Alla serata sull'11 settembre. Il grande complotto c'è...ma è contro la scienza

Una serata faccia a faccia con chi crede che dietro all’11 settembre ci sia un complotto del governo statunitense. Un tentativo di insinuare il dubbio a chi di dubbi vive. Erano una settantina i bolzanini presenti alla prima serata organizzata dal consigliere comunale ex 5 stelle Rudi Rieder del ciclo “Non è un paese per bufale”: tre serate per parlare di 11 settembre, scie chimiche e campi elettromagnetici. C’eravamo anche noi, con uno scopo un pò laterale: provare ad analizzare la struttura retorica del ragionamento dominante nella sala, non scendere nell’analisi dei fatti, consci che con le tesi complottiste (come con quelle populiste) ragionar di fatti ha poco senso, perché ci sarà sempre un’ombra sulla quale puntare il dubbio e insinuare il grande disegno che ci tiene tutti ostaggi.

La serata, durata tre ore ed ospitata e patrocinata dal Comune di Bolzano, inizia con un’introduzione di Rieder, maglietta di Bansky d’ordinanza: «Siamo dei complottisti, dei negazionisti? No, solo perché qualcuno vuole fare domande scomode, non è giusto bollarlo come complottista. Quelle che affronteremo sono domande importanti da porre: solo se riusciremo a trattare questi argomenti, avremo delle risposte. La cosa più pericolosa è l’ignoranza. Ma qualcuno pensa che il popolo vada tenuto nell’ignoranza per manipolarlo, ci strumentalizzano per i loro interessi. Altri argomenti che vorrei trattare in futuro sono la sovranità monetaria, la scienza corrotta, il grande imbroglio della CO2».

Presentare cose note come realtà choccanti tenute segrete

Fulcro della serata la proiezione di una lezione dello storico svizzero Daniele Ganser sull’11 settembre (qui il video in tedesco https://www.youtube.com/watch?v=cgkQXJ3mugY, il video con i sottotitoli in italiano verrà reso disponibile da Rieder). Il 90% delle affermazioni di Ganser (relatore veramente brillante e furbo) è ragionevole e condivisibile, ancorché banale, ma viene presentato come una verità choccante di cui veniamo tenuti all’oscuro. «La base del mio ragionamento – spiega lo storico – si richiama ai principi della Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo. Sono contro alle guerre per il petrolio giustificate dall’11 settembre ma anche contro gli sgozzatori dell’Isis. Forse è difficile da capire, ma questa è la mia posizione». Perché mai questa posizione, condivisa dalla gran parte delle persone, dovrebbe essere difficile da capire? E’ la base della critica della società europea alla politica americana, ed è patrimonio comune di tutti gli attivisti per i diritti umani. Qualche decina di milioni di persone insomma: che parlano, discutono e lottano da sempre….Ma Ganser è un maestro in ragionamenti di questo tipo (come quando illustra i legami tra famiglia Bush e reali sauditi, o spiega che la Cia ha provato a rovesciare Castro – ma dai?!) e nelle semplificazioni (la sovrapposizione della mappa delle religioni con quella dei giacimenti di petrolio ad esempio). Ganser passa gran parte della sua lezione a creare il proprio nemico per legittimare tesi senza essere costretto a dover portare le prove. Con un linguaggio completamente antiscientifico, con la sistematica ricerca dell’applauso e della battuta, Ganser dice cose ovvie e banali come fossero dei tabù per legittimare tesi prive di prove. Crea contrapposizioni assurde («Riteniamo molto più pericoloso avere gente che entra in casa e ci spruzza ketchup sulle pareti che le menzogne della tv») e cazzate memorabili («Senza la tv l’11 settembre non avrebbe avuto questo impatto sulla coscienza collettiva»). Come se nei secoli scorsi per indottrinare le masse, giustificare crociate o sterminare popoli non fossero bastati libri, quadri, e fandonie fatte circolare di bocca in bocca.

