Gas xeno, la scorciatoia per l’altitudine in montagna è pericolosa: l’allarme dei ricercatori

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Bolzano. Montagna, il “tutto e subito” può rivelarsi molto rischioso: è questo il monito lanciato dalla commissione medica dell’Associazione internazionale dell’alpinismo (UIAA), che in un documento programmatico ha messo in guardia dall’utilizzo del gas xeno per le spedizioni ad alta quota. Lo xeno – un gas nobile utilizzato in anestesia – è stato infatti promosso in maniera crescente negli ultimi anni come “scorciatoia per acclimatarsi all’altitudine”.

In particolare, una recente spedizione di quattro alpinisti britannici che hanno conquistato il monte Everest in soli sette giorni – dalla partenza a Londra al ritorno a casa – ha infatti attirato particolare attenzione. L’inalazione di gas xeno avrebbe svolto un ruolo fondamentale nella loro preparazione, oltre all’allenamento all’ipossia in ambienti simulati ad alta quota, dove il corpo si può acclimatare inalando aria povera di ossigeno. La spedizione è stata organizzata da un tour operator austriaco, che commercializza questo metodo come un’alternativa per risparmiare tempo rispetto alla procedura di acclimatazione tradizionale, che richiede dalle sette alle otto settimane.

I ricercatori mettono però espressamente in guardia dall’uso di questo metodo al di fuori di studi clinici svolti sotto controllo medico. Si ricorda che le raccomandazioni pubblicate dalla Commissione medica dell’UIAA hanno visto  il contributo di esperti internazionali nei settori della medicina d’alta quota, dell’anestesiologia, della medicina d’emergenza e della fisiologia dello sport. Del gruppo ha fatto parte anche un  team di Eurac Research di Bolzano “Lo xeno può aumentare temporaneamente il rilascio dell’ormone eritropoietina – noto anche come EPO – che stimola la formazione di globuli rossi e può migliorare l’apporto di ossigeno”, spiega Hannes Gatterer, fisiologo di Eurac Research uno degli autori della pubblicazione. “Ma questo effetto non è duraturo né sufficientemente studiato. Inoltre, i rischi come depressione respiratoria, carenza di ossigeno o danni neurologici sono gravi”.(qui abbiamo parlato degli effetti dell’altitudine in montagna e del fenomeno del “terzo uomo”).

Anche il principio dell’acclimatazione non può essere sostituito dallo xeno, afferma Gatterer: “L’adattamento fisiologico alle alte quote è un processo complesso che interessa altri sistemi di organi oltre al sangue, tra cui polmoni, cervello, cuore e reni. Accelerare artificialmente l’adattamento di un singolo sistema non è quindi opportuno”.

La dichiarazione avverte anche delle conseguenze indirette di queste “procedure rapide”: chi si imbarca in spedizioni non adeguatamente acclimatate non solo aumenta il proprio rischio, ma può anche mettere a repentaglio la sicurezza dell’intera squadra.

Immagine in apertura: Foto di Jackman Chiu su Unsplash

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