Stelvio, torna l'ipotesi traforo. E la Val Venosta si divide

L’idea di per sé non è una novità. Anzi, compie quasi 100 anni. Perché, come ricorda con precisione il Corriere dell’Alto Adige, già nel 1922 si ipotizzava di passare sotto lo Stelvio per collegare Lombardia e Val Venosta. Ed ecco che il traforo eventuale torna ogni tanto a far parlare di sé. O meglio, a dividere i cittadini in favorevoli o contrari. Se ne riparla in questi giorni dopo che Provincia e Regione Lombardia hanno firmato il protocollo per lo sviluppo dell’area dello Stelvio. Va subito chiarita una cosa: nel documento non c’è traccia dell’opera, e non se ne è parlato – così dicono i protagonisti – nemmeno a voce nelle riunioni.

Ma cosa prevederebbe il traforo? Già qua c’è la prima importante divisione. Perché la studio di prefattibilità fatto nel 2017 del collegamento fra Valtellina e Val Venosta prevedeva due sbocchi: a Stelvio se stradale, a Malles se ferroviario. Perché il punto è questo: facciamo passare sotto la montagna macchine, treni o entrambi? Quello del grande traffico di auto è uno spauracchio che agita tutti i sindaci della zona di sbocco in Alto Adige. Karl Bernhart, primo cittadino di Prato allo Stelvio, parla chiaramente al Corriere. «Per noi l’opzione auto più treno sarebbe un disastro. Non saremmo in grado di reggere il traffico, avremmo una strada perennemente intasata. Molto meglio e vantaggioso per tutta l’Alta Venosta sarebbe il collegamento ferroviario puro. Solo passeggeri e quindi turisti che arrivano da noi, senza portare inquinamento».

Gli albergatori, invece, sono favorevoli all’opzione treno più auto, visto che la raggiungibilità per loro è un vantaggio dirimente. Più turisti, più soldi in cassa. Intanto l’ipotesi sembra lontana, anche per i costi mastodontici (si parla di quasi un miliardo e mezzo di euro). Per ora l’accesso allo Stelvio rimarrà così com’è, con quei tornanti inconfondibili.

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