Vino, vite e innovazione: Laimburg presenta le nuove ricerche scientifiche

Vino, vite e ricerca scientifica sono stati i tre grandi protagonisti della “Giornata del Vino e della Vite”, l’evento annuale organizzato dal Centro di Sperimentazione Laimburg per il trasferimento tecnologico in ambito vitivinicolo. “Prima dell’inizio della vendemmia, cogliamo ogni anno questo particolare momento per presentare a viticoltori, consulenti e tecnici altoatesini i risultati selezionati del nostro ampio programma di attività in viticoltura ed enologia. La ricerca pratica e lo sviluppo sono e rimangono il nostro fulcro”, spiega Barbara Raifer, responsabile del settore Viticoltura del Centro Laimburg. Molto vario il programma dell’evento che spaziava da esperienze con nuovi materiali per i contenitori, sino alle nuove scoperte sulle varietà di uva resistenti alle malattie fungine ed i risultati delle prove con additivi per la stabilizzazione dei sali tartrati nei vini bianchi. Inoltre, sono state spiegate le alternative non-chimiche per la protezione delle piante ed è seguita un’analisi microbiologica sul raffreddamento dell’uva. Infine, gli esperti del Centro Laimburg hanno presentato i risultati del progetto FESR “PinotBlanc”, approfondendo l’influenza dell’altitudine e della macerazione a freddo sulla qualità del vino.

Serbatoio o anfora?

Fra i vari studi presentati, uno dei più interessanti è sicuramente quello a cui ha lavorato il Prof. Robert Steidl della Höhere Bundeslehranstalt und Bundesamt für Wein- und Obstbau di Klostenburg in Austria. L’obiettivo della ricerca in questione era determinare l’impatto dei diversi mezzi di stoccaggio sulle proprietà aromatiche del vino, in particolare, lo studio è stato condotto sulla principale varietà austriaca, la Grüner Veltliner. “Le prove di conservazione a Klosterneuburg sono state effettuate per diversi anni con serbatoio in acciaio, botte di legno da 500 l, barrique, sfera di ceramica (clayver), uovo di cemento, anfora e pietra”, spiega Steidl. Le differenze che sono state rilevate sono poche a livello scientifico. Tuttavia, i favoriti dal punto di vista sensoriale sono stati i vini che sono maturati in botte di legno, nel cemento e nella pietra, anche se la preferenza si è rivelata essere solo parziale.

Vitigni resistenti alle malattie fungine

Già a partire dal lontano 1987, il Centro di Sperimentazione Laimburg ha iniziato a testare le varietà di vite con maggiore resistenza alle malattie fungine, conosciute come PIWI (dal tedesco pilzwiderstandsfähig, ovvero “resistente alle malattie fungine”). “Dal 2006 quest’attività è aumentata notevolmente, grazie alla costruzione dell’impianto sperimentale a Piglon. Durante questo lasso di tempo sono circa 40 le varietà testate per verificarne l’idoneità alla coltivazione”, spiega Josef Terleth, del settore di Viticoltura. I vini PIWI vengono lavorati nella cantina sperimentale del Centro Laimburg per essere poi degustati dal panel di degustazione del Centro. Dal punto di vista enologico, i vini mostrano qualità limitate nel senso e nel gusto, soprattutto relativamente alla quantità e alla durezza dei tannini. Alcuni vini di vitigni bianchi PIWI, invece, sono caratterizzati da una certa qualità e complessità e sono stati quindi giudicati vini interessanti.

Per quanto riguarda la viticoltura, i risultati hanno mostrato che se si aumenta la pressione dell’infestazione, la resistenza contro l’oidio e la peronospora spesso non è sufficiente, nonostante l’uso dei metodi di miglioramento genetico più moderni, come ad esempio la selezione assistita da marcatori. I risultati sembrano indicare che un uso ridotto dei prodotti fitosanitari è comunque consigliabile per mantenere la resistenza. Inoltre, è stata rilevata la ricomparsa di malattie come peronospora rossa e marciume nero. “Sono ancora diversi gli aspetti da chiarire, come ad esempio il modo in cui la varietà risponderà alle condizioni climatiche dell’Alto Adige. A questo scopo serve la prova varietale a Piglon”, sottolinea Alex Tavernar, membro del settore Enologia.

