L'Alto Adige ha un "pavimento appiccicoso"? Lo studio Eurac/Ipl sulla mobilità sociale

Soffitti appiccicosi: così è chiamata la condizione di chi “sta in alto” nella società e che, statisticamente, tende (ovviamente) a rimanerci. Una condizione di immobilità che in questo caso è un vantaggio, mentre molto meno lo è quella dei “pavimenti appiccicosi”, la condizione di chi invece, nella scala sociale, si trova in basso e ha difficoltà a salire. Difficoltà che, a quanto risulta, anche in Alto Adige non mancano. Ma quanto? Siamo il territorio dalle possibilità illimitate o la provincia ha già raggiunto il limite delle possibilità di crescita? Un corposo studio di Eurac Research e IPL | Istituto Promozione Lavoratori ha cercato di rispondere a queste domande intervistando nella primavera del 2022 circa 1.500 persone residenti in Alto Adige. Un campione rappresentativo della popolazione altoatesina, che ha incluso anche i migranti e ha toccato un’ampia fascia di età compresa tra i 25 e i 74 anni. Aspetto, questo relativo all’età, che ha permesso di trarre conclusioni su come e in che misura la situazione riguardo alla mobilità sociale sia cambiata nel tempo, attraverso le tre generazioni: Baby Boomers (nati tra il 1948 e il ’65), la Generazione X (1966-1979) e i Millenials (1980-1997).

Se dovessimo riassumere in poche parole i risultati dello studio diremmo “bene, ma non benissimo”. Infatti, se da un lato per molte delle persone intervistate la situazione è migliorata rispetto a quella dei genitori, sia in termini di istruzione che di occupazione o di sostentamento economico, dall’altro le possibilità individuali di raggiungere determinate posizioni sociali sono ancora distribuite in modo disomogeneo e sono condizionate dalle proprie origini. Tre i fattori che lo studio – tra i pochi di questo tipo a livello regionale- ha preso in esame per “misurare” la mobilità sociale: la situazione economica, il percorso educativo e l’occupazione.

Come sopra accennato, dalla ricerca emerge come la situazione economica percepita dai cittadini altoatesini sia migliorata negli ultimi decenni: il 42,7% degli intervistati ha dichiarato di riuscire a far quadrare i conti con il reddito famigliare oggi più facilmente di quanto non facesse la propria famiglia quando aveva 14 anni. Stesso trend per l’occupazione: complessivamente, il 32,1% degli intervistati è riuscito a migliorare la propria posizione professionale rispetto ai genitori, mentre il 19,0% ha visto un peggioramento. Finiti gli aspetti positivi, arriviamo ai “ma”. Nonostante l’aumento complessivo delle persone con titoli di studio elevati -diploma o laurea-rispetto alle generazioni precedenti, resta un fatto: la possibilità di raggiungere un livello di istruzione elevato è maggiore se almeno un genitore è laureato. Una tendenza, questa, che è un po’ meno pronunciata tra le generazioni più giovani, ma è comunque presente.

Stesso discorso vale per il lavoro: “la mobilità sociale relativa mostra che anche in Alto Adige le possibilità di finire in una certa classe occupazionale dipendono dalla professione dei genitori. I figli e le figlie di manager, ad esempio, hanno quasi sei volte la possibilità di diventare a loro volta manager rispetto ai figli e alle figlie di famiglie appartenenti ad altri contesti sociali” riporta il comunicato a commento dello studio. Abbiamo chiesto a Stefan Perini, direttore dell’Istituto per la Promozione dei Lavoratori di spiegarci da cosa dipende questa dinamica: “Abbiamo riscontrato che si tende a ereditare le professioni all’interno delle famiglie, vale per i manager, per gli avvocati, e anche tra i piccoli imprenditori. Ma vale anche per il mestiere di sarta o la commessa, se le esercitano le madri, tendenzialmente verranno ‘ereditate’ dalle figlie. E’ una questione legata agli orizzonti e al sistema valoriale delle famiglie, che tendono naturalmente a trasmetterlo ai figli. Lo stesso accade con le attività e le imprese di famiglia, come gli alberghi e ristoranti, che passano di generazione in generazione, in una continuità che non è sempre positiva”. Insomma, le famiglie di origine giocano ancora un ruolo importante nell’indirizzare il futuro dei figli, e talvolta diventano quelle zavorre che rendono il distacco dal “pavimento appiccicoso” difficile.

Stefan Perini, direttore IPL

Ma cosa si può fare? Lo studio presenta un pacchetto di ben 87 possibili misure, in cui Perini ci ha aiutato a districarci: “Innanzi tutto è importante accompagnare i ragazzi nei momenti cruciali delle decisioni riguardo agli studi e alla scelta professionale, guardare alle attitudini per indirizzarli bene alla scuola giusta, cercando di coinvolgere i genitori e invitandoli a motivare scelte magari differenti rispetto alle loro. Occorre rompere schemi e preconcetti insomma, che persistono soprattutto in chi si trova in basso nella scala sociale”, così Perini, e continua: “Anche l’educazione finanziaria è un punto fondamentale. Un altro aspetto importante è la politica urbanistica: i decisori politici devono impegnarsi affinché non nascano situazioni di “ghetto” nella politica abitativa e nell’edilizia sociale. Le esperienze fatte a Vienna o in altre città europee dimostrano come abbia aiutato distribuire persone con un contesto difficile alle spalle nella città e non concentrarle in un unico quartiere” conclude Perini.

Lo studio è stato coordinato da Felix Windegger (Ricercatore presso il Center for Advanced Studies, Eurac Research) e Silvia Vogliotti (ex Vice Direttrice dell’IPL).

Caterina Longo

Immagine in apertura: Foto Sasin Tipchai da Pixabay

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