"I musei superino la valenza identitaria". La lezione bolzanina di Christian Greco

In occasione dell’inaugurazione della mostra “Antichi egizi maestri dell’arte” che resterà aperta al Centro Trevi fino al prossimo 10 dicembre, il direttore del museo egizio di Torino, Christian Greco, è giunto a Bolzano proprio mentre si trovava al centro di polemiche che lo hanno fatto tornare, suo malgrado, sulle prime pagine della stampa nazionale. Fortunatamente, sia Greco che i partecipanti all’incontro non si sono fatti distrarre dal putiferio mediatico e l’intervento si è concentrato su questioni decisamente più interessanti. Antonio Lampis, direttore della Ripartizione Cultura Italiana della Provincia gli ha rivolto solo un paio di domande lasciando campo libero a Greco, apparso in ottima forma.
Alla prima domanda, “come si diventa Christian Greco?”, il direttore del Museo Egizio di Torino ha ricordato il proprio passato attraverso una serie di aneddoti incentrati, soprattutto, sugli anni della sua permanenza all’università olandese di Leida e sul suo rapido apprendimento della lingua olandese. Lingua ostica e difficile come dimostra qualche suo collega che non è mai riuscito a completare il percorso inverso nonostante i lunghi anni di permanenza in Italia.

Greco è poi passato al tema su cui gli era stato chiesto di concentrare il suo intervento: “il museo del futuro”.
Dopo aver sottolineato l’importanza e le potenzialità dei processi di digitalizzazione in corso nella gran parte dei musei mondiali, il direttore del Museo Egizio di Torino ha allargato gli orizzonti sottolineando l’importanza di formare gli studenti in maniera completamente diversa perché, grazie a nuovi strumenti tecnologici, “gli esami universitari mnemonici non hanno più senso”.
Tornando ai musei, ha sottolineato la necessità di renderli trasparenti e “sinceri” in grado quindi di poter rispondere anche “non lo so” quando non si hanno certezze per cercare un nuovo rapporto tra l’istituzione museale e il suo pubblico: “Rispetto ai musei archeologici, per esempio, occorre, fornire maggiori informazioni su coloro che hanno scoperto i reperti, sulle loro selezioni e, soprattutto sul contesto”.

In sintesi, le nuove tecnologie dovrebbero permettere di contestualizzare il reperto nel paesaggio in cui si trovava, un approccio utile anche ai musei d’arte perché, ad esempio, una pala d’altare ospitata in un museo fa perdere all’oggetto la sua funzione originale, quella di essere un oggetto di culto. “Nei musei – sottolinea Greco – isoliamo e incapsuliamo finendo per non trasmettere una serie di informazioni fondamentali riguardo all’oggetto o all’opera esposta. Allo stesso modo, le nuove tecnologie dovrebbero permettere di fornire informazioni dettagliate e precise a tutti i pubblici che visitano i musei, dalle scuole agli esperti passando per gli appassionati. Al momento invece, le didascalie ci costringono a concentrare in ottanta parole la descrizione di un’opera con un linguaggio che sia accettabile per gli esperti come per gli alunni delle scuole”.

“Antichi Egizi: maestri dell’arte”. Centro Trevi, Bolzano. Foto Fiorentino

Ovviamente l’oggetto fisico non perderà la sua importanza, ma non si può dimenticare che, ormai, la maggior parte di grandi musei ha più visitatori “virtuali” che “reali” e questo è ovviamente anche uno straordinario strumento per la diffusione della conoscenza anche per chi non può, per motivi economici o geografici, osservare da vicino gli oggetti fisici.
“I musei – ha concluso Greco – devono perdere la loro valenza identitaria e aprirsi al dialogo universale e le nuove tecnologie sono in grado di realizzare quanto scritto nel comma 2 dell’articolo 3 della Costituzione Italiana; “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Rendere il patrimonio artistico e archeologico a disposizione di tutti grazie alla digitalizzazione permette di ridurre enormemente le differenze sociali, soprattutto quelle tra nord e sud dando a tutti un accesso alla cultura libero e gratuiti. Se indirizziamo nella maniera giusta i processi tecnologici potremo finalmente avere musei universali e democratici”.

Come scritto in apertura, Greco non è voluto intervenire per rispondere alle polemiche decisamente pretestuose scatenate da politici in cerca di visibilità, ma in un’intervista a Repubblica ha ricordato, con grande garbo, che durante i suoi anni “olandesi” : “Non ho visto un politico in 17 anni di permanenza”.  Ecco, anche questa è una lezione che occorrerebbe tenere a mente anche in Alto Adige. Per esempio, in occasione della visita di Greco a Bolzano non se ne sono visti. E’ un buon inizio.

MB

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