Alternative naturali per la difesa delle piante

Negli ultimi anni il settore di “Difesa delle Piante” del Centro di Sperimentazione Laimburg ha condotto diversi test, sia in vaso che in campo, mettendo alla prova l’intera gamma di prodotti non-chimici contro i vari parassiti. I risultati hanno mostrato che non tutti i prodotti hanno l’efficacia desiderata o attesa. Infatti, alcuni tra questi possono essere integrati molto bene in una strategia di protezione delle colture, ma altri non raggiungono un grado di efficacia soddisfacente. Sono diversi i fattori da considerare, in quanto questi prodotti risultano più o meno efficaci a seconda della pressione dell’infestazione e delle condizioni meteorologiche: il loro utilizzo deve essere quindi supportato da una profonda conoscenza da parte dell’agricoltore. Uno degli aspetti su cui si concentrerà la ricerca in futuro è l’utilizzo degli estratti vegetali con effetto fungicida: il team approfondirà in che misura questi estratti possono essere efficaci contro la peronospora in campo, per verificare se siano adatti o meno come elemento costitutivo di una futura strategia di protezione delle piante.

Additivi contro il “fondo” nel vino bianco

Il settore “Enologia” del Centro di Sperimentazione Laimburg si occupa di ricerca applicata al fine di favorire il settore economico del vino in Alto Adige. Uno degli studi più importanti è quello che riguarda l’insolubilità del bitartrato di potassio nel vino che è il responsabile del cosiddetto “fondo” del vino.  “Per evitare la svalutazione del vino da parte del consumatore, è importante prevenire queste precipitazioni”, spiega Danila Chiotti, del gruppo di lavoro Tecnologia e Trasferimento Conoscenze. La sperimentazione è stata condotta su Sauvignon annata 2019, messo a disposizione dalla Cantina Laimburg. Ai fini della stabilità tartarica il team si è concentrato sull’impiego di due additivi in particolate, quali carbossimetilcellulosa (CMC) e poliaspartato di potassio (KPA). I vini sono stati poi analizzati chimicamente e sensorialmente riscontrando buoni risultati: l’utilizzo degli additivi oggetto di studio, infatti, non va ad impattare organoletticamente il vino trattato e permette di raggiungere la stabilità tartarica.

Il raffreddamento dell’uva

Quando si parla di “raffreddamento dell’uva”, si intende la conservazione della stessa in luogo fresco. A tal proposito, i ricercatori del Centro di Sperimentazione Laimburg hanno condotto dei test per studiare come effettuare al meglio questo tipo di stoccaggio. “In una prova preliminare abbiamo esaminato la conta totale di lieviti e batteri su uve delle varietà Ruländer e Merlot a due diverse temperature di stoccaggio (4°C e 20°C)”, spiega Andreas Putti, responsabile del laboratorio di microbiologia alimentare. Il rischio è che la microflora naturale sull’uva inizi subito a moltiplicarsi, specialmente nel caso di materiale d’uva non sano e quando c’è già una perdita di succo dall’uva parzialmente schiacciata negli strati inferiori delle vaschette.

Nel peggiore dei casi si rischia una metabolizzazione dei componenti. Un alto numero iniziale di lieviti o batteri indesiderati potrebbe interrompere i processi di fermentazione o portare direttamente alla formazione di off-flavour. La ricerca preliminare ha evidenziato che la conta batterica totale è più alta dopo 72 ore quando l’uva è conservata a 20°C rispetto a quando la conservazione avviene a 4°C. Al momento questi risultati non sono da tradurre in consigli pratici, poiché il progetto è ancora in corso.

Il progetto FESR PinotBlanc

Il progetto PinotBlanc, finanziato tramite il FESR – Fondo europeo per lo sviluppo regionale, è giunto al termine. Lo studio era volto ad indagare gli effetti dell’altitudine e della macerazione a freddo sulla qualità del vino. Per comprendere questa relazione, le uve provenienti da vigneti ad altitudini differenti sono state divise: una parte è stata immediatamente vinificata mentre l’altra è stata sottoposta ad un periodo di macerazione di 24 ore. Ripetuto questo procedimento per 3 volte, i vini sono stati degustati e analizzati. “Se da un lato è chiara la differenza tra i diversi vigneti, non possiamo dire altrettanto per le differenti altitudini. Rimane chiara l’importanza del microclima associato alla quota, ma manca un gradiente definito”, spiega Ulrich Pedri, responsabile del settore Enologia presso il Centro di Sperimentazione Laimburg. Lo stesso vale per la macerazione a freddo, dove gli effetti sono differenti a seconda dei vigneti di provenienza dell’uva.

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