Ogni tesi è lecita, a prescindere dalle prove

Dove il ragionamento dello «scienziato sociale» Ganser comincia ad entrare in rotta di collisione con la logica è all’avvicinarsi dell’analisi dell’11 settembre. «L’11 settembre è stato usato come pretesto per le guerre». E questa non è una scoperta di Ganser ma l’opinione di milioni di persone. «Esistono tre versioni sull’11 settembre – continua – 1. Che sia stata opera del gruppo guidato da Bin Laden. 2. Che Bush sapesse ma non abbia fatto nulla per ostacolare gli attentati. 3. Che sia stato organizzato dagli stessi Stati Uniti. La prima versione è accademicamente accettata, le altre due invece comportano problemi per chiunque le sostenga. Io non posso dire quale di questa sia vera ma lotto perché tutte e tre vengano ritenute lecite». Lo scienziato sociale Ganser insomma non ritiene normale che ipotesi non suffragate da prove vengano scartate. E’ l’Abc della scienza, ma anche del giornalismo. A questo punto non si capisce perché limitarsi a tre opzioni: se non servono prove scientifiche per ritenere lecita un’ipotesi perché non pensare che sia stato un complotto alieno? Ovviamente Ganser ha il suo asso nella manica: il crollo del WtC7 accanto alle due torri. Le due tesi in campo sono che sia crollato per un incendio o per una demolizione controllata. La versione ufficiale è incendio: Ganser solleva dubbi che sono già stati tutti fugati. Ma tralasciamo ora il problema del crollo in quanto tale.  Non è questo il punto. Il punto è che Ganser si vanti di poter dire: «Credo che sia stato fatto saltare ma non ho le prove». Non dovrebbe essere forse il suo lavoro, cercare le prove?

Il dogma dell’elogio del dubbio

Ancor più interessante il dibattito, nel quale siamo intervenuti grosso modo con i ragionamenti qui espressi. Gli interventi del pubblico sono un elogio del dubbio e del porsi domande sempre e comunque. Un valore, senza dubbio. Ma con quali strumenti e conoscenze? Il metodo scientifico ha regole e strumenti dai quali non si può prescindere per un confronto alla pari. La comunità scientifica adotta codici propri esattamente per poter confrontare ricerche e tesi diverse. «Il professor Ganser – mi si spiega dal pubblico – ha sollevato dei dubbi. Ora sta a te informarti e cercare la tua verità». E’ proprio questo il punto, il folle pericolo: la mia verità. Non quella delle persone che hanno studiato e sono esperte di un argomento, che si basano sui fatti o su quanto riusciamo a sapere, ma la mia. Il dubbio è buono a prescindere: si può mettere in discussione tutto (e questo è vero), anche le verità scientifiche (sicuramente), ma lo si può fare (questa è l’opinione della sala e questo è il problema) in qualsiasi modo. Si finisce parlando della crisi finanziaria che verrà, della terza guerra mondiale e del fatto che bisogna guardare l’insieme e non il singolo fatto. Che se seguiamo gli interessi economici allora capiremo cosa è successo. E’ andata così, è così che va: con un grande disegno, un piccolo-grande fatto diventa spiegabile o negabile o dubitabile, a prescindere dalle prove e dai fatti. E’ un metodo che potete applicare a tutto. All’11 settembre come ai campi di sterminio. Si parte dalla choccante verità che le guerre si sono sempre fatte per interessi economici per dire che le torri gemelle sono state fatte saltare dalla Cia. Come se organizzare un’operazione del genere, che implica la partecipazione di un grandissimo numero di persone, non sia impossibile da tenere segreto. Come se tutti: migliaia di scienziati, militari, politici, fossero corrotti e comprabili dal denaro. Questo non vuol dire che non esistano i poteri economici, sia ben chiaro. Ma indirizzano correnti di pensiero, non sono capaci di nascondere i fatti e le prove in eterno. La conseguenza del ragionamento? Che se è tutto un grande imbroglio, che se è tutta una grande manipolazione indimostrabile e dalla quale non ci si può difendere, noi cittadini non contiamo nulla, che la democrazia non conta nulla. Che l’unica azione possibile è distruggere tutto, anche le basi stesse della convivenza: il ragionamento e il confronto (che funziona solo se si mettono sul piatto strumenti e conoscenze alla pari). Un ragionamento populista di destra che fa breccia nella crisi della sinistra e dei movimenti.

Ps. Ci sono stati piccoli momenti di tensione (qualche spettatore era più accalorato di altri, diciamo: con minacce abbastanza esplicite “ti arriva una bella citazione” a una persona che esponeva critiche all’organizzazione), ma va fatto un plauso agli organizzatori per aver consentito a tutti, anche ai dubitatori di complotti, di potersi esprimere in un clima civile.  

(Lu.B.)

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