È italiano, insegna il tedesco, ama il latino e siede in consiglio comunale. Lo sguardo sul mondo di Abdallah Chniouli

Quella che state per leggere è solo la prima di una serie di interviste stimolate da un dubbio. Quello che le politiche culturali, in Alto Adige come nel resto d’Europa, finiscano per allargare le disuguaglianze sociali invece di diminuirle e che troppo spesso si limitino a raggiungere quelli che ne hanno meno bisogno. Un dubbio che, per esempio, nasce anche dall’osservazione del pubblico che nei week end frequenta musei, teatri ed eventi culturali rispetto a chi affolla i centri commerciali. Sia chiaro, non è un problema quantitativo, non sono i numeri a preoccupare, ma la percezione, si spera errata, che il centro commerciale risulti non solo più attrattivo, ma anche più vario e aperto rispetto a quello della cultura che, al contrario, appare monopolizzato da una bolla “esclusiva”.Ma è davvero così?
Per comprenderlo, abbiamo intervistato una dozzina di giovani che, in varie forme, hanno intrapreso un percorso di emancipazione e crescita non solo attraverso percorsi culturali.

Per esempio, Abdallah Chniouli, ma si fa chiamare Ab, è una delle persone più aperte e sorridenti che si possano incontrare. Ha ventisei anni, è consigliere comunale a Bolzano e insegna tedesco seconda lingua in un liceo del capoluogo altoatesino. La sua non è una famiglia di insegnanti, anzi, come precisa dall’inizio “Sono cresciuto in una casa senza libri. I miei genitori non erano lettori e da bambino mi faceva effetto entrare nelle case piene di libri di alcuni miei amici. Potrei dire di aver scoperto i libri non scolastici nelle biblioteche, in particolare in quella di quartiere dove andavo a studiare alle medie insieme a un amico calabrese”.

Quali sono state le prime letture extra scolastiche?

Quelle che avevano a che fare con la politica. Nessun romanzo e molti saggi, in particolare biografie e autobiografie. In prima media, grazie alla mia insegnante, mi è capitata tra le mani l’autobiografia di Martin Luther King che mi ha affascinato e così sono passato alle biografie di Gandhi e Mandela. Sempre la stessa insegnante mi ha fatto conoscere anche il teatro. È stato un periodo fondamentale.

La passione per la politica è nata così?

No, quella viene dalla famiglia, da mio padre e dai miei fratelli più grandi. Personalmente, ho iniziato ad appassionarmi con l’elezione di Obama a presidente degli Stati Uniti, da quel momento ho incominciato a farmi molte domande sull’ambiente che mi circondava.

Martin Luther King, Mandela, Obama. Sembra di scorgere un percorso preciso

Sì, mi interessava la questione della segregazione razziale, soprattutto negli Stati Uniti, ma non mi identificavo con chi ne era vittima. Era il tema ad affascinarmi. Certo, vedevo anche alcuni tratti in comune con la mia storia, ma non era l’aspetto fondamentale. Il tema identitario si è sviluppato più avanti, soprattutto con gli attentati di Parigi.

Ci si tornerà, ma la passione per la politica sembra non averti più abbandonato

Sono una persona curiosa, spinto dalla voglia di comprendere quel che mi circonda. Rispetto alla “carriera”, mi sono candidato a rappresentante di classe a 11 anni, sempre per “colpa” della solita insegnante. Purtroppo non sono stato eletto per un solo voto.

E dopo le scuole medie?

Mi sono iscritto all’ Istituto Tecnico Battisti e ammetto che sono sopraggiunte questioni ormonali. Le ragazze hanno ritagliato uno spazio importante nei miei interessi, ma ho continuato a frequentare cinema e teatri e la passione per la politica è rimasta.

Come valuti gli anni delle superiori?

Prendere il diploma è stata quasi una redenzione. Nella comunità da cui provengo non è scontato ottenerlo, viene considerato un traguardo fondamentale e gli si dà una grande importanza. Abbiamo fatto una festa incredibile.

Si è caricati di maggiore responsabilità rispetto a chi cresce in una famiglia italiana?

Mi sembra proprio di sì e mi emoziono ancora a pensarci. Sin da bambini ci sentiamo responsabilizzati dal migliorare le nostre condizioni di partenza. Sai che la famiglia conta su di te e non vuoi deluderli. È una pressione che pesa fortemente sui rapporti familiari, sappiamo di non poter fallire e che dobbiamo sfruttare tutte le possibilità che ci vengono date alla luce dei sacrifici che hanno fatto o stanno facendo i nostri genitori.

E dopo la maturità?

Mi ero iscritto a Scienze Politiche, ma ho abbandonato. La politica, però, mi ha spinto verso una conoscenza approfondita della lingua tedesca perché se volevo fare politica in Alto Adige non potevo farne a meno. Questo mi ha spinto a leggere anche i libri in tedesco.

Lasciati i banchi sei passato alla cattedra

Si, è stato un passaggio rapido che credo mi abbia aiutato a non dimenticare chi ho di fronte. Spesso mi chiedo se uno studente potrebbe dare di più, se io sono in grado di aiutarlo a fornirgli maggiori strumenti per affrontare il futuro e quindi ampliare le sue possibilità. Io sono molto grato a quegli insegnanti che me li hanno messi a disposizione.

