rivenduto” entusiasticamente da chi promuove l’offerta turistica locale. “Il fattore bilingue – si legge(va) – è uno dei segni dell’identità dell’Alto Adige: una terra in cui un italiano si sente a casa…”*.

Di questo aspetto, però, si sono già occupate diverse testate e diverse interviste. Qui abbiamo preferito ampliare il raggio d’azione e provare a comprendere quanto l’Alto Adige possa essere un caso di studio particolarmente interessante riguardo a tutti i “segni identitari” che condizionano fortemente gli sviluppi democratici di mezzo mondo.
In particolare, abbiamo provato a spostare l’attenzione dalle lingue madri o matrigne a quelle dei figli.
Un tema che Gabriele Di Luca ha approfondito concretamente nel suo libro, occupandosi della lingua, anzi delle lingue, parlate dai suoi figli, nati da un italiano e da una tedesca (germanica, come si precisa da queste parti). Giovani che faticano a essere collocati nella “proporzionale” società altoatesina fondata com’è su lingue spacciate come “madri” che si possono rivelare matrigne (e nemmeno di quelle simpatiche).
In sintesi, questa intervista prova a oltrepassare “miti” e confini dell’Alto Adige/Südtirol per per concentrarsi su un luogo in cui tutti (altoatesini e sudtirolesi compresi) passeremo il resto della nostra vita: il futuro.

Chiudiamo con la citazione di Jacques Derrida che apre il libro di Gabriele Di Luca: “E’ questa la mia cultura, che mi ha insegnato i disastri a cui un’invocazione incantatoria della lingua materna conduce gli uomini”.

Massimiliano Boschi

L’intervista è stata realizzata nella sala di lettura della Fondazione Langer Stiftung che ringraziamo per la gentilissima ospitalità.

Al termine dell’intervista, Gabriele Di Luca ha voluto ricordare un aspetto che, a suo avviso, conferma la quasi assoluta indifferenza o alienazione dei due mondi culturali, italiano e tedesco: “A fronte di un discreto successo di vendite (esaurita la prima edizione ecc.) c’è stata una totale assenza di reazioni da parte del mondo mediatico tedesco (nessuna intervista, nessuna recensione, nulla di nulla)”.

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