Lasciare tutto per tornare alla natura: la storia della bolzanina Giulia Lo Pinto

“Mi è sempre piaciuto il lavoro da infermiera, ma ero arrivata all’esaurimento, con turni intensi di 12 ore mi mancava la libertà anche solo di poter cucinare a casa” ci racconta Giulia Lo Pinto quando la raggiungiamo al telefono -fisso, perché il cellulare prende male nel suo casolare a Santa Maria di Burano, nella campagna umbra. Qui si è trasferita, nel 2020, durante la pandemia Covid, con il marito Nathan quando ha deciso di “mollare tutto” per realizzare il suo sogno: una vita diversa, con ritmi più umani e in armonia con la natura. “Siamo arrivati con una Cinquecento piena di pacchi, la casa era vuota, non c’era l’acqua né l’elettricità. I primi mesi sono stati duri, ma ricordo la felicità di quella prima sera, a mangiare i panini seduti per terra” ci confida Giulia. La sua scelta green potrebbe essere una storia come tante, figlia del fenomeno delle “grandi dimissioni”, che con la pandemia ha toccato anche 1,6 milioni di lavoratrici e lavoratori italiani nel 2022, ma non è solo così. Nata e cresciuta a Bolzano, Lo Pinto ha lasciato presto il capoluogo altoatesino per fare esperienza nel mondo -“ma ha un posto nel mio cuore e sono contenta di essere cresciuta lì. E poi, è proprio grazie alla vendita di un monolocale a Bolzano che sono riuscita a comprare un casolare con terreno in Umbria”, ci dice.

Giulia con il marito Nathan

“Non mi piace legarmi ai luoghi, dopo gli studi in infermieristica a Vicenza sono sempre stata all’estero, anche come volontaria, in Africa, India e Inghilterra nel Devon, vicino alla Cornovaglia, dove ho conosciuto mio marito” continua. Lui è un tuttofare “e questo ci sta salvando molto a livello pratico”. Si perché Giulia e Nathan mandano avanti il loro casolare con l’appezzamento di terreno ed un piccolo bed and breakfast con le loro sole forze.
“Abbiamo un ettaro e mezzo di terreno. Quando abbiamo pensato di cambiare vita, per noi l’agricoltura era l’unica opzione per essere indipendenti, ma ci è stata subito chiara una cosa: volevamo seguire la natura più che andarci contro” racconta Giulia, che nel suo campo segue diverse vie della permacultura sinergica e combina orto, aiuole di piante aromatiche e alberi da frutto. Uno degli obiettivi è, inoltre, la produzione di lavanda per oli essenziali, ma sempre seguendo una precisa visione: “non interveniamo con lavorazioni profonde, arature o macchinari in generale per non disturbare il suolo e rispettare i microorganismi e i lombrichi, sono loro che portano la vita e il nutrimento, altrimenti bisogna aggiungere letame e fertilizzante” continua Lo Pinto, e sottolinea “certo senza fertilizzanti le piante fanno più fatica all’inizio ma quando poi si stabilizzano sono piante forti, è giusto che la pianta produca quello che riesce e non oltre”.
Una filosofia che viene applicata non solo alle coltivazioni :“siamo per il benessere anche degli animali, se stanno bene producono di più” – mentre ce lo racconta pensiamo che in fondo non è tanto diverso per gli esseri umani.  “Nel campo abbiamo costruito un pollaio coi bancali e scherzando diciamo che è una villetta per le galline, che vivono libere”, dice.

Giulia con la capretta Piuma

Quello che viene prodotto serve all’auto sostentamento e in parte anche alla vendita. “Stiamo anche sperimentando con microgreens -micro ortaggi tra germoglio e piantina- e superfood. Vendiamo direttamente ad un ristorante a due km da casa nostra e poi ci sono le persone che vengono a raccogliere direttamente le verdure da noi, che era il nostro sogno, far capire sul campo, in tutti i sensi, quello che facciamo, toccare con mano e avere il controllo. Perdere il controllo e non avere  la possibilità di decidere era quello che ci rendeva insoddisfatti nella vita precedente”.
A proposito di soddisfazione: tutto fantastico insomma? Non proprio. “Siamo andati a fasi, all’inizio ci sono stati momenti di crisi, non hai la sicurezza dello stipendio e ti manca la vita di prima. E poi questa non è una vita da sogno, ti obbliga a gestire le risorse che hai, gestire la tua giornata, produrre tu quello che vuoi mangiare… magari è diverso da come me lo immaginavo all’inizio, ma posso dire di aver raggiunto la libertà che avevo in mente” . Dopo tre anni, anche grazie all’apertura dell’attività turistica, sono arrivate la stabilità e l’indipendenza economica -ma “giusti giusti” precisa Giulia. Nella sua giornata tipo la sveglia è all’alba, per accudire caprette e galline e poi il campo, con i lavori di stagione “d’inverno se nevica non puoi fare molto e sei obbligato a fermarti, ora stiamo facendo dei lavori in casa, ma anche la pianificazione per primavera”.
E la vita di prima? Non ci manca la vita sociale, apprezziamo molto il silenzio e la solitudine. Certo la sera i film li guardiamo, ma ci piace anche solo sederci fuori a guardare le galline e vedere le caprette che ci salutano. Ogni tanto ci obblighiamo a fare delle uscite di piacere, serve mentalmente, ma mi rendo conto di essere diventata immune ad un certo tipo di mondo”. Un aspetto, questo, che tocca anche il consumismo. “Mi sono resa conto che prima magari compensavo l’insoddisfazione che mi dava la mia vita comprando qualcosa che in realtà non mi mancava veramente, ora non mi succede più”.

Giulia mentre accudisce le galline

Il ritorno alla natura di Giulia e Nathan sembra un’isola felice e un po’ idilliaca. Ma quanto questo modello è realisticamente “esportabile”? “Noi abbiamo imparato tutto da autodidatti, certo abbiamo fatto una pianificazione ed un minimo business plan, ma la natura ti insegna se hai voglia di farlo si può” ci risponde, e aggiunge ”ci sono tanti giovani che stanno costruendo anche ecovillaggi e si creano la loro indipendenza; basta fare quello che serve, è il volere di più che crea problemi. In realtà. se segui la natura produce anche di più di quello che ti aspetti”.

Caterina Longo

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