Tre regole per difendere la propria reputazione online

Chi siamo? Ormai ce lo dice il web. E non è una provocazione: persone o aziende, la reputazione deriva dal modo in cui si compare sui motori di ricerca. Soprattutto per le imprese la Rete è un qualcosa con cui non si può non avere a che fare. Ed ecco quindi che diventano fondamentali le regole per difendere la propria reputazione online. Ve ne ricordiamo tre delle quali si è parlato ad un seminario Unibz intitolato “Digital Reputation”, ossia la reputazione mnemonica, quella analitica e quella percettiva. Informarsi è importante perché una cattiva proiezione pubblica può oggi velocemente diffondersi e radicarsi, infliggendo così uno svantaggio competitivo solido e duraturo. E la reputazione di un’azienda o di una qualsiasi persona è il risultato dell’intreccio delle informazioni pubbliche che la riguardano.

Andrea Barchiesi, collaboratore per il Ministero della Salute in qualità di esperto in materia di comunicazione istituzionale e nuovi media, suggerisce che esistano tre tipi di reputazione: quella mnemonica, che si riferisce alla percezione che si ha di un’azienda, determinata dal ricordo che si conserva nella mente di prodotti e servizi da essa in passato offerti, quindi dal grado di apprezzamento che si ha avuto per questi ultimi; quella analitica, determinata dall’attenzione prestata alle caratteristiche concrete di un prodotto o servizio di cui si stia valutando l’acquisto, così come di un candidato per un impiego di cui si stia valutando l’assunzione; infine – novità dell’era 2.0 – quella percettiva, ovvero l’immagine di qualcosa o qualcuno che ci si profila attraverso rapide indagini sui motori di ricerca.

La facilità e celerità che contraddistinguono il reperimento degli elementi che formano la reputazione del terzo tipo sono frutto della logica di Internet stesso. Questo tipo di comunicazione è più difficile da controllare, perché estremamente fluido, dinamico.

Anche di questo si è parlato ad un seminario Unibz dal titolo “Digital Reputation”, che il Servizio Tirocini e placement dell’ateneo altoatesino da circa due anni regolarmente ripropone, in collaborazione con consulenti regionali di Adecco Italia, riscontrando rinnovato interesse all’interno della comunità studentesca. Tra i contenuti trattati non è mancato un approfondimento sull’utilizzo dei social media come strumento per cercare lavoro e selezionare candidati. Dal 2012, infatti, il fenomeno del Social Recruiting è oggetto di un’indagine che coinvolge candidati, lavoratori e reclutatori, raccogliendo le loro risposte e fotografando la tendenza e i suoi tratti principali. Da questo studio, Adecco ha potuto trarre spunti sufficienti alla creazione di materiale per persone in cerca di occupazione che funga da guida alla pianificazione e attuazione di efficaci strategie volte alla promozione delle proprie professionalità.

In materia di salvaguardia della propria reputazione, Adecco si allinea con le direttive generali di Google relative alla buona pratica del networking. Nelle indicazioni da Google propagate a scopo educativo, esso propone come fondamentale la capacità di definizione dei propri confini (tra ciò che è pubblico e ciò che è privato, quindi tra ciò che si mostrerebbe a un potenziale datore di lavoro e ciò di cui più volentieri lo si terrebbe all’oscuro) e di rispettare i confini altrui. Di seguito i primi passi consigliati da Adecco verso una gestione intelligente della propria reputazione in rete:

1. Staggati

A volte alcuni internauti creano ad insaputa altrui, quindi senza esplicito consenso, ipertesti che mettono in collegamento determinati profili a contenuti, da loro stessi pubblicati, di cui quegli utenti non desiderano che vi sia traccia sulle pagine dedicate alla propria persona. La soluzione è l’immediata eliminazione del tag.

2. Spubblicati

Per favorire una maggiore libertà nella scelta dei contenuti da condividere coi propri contatti digitali coi quali non si intrattiene alcun rapporto professionale, bensì piuttosto di natura informale, ricreativa, confidenziale, può essere di grande vantaggio agire sulle impostazioni relative alla gestione della privacy delle piattaforme sociali di cui si fa uso, in modo da restringere l’accesso ai contenuti, pubblicati o condivisi, che esulano per forma e sostanza dalla sfera lavorativa, ai soli “amici”, ossia coloro che davvero si intenda rendere partecipi dei propri interessi privati.

3. Alertati

Visto la mole di social media su cui possono essere veicolate e rese universalmente accessibili informazioni sulla propria persona è potenzialmente illimitata, effettuare un controllo diretto su ciascuna interfaccia è potenzialmente impossibile. Da ciò deriva la necessità di sfruttare gli strumenti offerti dalle più sviluppate tecnologie di gestione di dati. Il più potente di questi è Google Alert, che permette di creare un pulsante di avviso, da associare poi a un indirizzo di posta elettronica, così da avviare un sistema di invio automatico di notifica in ogni occasione in cui in rete vengano inseriti nuovi dati contenenti le unità testuali salvate come rilevanti (in primis, nome e cognome).

Raffaele Fabbri

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