Coinvolgimento attivo dei lavoratori: l’Alto Adige fa scuola in Italia

L’Alto Adige è in linea con gli altri paesi UE, per quanto riguarda il coinvolgimento dei lavoratori. E questo ciò che emerge dall’ultima indagine sulle condizioni del lavoro promossa dalla AFI-IPL (Istituto Promozione Lavoratori). Il 29% dei lavoratori e delle lavoratrici altoatesini è assunto in aziende ad alto tasso di coinvolgimento analogamente ai paesi germanofoni dello spazio Schengen, i quali si attestano intorno al 28-31%. “Ciò significa che i dipendenti possono svolgere in gran parte le proprie mansioni in autonomia e che vengono coinvolti nella vita dell’azienda”, spiega il Direttore di IPL Stefan Perini.

Si riscontra poi una netta differenza con il resto d’Italia, dove il dato scende al 21%. Meno positivo però è il fatto che più di un intervistato su tre in Alto Adige dichiara di lavorare per aziende che non danno spazio ai propri dipendenti. Nonostante i dati incoraggianti, il coinvolgimento aziendale non tocca tutti i lavoratori allo stesso modo: il tasso di coinvolgimento in azienda cresce ampiamente all’aumentare del grado di istruzione dell’intervistato, tanto che lo scarto fra i laureati e i diplomati può arrivare anche al 43% nel caso peggiore. Non si registra invece nessuna sostanziale differenza in base al genere del lavoratore, infatti, donne e uomini sono ugualmente impiegati per il 29% in aziende ad alto tasso di coinvolgimento.

L’importanza di questa analisi statistica locale risiede nel collegamento fra il coinvolgimento del lavoratore e il miglioramento della qualità del servizio erogato dallo stesso all’azienda. “È emerso chiaramente un nesso tra il clima aziendale e la misura di coinvolgimento dei dipendenti: avrà successo chi sa coinvolgere e tenere in considerazione il proprio personale. Un buon clima aziendale non solo accresce il benessere psichico dei dipendenti, ma si ripercuote anche visibilmente sul risultato di gestione” spiega lo psicologo del lavoro e ricercatore IPL Tobias Hölbling.

A conferma di ciò vi è uno scarto dello 0,4 (su una scala da 1 a 5) fra l’indice di soddisfazione del personale impiegato in aziende inclusive (4,1) e quello impiegato in organizzazioni a basso tasso di coinvolgimento (3,7). Anche se può sembrare poco, questa differenza ha rilevanza statistica e si traduce in effetti concreti sulla qualità del lavoro. Inoltre, i dipendenti più coinvolti sono disposti a lavorare più a lungo, come confermato dal 69% degli impiegati in aziende poco coinvolgenti che non sarebbero disposti a lavorare oltre i sessant’anni. Questo aspetto risulta tanto più importante dal momento che all’aumentare dell’età dei dipendenti la produttività cala e i costi per l’azienda crescono. “Chi vuole coinvolgere i propri dipendenti dovrebbe innanzitutto concedere loro autonomia organizzativa: non bisogna solo eseguire e sbrigare montagne di lavoro; è importante anche pianificare e auto-organizzarsi. Questo mantiene alto lo spirito e la motivazione. Il coinvolgimento dei dipendenti permette di far emergere buone idee dal basso, di scoprire eventuali criticità e di far sentire i dipendenti legati all’azienda” conclude il Presidente IPL Dieter May.

Axel Baruscotti

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