Italia-Austria, il derby (tra sport e politica) secondo Sven Knoll: «Non lo guarderò, ma tifo per le squadre più piccole»

I campionati europei di calcio stanno per entrare nella loro fase più calda, quella che condurrà poi alla finale di Wembley, il prossimo 11 luglio. Per quanto riguarda la nazionale italiana, il primo avversario da battere negli Ottavi sarà l’Austria, e il confronto suscita ovviamente tutta una serie di associazioni che travalicano il semplice fatto sportivo. Basta sfogliare un libro come quello scritto dal giornalista e storico sudtirolese Claus Gatterer (“Italiani maledetti, maledetti austriaci”, che traduce il titolo tedesco “Erbfeindschaft Italien-Österreich”) per ripercorrere alcune tappe di una “inimicizia ereditaria” particolarmente (e inevitabilmente) vissuta al confine tra i due Stati. Ci è venuta così la curiosità di ascoltare l’opinione di un politico che – sulle orme di Eva Klotz e sulle ceneri (speriamo non troppo calde) di tale prospettiva storica – ha costruito la sua carriera spendendosi per la causa della “libertà” sudtirolese: Sven Knoll.

Sven Knoll, lei si interessa di calcio? Guarderà la partita Italia-Austria?

Sinceramente il calcio è uno sport che non seguo e finora non ho guardato neppure un incontro del campionato d’Europa. A meno di imprevisti, tendo quindi a pensare che mi perderò anche questa partita.

Non si interessa di calcio e di nessun altro sport?

Beh, no. Lo sport mi interessa, ma solo se sono io a praticarlo. Infatti mi piace sciare, andare in montagna, nuotare…Diciamo che non sono uno che si siede volentieri davanti al televisore per guardare uno sport di squadra.

Anche se lei non segue il calcio, però, non negherà che il tema fornisce parecchio materiale sul quale riflettere, almeno in chiave sociale. 

Questo non lo nego.

Ci tolga allora una curiosità. Perché i sudtirolesi, che si autodefiniscono volentieri “una minoranza austriaca che vive in Italia”, quando tifano una squadra nazionale che non sia quella italiana si rivolgono piuttosto alla Germania? Non è una specie di tradimento delle proprie origini nazionali? O, se proprio non vogliamo parlare di tradimento, non si tratta di opportunismo?

No, non la vedo così. In questo senso tenderei a non sovrapporre il piano politico a quello sportivo. I sudtirolesi tifano Germania perché, molto semplicemente, la Germania è più forte dell’Austria. Poi, se vogliamo, il legame con la nazionale tedesca è nato e si è irrobustito nel tempo grazie ai turisti germanici che visitano le nostre città e le nostre montagne. Del resto è anche innegabile che la Bundesliga eserciti una maggiore attrattiva rispetto al campionato di calcio austriaco, visto che è più ricca di talenti ed esprime un più alto livello di competitività. La Germania poi, come l’Italia, è una nazione eminentemente calcistica, mentre in Austria sono più popolari altri sport. La politica, in questo caso, non mi pare così rilevante.

In altre nazioni senza stato, però, lo sport in generale e il calcio in particolare assumono spesso una funzione anche politica. Pensiamo alla Catalogna. In quel caso lei come giudica questo legame?

È vero, purtroppo accade.

 

Sven Knoll

Il consigliere provinciale Sven Knoll è segretario e capogruppo della Süd-Tiroler Freiheit.

 

Dicendo “purtroppo” sta dicendo forse che giudica il legame in modo negativo?

Esatto. Quando accadono fatti di questo tipo vuol dire che il processo di costruzione o di consolidamento di una determinata identità politica avviene attraverso un “elemento sostitutivo”, e comunque – visto che citava l’esempio della Catalogna – occorre anche differenziare.

Cioè?

Ho molti conoscenti catalani che riescono a vivere questa faccenda in modo pragmatico. Fanno il tifo per la Catalogna, ma non escludono di tifare anche la Spagna, se nella nazionale iberica sono presenti giocatori del Barcellona o di nazionalità catalana.

Dunque lei tenderebbe ad escludere che dietro il paravento del tifo per una nazionale di calcio faccia sempre un po’ capolino il volto minaccioso del nazionalismo e dello sciovinismo?

Il rischio c’è, ovviamente, ma personalmente mi auguro che non accada, e non ho simpatia per quei politici che sfruttano lo sport a fini politici.

Eppure ricordiamo che in passato, qui in Sudtirolo, si sono avute parecchie polemiche riguardanti alcuni sportivi di lingua tedesca che, per così dire, si sono macchiati del “crimine” di sventolare la bandiera italiana… 

Attenzione. Un conto è quando uno sportivo esprime un personale attaccamento per la divisa nazionale e, sempre in modo individuale, non ha problemi a dichiararsi fiero di appartenere all’Italia. Un altro discorso è quando, come è accaduto, ad altri sportivi sia stato esplicitamente richiesto di dimostrare, quasi sottolineare questo attaccamento, venendo per esempio interrogati sulla loro conoscenza dell’inno. Ecco, questo lo trovo intollerabile. In tal senso una buona soluzione sarebbe quella di potersi autodeterminare. Se in alcune competizioni internazionali esistesse per esempio la possibilità di concorrere con i colori del Südtirol, come nel calcio accade nel caso di Scozia e Galles, non avremmo più problemi di appartenenza.

A proposito di autodeterminazione e appartenenza: la “nazionale sudirolese” (nel senso di Giunta provinciale) come si è comportata nella “competizione” contro la Pandemia? Il relativo autogoverno che possediamo, secondo lei, ha dato dimostrazione di cavarsela meglio o peggio del governo nazionale?

Beh, credo che possiamo davvero parlare di “relativo” autogoverno, visto che la stragrande maggioranza delle decisioni non sono state prese a livello locale. Poi, certo, quando abbiamo avuto la responsabilità di fare determinate scelte abbiamo anche compiuto innegabili sbagli (penso per esempio alla storia delle mascherine, nella fase iniziale della Pandemia). Quello che comunque posso dire è questo: una governance di tipo nazionale viene sempre messa in crisi in occasioni come queste, soprattutto nelle zone di confine, perché è davvero assurdo avere delle regole che valgono o non valgono a seconda di dov’è posta la linea della frontiera. Se avessimo avuto davvero più autonomia di gestirci in chiave trans-frontaliera le cose, per molti cittadini, sarebbero andate sicuramente meglio.

Torniamo alla partita che si disputerà fra poche ore. Nonostante la sua indifferenza per il calcio, davvero non se la sente di augurare la vittoria all’Austria?

Guardi, io in genere auspico che vincano le squadre più piccole. Anche se il calcio non lo seguo, mi pare di aver capito che tra Italia e Austria la favorita sia l’Italia, quindi vincesse l’Austria sarei senz’altro più contento. Però non sarò neppure particolarmente triste se avviene il contrario.

Gabriele Di Luca

di Gabriele Di Luca

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