Zurigo e le sue incredibili contraddizioni. Intervista a Francesco Ziosi

“Francesco Ziosi è nato a S. Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, nel 1982. Ha studiato Storia Antica all’Università di Bologna e alla Normale di Pisa. Entrato al Ministero degli Affari Esteri nel 2012 come funzionario culturale, è stato addetto reggente all’Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera dal 2016 al 2021. A partire da metà agosto 2021 è Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo”. Un breve e preciso curriculum ci dice pochissimo di Francesco Ziosi, un inusuale mix tra un diplomatico e un rugbysta,  un gentiluomo che ama passare da “teppista”. Parla sei lingue, italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo ed ebraico, ma si fa apprezzare soprattutto per la sua capacità di unire “alto” e “basso” nell’analizzare quel che lo circonda. Limitargli gli orizzonti non è semplice, e nemmeno intelligente, ma noi eravamo interessati a farci raccontare Zurigo, città molto più affascinante di quel che  può sembrare, soprattutto dopo averla sentita descrivere da  Ziosi.
“Zurigo – premette –  è una città plurilingue e pluriculturale ma è orgogliosissima di essere svizzera, queste contraddizioni rendono la città estremamente interessante. A sua volta è inserita in una  terra di contraddizione fertili e assurde. E’ un paese neutrale, ma armatissimo, non fa guerre con paesi stranieri dal 1500 ma ha la leva obbligatoria per tutti, ora anche femminile. Come si dice spesso, la Svizzera non ha un esercito è un esercito. Un Paese con politiche fortemente ostili verso gli stranieri che, però, sono il 25% dei residenti. A Zurigo raggiungono  il 50%”.

Francesco Ziosi (foto di Gloria Bressan)

Una classica metropoli europea con il “mondo in casa”? 

Non esattamente, perché Zurigo è relativamente piccola, 400.000 abitanti, e la Svizzera ha un rapporto ambiguo con il mondo esterno, a volte di simbiosi a volte di parassitismo. Si sfruttano le debolezze altrui, per esempio si arricchisce quando gli altri sono in guerra, ma offre molto agli stranieri che arrivano. Zurigo è oggi una città internazionale che non ha perso la sua “svizzeritudine”, una città plasmata dalla riforma protestante e che ha un rapporto intenso con il resto del mondo. Gli svizzeri sanno che da soli restano un paese piccolo di valligiani, sanno di avere bisogno degli altri.

Un Paese con una forte identità nonostante il plurilinguismo. Per gli altoatesini è fantascienza…

Come noto, in Svizzera convivono quattro lingue nazionali, tedesco, francese, italiano, romancio. A Zurigo si parla tedesco, ma occorre precisare che gli svizzeri tedeschi sono diversi dai germanici. E’ vero, amano la vita all’aperto, la musica e hanno un approccio al lavoro simile, ma la Svizzera nasce dai valligiani germanofoni che si opponevano all’imperatore tedesco. Gli Andreas Hofer di qui hanno combattuto  l’imperatore tedesco, non francese. La difesa del dialetto svizzero a scapito dell’Hochdeutsch nasce anche da questo. Infine, non si può dimenticare che la Confederazione Elvetica ha 732 anni, una continuità istituzionale che ha creato una storia differente rispetto ai paesi confinanti.

Neutrale non significa disarmata…

No, la neutrale Svizzera ha una lunga tradizione di forte difesa da una possibile invasione dalla Germania. Durante la seconda guerra mondiale, i nazisti hanno chiesto diverse volte di poter usufruire di aiuti “logistici” da parte Svizzera, ma nonostante i dinieghi non hanno mai pensato di invaderla perché il sistema di difesa creato tra le montagne elvetiche rende troppo “costosa” un’invasione da parte di chiunque.

Prima di Zurigo hai vissuto e lavorato a Monaco di Baviera. Sono due città molto simili o è solo apparenza? Quale preferisci?

Senza dubbio preferisco Zurigo, la ritengo molto adatta a me, è una città piena di expats, di persone che restano per un periodo di tempo non troppo lungo. Zurigo, nonostante i costi altissimi, ha una forte coesione sociale perché i salari sono buoni anche per infermieri o lavoratori della nettezza urbana, qui nessuno può prendere meno di 24 franchi l’ora. Questo le permette di essere più rilassata, più “cool”. Potrei dire che è una Monaco “alternativa” o una Berlino più ricca.

Monaco, invece?

Monaco è più borghese e conformista, lascia meno spazio alla spontaneità del vivere. Ha quartieri bellissimi, ma la sua storia ha un peso importante, una storia che Zurigo non ha e che la rende meno “pesante”. Quando parlavo tedesco a Monaco percepivo nel mio interlocutore tutta la storia tedesca: Lutero, Kant, Goethe, Marx e le nefandezze del Novecento, A Zurigo, invece, si parla il tedesco degli immigrati, del “famo a capisse”. Gli svizzeri sono un popolo che apre i conti in banca a chiunque, ogni interlocutore è quindi un potenziale cliente e i clienti vanno trattati bene.  A Monaco anche gli italiani tendevano a voler fare i bavaresi, anch’io percepivo la necessità di dovermi comportare come loro. A Zurigo non sento la necessità di sentirmi svizzero. Rispetto al conformismo di Monaco di Baviera, Zurigo è anarcoide.

E il Nino Manfredi biondo di “Pane e cioccolata“?

Non esiste più. Gli svizzeri sembrano accontentarsi che tutti quelli che la abitano contribuiscano alla ricchezza del paese in maniera legale. In Svizzera vivono molti immigrati di successo, per esempio l’immigrazione italiana copre tutti gli strati sociali, in Germania meno. Oggi in Svizzera esiste un’assimilazione economica che non presuppone quella culturale, questa è una differenza significativa con la Germania.

Hai diretto l’Istituto italiano di cultura di entrambe le città. Hanno opinioni diverse sull’Italia? 

A mio avviso, i tedeschi amano molto l’Italia, gli svizzeri meno, ma la conoscono meglio. Gli “italiani” in Svizzera sono circa un milione tra immigrati e discendenti di immigrati. Il contributo degli italiani all’economia svizzera è ed è stato importante. Il Ceo di Ubs è Sergio Ermotti, il ministro degli esteri è Ignazio Cassis e non posso dimenticare il Rettore del Politecnico di Zurigo,  il sudtirolese Günther Dissertori.

Ultima domanda: dopo tanti anni all’estero, che effetto ti fa tornare in Italia?

In Italia mi manca il brio, la serenità e la consapevolezza con cui Zurigo va incontro al futuro. Qui la gente brontola molto meno e si adopera per migliorare le cose.  L’Italia, meglio l’Emilia Romagna in cui sono nato, tiene economicamente, ma mostra evidenti segni della stasi in cui si trova, è un territorio avviluppato su se stesso. Gli italiani mi sembrano barricati in casa, ossessionati dal mattone. I proprietari di casa in Italia sono l’80%, a Zurigo il 35% e se il quartiere in cui abiti non ti piace ti sposti in un altro. Qui tutti prendono il tram, compreso il Ceo di Ubs, fanno il bagno nel fiume, vanno in montagna, insomma vivono lo spazio pubblico. A Milano, considerata la metropoli più europea d’Italia, si  “vendono metri quadri” e così facendo viene assecondata la mentalità da “fortino”,  la ricerca del proprio angolo in cui rifugiarsi si è trasformata in un’ossessione.

Massimiliano Boschi

Immagine di apertura: Zurigo fotografata da Jörg Vieli da Pixabay

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