Andare a vivere in montagna? Una questione di classe. Intervista ad Andrea Membretti autore di "Diventare montanari"
“In questo libro affronteremo insieme qualcosa di molto grande: il ritorno delle classi sociali (ma se n’erano mai andate?). E non tanto nelle metropoli, o nei rapporti sempre più iniqui tra Nord e Sud del mondo, ma proprio in montagna, a partire dalle Alpi”. Andrea Membretti docente di Sociologia del Territorio all’Università di Pavia e all’Università di Milano-Bicocca, presenta così il suo “Diventare montanari – Viaggio tra i nuovi abitanti delle terre alte” edito da People.
Un libro di incontri in cui l’autore descrive uomini e donne che hanno deciso di trasferirsi nelle “terre alte” in particolare in quelle alpine. Un volume che appare come il naturale proseguimento di “Migrazioni verticali – La montagna ci salverà?” che lo stesso Membretti aveva curato per Donzelli insieme a Filippo Barbera e Gianni Tartari.
Ma perché perdere tempo in interpretazioni personali di un libro quando si può chiedere direttamente all’autore?
Innanzitutto – premette Membretti – il volume è figlio di un decennio di attività di ricerche relative al fenomeno dei nuovi abitanti della montagna. Partendo da dati raccolti in vari progetti di ricerca compiuti individualmente o in gruppo, ho provato a sistematizzarli con approccio divulgativo. E’ un libro che intende raggiungere il pubblico più ampio possibile, ma nel realizzarlo ho preferito una lettura dei dati e dei fenomeni che si appoggiasse sulla distinzione di questi nuovi “montanari” in classi sociali.
Un approccio sintetizzato da un’emblematica illustrazione. Quella di Karl Marx “alpinista”…
Esatto, ho sentito la necessità di ricondurre le varie scelte individuali dei nuovi montanari ad aggregati sociali e a variabili socioeconomiche e culturali. La decisione di andare a vivere in montagna non è limitata solo a scelte individuali, ma nasconde sotto il tappeto spinte collettive che ho provato ad analizzare. Marx è un riferimento anche ironico e leggero scelto per portare l’attenzione su questo approccio. Ripeto, l’obiettivo del libro è quello di riportare le motivazioni individuali a dimensioni aggregate, sono un sociologo non uno psicologo.
Che tipo di stratificazione sociale è emersa?
Ho identificato tre classi sociali: chi sta in alto o in basso addirittura al di fuori dalle classi sociali e chi sta in mezzo. Ci sono i montanari della upper class alla ricerca di residenze di lusso, ci sono i montanari della middle class attratti da una nuova idea di vita, e quelli della under class che si adattano per necessità ai lavori più duri delle “terre alte”.
L’Alto Adige può rientrare in questo approccio?
Direi di sì. almeno per due aggregati su tre. I migranti sono una componente essenziale dell’economia altoatesina: nell’agricoltura, nel turismo, ma anche nei servizi agli anziani., Una presenza che innesta un corto circuito tra le necessità del territorio e il costo della vita e degli alloggi per chi arriva da fuori. Per quel che riguarda l’upper class, è evidente come l’Alto Adige stia puntando decisamente a un turismo di èlite anche in reazione all’overtourism. Si pensa che sia meglio avere meno turisti con più soldi e quindi si intravedono tendenze simili a quelle che ho rilevato a Crans Montana, in Svizzera.
E la “middle class”?
Merita un discorso diverso. L’Alto Adige non presenta un tessuto urbanistico e abitativo in grado di attirare chi fugge dalle città come in Piemonte, Lombardia o Valle d’Aosta. Il costo degli immobili e la variabile culturale etnolinguistica sono un freno evidente a quel tipo di migrazione. Risulta, però, molto interessante comprendere le dinamiche che, per esempio, spingono i giovani a emigrare fuori dall’Alto Adige.
Al di là della provenienza sociale di chi sceglie le “terre alte”, in “Diventare montanari” emerge una variabile fondamentale: quella culturale.
Sì, la variabile culturale è fondamentale, permette di accedere a spazi di vita, reti di conoscenza e di leggere le dinamiche sociali in maniera più precisa. Il capitale culturale permette una varietà di scelta che altri, anche con risorse economiche maggiori, non hanno a disposizione. Non solo, un alto livello culturale influenza notevolmente anche la capacità di ’autorappresentazione di chi sceglie la montagna. Per certi versi credo lo dimostri anche il putiferio scatenato dalla famiglia nel bosco….
Andrea Membretti insegna Sociologia del Territorio all’Università di Pavia e all’Università di Milano-Bicocca. Negli ultimi anni si è occupato di mobilità interna e internazionale da e verso la montagna, in relazione ai fenomeni del cambiamento climatico, e della crisi dei modelli urbani tradizionali.È tra i fondatori dell’associazione Riabitare l’Italia ed è attualmente coordinatore del progetto Vivere e Lavorare in Montagna – Scuola di Montagna con l’Università di Torino. Tra le sue ultime pubblicazioni: Migrazioni verticali. La montagna ci salverà? (con Barbera F. e Tartari G.), Donzelli 2024.

