Da Vermeer a Caravaggio, i mille quadri di Enzo Poggio

“Ho quadri dappertutto: sopra l’armadio sotto l’armadio sotto il letto, in cantina…”- Enzo Poggio sorride mentre ce lo racconta. Dipingere o, meglio, riprodurre i capolavori degli antichi maestri è la sua passione, da oltre 50 anni. Nato a Salorno, ha vissuto a Savona e diversi anni a Parigi, per poi tornare in Alto Adige stabilmente. È un vulcano di energia Enzo Poggio, a dispetto dei suoi 86 anni.

Da Albrecht Dürer a Rubens, da Caravaggio a Murillo, di ogni artista che riproduce Poggio studia con attenzione maniacale la tecnica, ma anche la vita e le condizioni in cui ogni singolo quadro, quasi ogni singola pennellata, sono nati. “Ad oggi sono 999 i quadri che ho dipinto, li ho catalogati tutti”, ci dice. Lo incontriamo al Cafè Walther’s di Bolzano, che espone le sue riproduzioni di celebri capolavori, come Ritratto di uomo col turbante rosso di van Eyck  o il Bacco adolescente di Caravaggio.

Copia da van Eyck (dettaglio) di Enzo Poggio

Per riprodurre le opere dei grandi maestri Poggio si reca spesso a Monaco, alla Alte Pinakothek: “grazie alle mostre itineranti e agli scambi tra musei riesco a copiare le opere conservate a Washington e al Prado che arrivano in prestito a Monaco. Ho un accordo con il museo e posso arrivare un po’ prima dell’orario di apertura e rimanere dopo la chiusura, per lavorare con più calma”, spiega. Un po’ come fanno – o facevano- gli studenti delle accademie d’arte. Non sempre Poggio ha dovuto spingersi lontano per replicare gli originali di quadri. A volte è bastato rimanere in Alto Adige. Come quando, all’inizio degli anni duemila, i gestori della nota osteria Ca’ de Bezzi (Batzenhäusl) gli hanno chiesto di creare le riproduzioni delle opere presenti originariamente nella collezione d’arte della locanda.

I dipinti all’interno della locanda Ca’ de Bezzi a Bolzano. Foto Venti3

“Tra l’Otto e il Novecento da Batzen si incontravano intellettuali e artisti, che non avevano soldi per la pigione e pagavano donando i loro quadri”, racconta Poggio. Grazie a questo sistema di scambio si era formata una cospicua raccolta di opere d’arte di autori come Defregger e Anton Braith, poi in parte confluita nelle collezioni della provincia e conservata a Castel Presule, presso Fiè allo Sciliar. “Sono quasi trenta maestri con tecniche diverse, matita, olio, acquerello e carboncino … per copiarli andavo a studiare gli originali a Castel Presule anche d’inverno, c’era un freddo boia, un giorno mi ricordo, era dicembre e per parlare si formavano le nuvolette, la signora custode del castello è venuta col caffè e la grappetta!” racconta Poggio.

 “Donna con la collana di perle”, copia da Vermeer di Enzo Poggio (dettaglio)

In un momento in cui basta un attimo per riprodurre ciò che ci scorre davanti con la fotocamera del nostro smartphone, la tecnica utilizzata da Poggio non è solo un metodo, ma suona quasi come un esercizio spirituale. È fatta di lentezza, profondità e passaggi graduali. E, soprattutto, non comincia subito davanti al quadro. “Prima studio un pittore, la sua epoca e come ha vissuto, la sua mentalità e il perché l’ha fatto, che colori ha utilizzato…. mi ci vogliono almeno una decina di giorni per immergermi nel personaggio e amalgamare il tutto”, ci dice.

Copia della Madonna con Bambino di Albrecht Dürer. Foto courtesy Enzo Poggio

Poi si passa all’osservazione dal vivo, alle fotografie e agli schizzi – “per entrare nelle proporzioni e nella profondità della composizione” spiega Poggio, che nei dipinti porta la precisione del disegnatore tecnico per accessori di aerei, mestiere che ha esercitato a Parigi negli anni Sessanta. Per finire un quadro ci vogliono settimane e “siccome l’attenzione ha un limite, lavoro sempre su due opere contemporaneamente, ne lascio una e poi ci torno”, spiega. Come noto, anche il celebre pittore olandese Jan Vermeer – che è uno dei preferiti di Poggio- impiegava mesi a realizzare un quadro “dipingeva solo quando c’era il sole ed entrava la luce nel salone, dalla finestra… certi dettagli dei suoi dipinti sembrano tridimensionali, ad esempio nella Donna con la collana di perle si percepisce la sofficità della pelliccia d’ermellino. Vermeer è stato il precursore nell’utilizzo della sovrapposizione dei colori, la cosiddetta “lasur” creando così la reale atmosfera della luci in quel dato
momento”, racconta Poggio appassionato. E poi sbotta “voglio vedere certi fenomeni che fanno un quadro e lo buttano per terra e poi ci passano su col piede e dicono che è un’opera d’arte… quando sento queste cose divento nero”.

Ragazzo che spulcia il suo cane, copia da Gerard Ter Borch di Enzo Poggio (particolare)

Enzo Poggio è uno autodidatta scrupoloso, attento anche ai materiali: studia i supporti, recupera cornici storiche in Veneto, si fa spedire colori da Firenze “ho ordinato una bottiglietta di lapislazzuli che viene dall’Afghanistan, mi è costata un bel po’, ma è un blu eccezionale!”, sorride. Ma cosa lo spinge a riprodurre questo o quel quadro? Lo devo sentire qua – e indica il cuore. Se non lo sento, se non c’è un richiamo non lo faccio, anche se me lo chiedono. E poi è una sfida continua…” Non dipinge mai dei quadri suoi? “Si, in passato ho dipinto acquerelli e oli di paesaggi dell’Alto Adige e del Lago di Garda”, dice. Ma non si considera un artista “io sono una Niete (mezzatacca, ndr)  in confronto ai maestri, ma vede a me fa piacere imparare e immedesimarmi, ho la fortuna di avere questa inclinazione, passo ogni giorno due o tre ore a dipingere, non ci sono per nessuno e dimentico i problemi. E questo mi fa bene, mi rende felice”.

Caterina Longo

Immagine in apertura: Enzo Poggio nella sala in cui sono esposti i suoi dipinti al Walther’s. Foto Venti3

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