Il mercatino di Natale di Bolzano tra passato e futuro

Tutto ebbe inizio nel lontano 1991, quando a Bolzano si allestì il primo, “autentico” Christkindlmarkt. Autentico fino ad un certo punto, in realtà, poiché il modello imitato era indubbiamente quello dei tradizionali mercatini di Natale bavaresi. Il successo delle 70 casette di Piazza Walther fu subito grande, l’affluenza di visitatori soprattutto italiani ragguardevole. L’assalto del traffico alle vie cittadine e le code di auto sull’A22 tra Bolzano e Verona erano impressionanti ma, tutto sommato, accettate dalla popolazione e dagli ospiti. A Natale, si sa, tutti propendono naturalmente alla bontà e alla pazienza. E poi, Bolzano era ancora una città ai margini del movimento turistico, non era Merano, la Val Gardena o la Val Pusteria di ferragosto, per intenderci. Gli spazi vitali dei residenti non si trovavano costantemente in stato d’assedio e il cittadino inconsapevole era libero di scorrazzare per le vie del centro, a fermarsi in un bar, a entrare in un ristorante. Gli alberghi erano pochini (e lo sono tuttora, anche se sono aumentate in modo vertiginoso le sistemazioni “secondarie” quali stanze, appartamenti eccetera). A Bolzano si veniva soltanto quando in montagna pioveva. Era una regola, conosciuta dai residenti e seguita dai turisti. Due ore sotto i Portici, un salto in Piazza Walther e via. Non sapevano cosa fare, a Bolzano, i turisti: anche perché il buon Ötzi non era ancora stato rinvenuto…

Poi, un mercatino dopo l’altro, le cose cambiano. A poco a poco, Bolzano, vecchia città mercantile, fiuta la vena d’oro, un po’ come gli avventurosi cercatori californiani del XIX secolo. Le città crescono o cambiano così, trainate da un fattore economico predominante. Se da un lato lo spazio inizia ad ampliarsi, dall’altro, quello dei residenti, inesorabilmente si restringe. È la legge della coperta troppo corta. Si inizia a pensare la città (il suo centro medievale), gli spazi urbani, le “Sehenswürdigkeiten” in funzione di chi viene a visitarla. A misura di chi desira “evadere” dalla propria quotidianità per tuffarsi, anche solo per un weekend, in quella altrui. L’erba del vicino è sempre più verde. Con rare eccezioni (i buoni Viaggiatori – con la V maiuscola – di un tempo esistono anche oggi), il moderno turismo mordi-e-fuggi (tipo l’assalto sconsiderato al lago di Braies) è questo: un concentrato di sensazioni, attese, illusioni. Un po’ come la vita reale.

Oggi, per lo stesso motivo, si è costretti a prendere altri, discussi provvedimenti quali, per esempio, le modifiche alla ZTL. In un’intervista, l’assessore competente ha affermato che Bolzano non può più permettersi furgoni in centro e biciclette sotto i Portici perché, esagerando un po’, per dieci mesi all’anno (e non più per due come prima) “appartiene” ai turisti. La città come palcoscenico. Un cambiamento epocale. Una mutazione genetica che, prima o poi, è destinata a “saltare” dalle mura della città alla carne dei cittadini. Un po’ come i virus che trasmigrando dagli animali all’essere umano. Il cittadino perde l’interesse per quella che considerava la “vita reale”. Gli viene, per così dire, affidata una parte nella Grande Recita. Qualcuno avrà un ruolo da protagonista, molti parti da comparse. Da città a Cinecittà. Non è poi una novità, questa: da tempo le cosiddette città d’arte e non solo inscenano uno spettacolo ad uso e consumo dei visitatori e in alcuni casi estremi si sta pensando di richiedere – giustamente, a questo punto – il pagamento di un biglietto d’ingresso. Venezia docet.

È tutto inevitabile, imprevedibile, “fatale”? Forse no. Certo, molti provvedimenti arrivano quando i famosi buoi sono già scappati dalla stalla, come il discusso Bettenstop (legge provinciale sulla limitazione dei posti letto nel turismo, ndr). Ad ogni modo, nel 2017, l’EURAC Research in collaborazione con l’HGV (albergatori) e l’IDM ha effettuato uno studio sulle prospettive turistiche dell’Alto Adige fino al 2030. Ricordiamo, per inciso, che questa piccola, angusta regione alpina “vanta” l’arrivo di quasi otto milioni di turisti (con oltre 33 milioni di pernottamenti) l’anno. Occupazione, ambiente, viabilità sono solo alcuni dei “campi minati” connessi ai flussi turistici, che partecipano per l’11% al PIL locale.

Nell’introduzione allo studio, dedicata alle sfide del turismo, si legge questa frase: “L’Alto Adige vanta paesaggi stupendi e interessanti specificità culturali, che appagano le aspirazioni di molte persone. Spetta agli abitanti dell’Alto Adige, ma anche ai turisti che visitano la regione, preservare gli elementi aspirazionali che la contraddistinguono.” Insomma, in parole povere, data la scenografia imponente e accattivante, il futuro, dal punto di vista del comparto turistico, è chiaramente delineato. Da una parte il “cittadino residente”, che avrà il compito di trasformare la sua terra in un luogo “aspirazionale” (ossia desiderabile), dall’altro il visitatore, che potrà godersi lo spettacolo con la sola limitazione di lasciare i luoghi come li ha trovati. La Wilderness alpina è servita.

Reinhard Christanell

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