Lo consideri un percorso di emancipazione?

Si, purtroppo molti credono che i soldi siano l’unico strumento di “emancipazione”. Siamo cresciuti con l’idea, sbagliata, che con la cultura non si mangi e che la stima e l’apprezzamento degli altri dipenda, per esempio, dall’auto che ti puoi permettere. Per me è stata fondamentale la pur breve convivenza con una famiglia tedesca a Monaco.

Da che punto di vista?

Mi ha fatto fare switchare, mi ha cambiato la prospettiva. Erano benestanti, ma non esibivano la loro ricchezza. Mi ha fatto pensare a diversi aspetti, per esempio anche agli amici italiani che nei weekend vanno a passeggiare in montagna e che sembrano apprezzare maggiormente quello che ci circonda. Io non sono mai stato in montagna con i miei. Credo che la cultura sia anche questo: conoscere l’ambiente in cui vivi per potertelo godere. E per farlo non servono soldi. Certo, sono importanti ma dipende molto anche da come si spendono.

Non sei attratto dai beni di consumo?

Non da tutti. Per esempio, non ho l’auto e mi muovo in bici, però mi piacciono le belle cravatte.

E ti appassiona il latino

Sì, mi capita di passere delle intere serate con alcuni docenti per discutere di come il latino possa aiutare ad apprendere il tedesco più facilmente.

Restando al latino: De gustibus… era rimasto in sospeso il discorso sugli attentati di Parigi…

Sì, sono nato e cresciuto in Italia, ma ho ottenuto la cittadinanza solo a 18 anni. Prima, mi sentivo italiano ma non lo ero e questo mi ha creato alcuni problemi soprattutto nell’adolescenza. L’11 settembre 2001 avevo solo quattro anni, ma sono cresciuto in un periodo in cui essere  di religione islamica non era facile e gli attentati a Parigi del 2015 hanno complicato le cose. Mi si chiedeva di prendere le distanze da cose che non hanno nulla a che fare con me e con la mia storia, ma con cui ero costretto a confrontarmi, mi veniva continuamente chiesto di dissociarmi da cose più grandi di me con cui non avevo nulla a che fare. Eppure, allo stesso modo, non potevo non vedere come gli attentatori avessero un background per certi versi simile al mio, figli di immigrati nati nella periferia di una città europea che non si sentivano accettati. Quell’ondata mediatica anti islamica è stata davvero pesante e profondamente sbagliata perché ha finito per radicalizzare ancora di più chi non si sentiva accettato. Ora per fortuna quella bolla si è sgonfiata, mentre i problemi nelle periferie europee sono rimasti uguali.

A proposito, sei consigliere comunale a Bolzano, che futuro immagini per la tua città?

Sogno una Bolzano europea, sostenibile e inclusiva. Vorrei si sfruttassero le alchimie tra le varie componenti delle periferie bolzanine, in fondo, in un modo o nell’altro, proveniamo tutti da famiglie immigrate da altri luoghi.

Parli spesso del mondo che ci circonda. Come ti sembra?

Domanda difficile, a proposito di cultura, sono rimasto folgorato dalla lettura dei libri di Zygmunt Bauman, dalla definizione di “realtà liquida”. Capisco benissimo lo spaesamento di chi ha affrontato i cambiamenti tecnologici di questi ultimi vent’anni. Questo mondo fluido è difficile da leggere, ma è anche molto affascinante. Non ci si può far abbattere dall’ansia e dalla paura.

Progetti per il tuo futuro?

Sto valutando se tornare all’università, se approfondire la germanistica di cui mi sono “innamorato” o cercare di crearmi un curriculum coerente per avanzare nel mio percorso politico.

Massimiliano Boschi

L’intervista che avete appena letto è solo la prima di un percorso di indagine intrapreso allo scopo di comprendere  come i giovani vedono il mondo, vivono l’Alto Adige e, soprattutto, incrocino le politiche culturali. Un’indagine che intende valutare se e come le politiche culturali siano oggi in grado di fornire strumenti utili per lo sviluppo di un pensiero critico e creativo tale da migliorare il benessere della collettività nel suo complesso e nei singoli individui che la compongono. In particolare, le interviste, che dal 2 maggio saranno pubblicate su questa testata nello speciale “My Generation”, cercheranno di comprendere se e come come questi “strumenti” vengano utilizzati dai giovani e se siano ancora in grado di contrastare le disuguaglianze sociali, per permettere a tutte e tutti, indipendentemente dalle condizioni economiche di partenza, di migliorare la propria condizione di vita.    
My Generation è un progetto che dà voce  alle nuove generazioni attraverso strumenti creativi. Il progetto – promosso dalla cooperativa Young Inside con il contributo dell’Ufficio Politiche Giovanili della Provincia Autonoma di Bolzano –  oltre alle interviste pubblicate in questo speciale, esporrà opere di poster art che permetteranno di potenziare le parole e le narrazioni dei ragazzi e delle ragazze coinvolgendo tutta la città di Bolzano.

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