Analisi semiseria sui sorprendenti risultati referendari in Alto Adige. Ma non solo...

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Referendum 2025. Come molti hanno già sottolineato, la provincia di Bolzano è risultata quella la con minore affluenza ai referendum dell’8 e 9 giugno 2025. Non solo, è anche l’unica in Italia in cui ha vinto il No al quesito sulla cittadinanza. Per il quesito numero 5, scheda gialla, infatti, i  No hanno ottenuto il 52,11% contro il 47,89% dei Sì. (Qui i risultati completi e definitivi)
A essere onesti, i risultati referendari dell’8-9 giugno registrati in Alto Adige non risultano particolarmente sorprendenti per la bassa affluenza, anche per i referendum sulla giustizia del 2022 l’affluenza in provincia di Bolzano era stata la più bassa d’Italia con l’11% contro il 20,4% del dato nazionale.
Decisamente più curiosi,  i risultati riguardanti il quesito sulla cittadinanza, solo 11 comuni altoatesini su 116 hanno visto prevalere i Sì: Bolzano, Merano e  Bressanone, quindi le città più grandi della provincia, ma anche Salorno, Laives, Egna, Bronzolo, per motivi che potremmo definire “etnici”, ma anche  Marebbe, Badia, Marlengo e La Valle
Da evidenziare: il risultato di Marlengo dove i Sì sono stati il 53,14% (a Merano si sono fermati al 50,64) e soprattutto a La Valle, in Val Badia, dove hanno raggiunto il 61,7%. E’ vero si tratta di numeri piccoli, ma in decisa controtendenza anche rispetto a comuni altoatesini delle stesse dimensioni.

Sono, infatti, ben tredici i comuni altoatesini in cui i No, sempre sul quesito sulla cittadinanza, hanno superato il 75%. Quattro hanno superato  l’80: Castelbello in Val Venosta (80,98%), Moso in Passiria (82,57%) e due paesi della Val di Non sudtirolese: Senale San Felice 86,49% e Proves (88,49%).
Particolarmente intrigante il dato del comune di Senale San Felice  (dove risiedono ben 19 stranieri, tra cui 2 austriaci). Qui, non solo ha stravinto il No sul referendum cittadinanza, ma hanno vinto i No anche rispetto al primo quesito sul reintegro da ingiusto licenziamento, un caso più unico che raro a livello nazionale. Motivo? Sconosciuto.
E’ vero, Senale-San Felice e Proves sono due comuni dimenticati da dio, e ora cominciamo anche a capire il perché, paesini che appartengono al cosiddetto Deutschnonsberg, la Val di Non germanofona di cui fa parte anche Lauregno. Ma, sorprendentemente, in quest’ultimo comune, i No si sono fermati al 53% circa trenta punti percentuali in meno rispetto a Senale e Proves. Perché?
Valutarlo è davvero difficile, non basta la composizione etnica, se non per quel che riguarda la, scarsa, presenza di immigrati, non è sufficiente la collocazione geografica o la dimensione, e nemmeno si può considerare del tutto irrilevante il valore statistico del risultato elettorale a causa dell’affluenza. Il No sul referendum cittadinanza viaggia tra il 60 e il 75% in gran parte dei comuni altoatesini.   Quindi,  perché un discreto numero di elettori sudtirolesi, si è recato alle urne per votare No a un referendum che tutto il resto dell’elettorato intendeva far fallire attraverso il mancato raggiungimento del quorum?
Dovremmo pensare che, per esempio, il gruppo degli elettori della val di Non ha un attaccamento ai valori della democrazia più forte che altrove? Oppure che non sia passato il messaggio relativo al raggiungimento del quorum? Oppure, banalmente, non hanno capito la domanda?
Passando a una classica lettura etnica locale, è possibile che gli elettori del No siano stati spinti ai seggi dalla paura che la nuova legge sulla cittadinanza avrebbe potuto rimpolpare la comunità di lingua italiana a discapito di quella tedesca? Difficile rispondere.
Tornando all’obiezione di chi sostiene che la scarsa affluenza riduca drasticamente il valore statistico dei risultati referendari in Alto Adige, si precisa che a Castelbello, solo per fare un esempio, i No al referendum cittadinanza sono stati 166, un numero sufficiente a raggiungere il 12% alle ultime elezioni provinciali, un dato che è quasi il doppio dei voti ottenuti dalla lista Anderlan.

Referendum vs elezioni

Il paragone con le elezioni provinciali può rivelarsi una chiave di lettura interessante che si può allargare a contesti più ampi. A Bolzano, per esempio, i Sì al referendum cittadinanza sono stati 11.511 (il 62,6%), bene, alle recenti elezioni comunali, il primo partito in città, l’Svp ha ottenuto 6002 voti, il secondo Fratelli d’Italia, 5724. I Sì al referendum cittadinanza sfiorano, quindi, la somma dei voti ottenuti dai due primi partiti in città..
Non è un caso che il Pd nazionale abbia sottolineato come i Sì al referendum siano stati superiori ai voti ottenuti da Fratelli d’Italia alle ultime elezioni politiche: 7,3 milioni di voti contro i 9 milioni di Sì del referendum cittadinanza.
Un dato interessante, quel che proprio non si comprende è la soddisfazione mostrata del Partito Democratico  Oltre nove milioni di italiani hanno deciso di andare a votare per garantire un diritto ad altri, non per difenderne uno proprio, un numero decisamente significativo visti i tempi che corrono e su un tema particolarmente “caldo”.
Esistono quindi almeno nove milioni di italiani che si riconoscono in politiche che potremmo definire di “sinistra”, ma allora, come mai alle ultime elezioni politiche il Pd ha ottenuto solo 5,3 milioni di voti e l’intera sinistra solo 7,3?
Perché esaltare cifre che dimostrano l’incapacità dei partiti di sinistra di farsi votare anche da chi ha idee progressiste e tendenzialmente la pensa come loro?
Uscire dalle logiche da tifo calcistico spalancherebbe orizzonti interessanti e impensati, ma farlo significherebbe tornare a far politica e occorre esserne capaci.
Questo porta direttamente alla domanda più importante di tutte quelle poste fino ad ora, ma una classe politica che non sa fare politica a cosa serve?
Spoiler: la risposta ha molto a che fare con l’astensione.

Massimiliano Boschi

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