Q36.5, l'azienda che ha lasciato la Svizzera per scegliere l'Alto Adige

L’azienda ha la propria sede a due passi dal Grieserhof, ma chi la gestisce è molto più interessato al futuro e all’innovazione che al passato e alla tradizione. Stiamo parlando della Q&E srl azienda bolzanina che commercializza il marchio “Q36.5” di abbigliamento ciclistico e svolge attività di consulenza nel settore dell’abbigliamento sportivo per altre aziende.

A spiegarci origini, presente e futuro dell’impresa sono Luigi Bergamo e sua moglie Sabrina Emmasi, entrambi con un passato da ciclisti (lei, ha partecipato anche ad un mondiale su strada con la nazionale svizzera). Una coppia che è sospinta da una passione fuori dal comune che Bergamo considera la componente fondamentale del suo lavoro. “Passione per la bicicletta, ma anche per l’abbigliamento e per la ricerca – precisa”. Il marchio “Q36.5”, nato nell’estate 2013, ne è la sintesi perfetta visto che “la lettera Q sta per Quaerere (ricerca in latino ). 36.5° rappresenta la temperatura ottimale dell’organismo espressa in gradi Celsius”. Ma si diceva delle origini che, se è consentito il gioco di parole, sono piuttosto originali, perchè i titolari hanno lasciato la Svizzera per aprire l’azienda in Italia. Le motivazioni appaiono ancor più straordinarie: “Volevo essere un battitore libero , correre ed esprimere le mie idee – spiega Bergamo”.

Ammetterà che è una scelta che appare in controtendenza?

“Sì, ma spesso noi italiani ci giudichiamo peggio di quello che siamo. Perché soprattutto nel mercato tessile, ma non solo, il “made in Italy” ha un peso importante, l’abbigliamento italiano è una garanzia. Non solo come immagine, perché in questo settore e nell’intero comparto dell’abbigliamento sportivo, l’Italia ha vere e proprie eccellenze. Poi, forse, stando all’estero sono diventato più patriottico e, forse, noi italiani ci vediamo peggio di quello che siamo. Comunque ammetto di aver sofferto anche di una forte nostalgia delle Dolomiti”.

Senzanome

Solitamente i ciclisti si appassionano alla bicicletta più che all’abbigliamento. Come nasce il vostro progetto?

“E’ un’idea nata molti anni fa, negli anni Ottanta: Ai tempi i ciclisti usavano la maglia di lana per coprirsi, tutto l’abbigliamento era ingombrante e pesante, così, quando sono stati commercializzati i nuovi tessuti sintetici è nata l’esigenza di non accontentarsi. E proprio da questo è nato il nostro progetto, non ci siamo accontentati. Dopo anni di esperienza nel settore in Svizzera, abbiamo cercato di produrre in proprio qualcosa di eccellente, abbiamo voglia di fare qualcosa che non c’è mai stato, qualcosa di nostro e autentico che avesse un forte legame con il ciclismo. Poi ovviamente, non sono un Don Chisciotte, per mettere alla prova la propria visione occorre confrontarsi con gli altri, nel nostro caso con il mercato”.

Cosa ci ha messo di suo oltre alla passione?

“L’esperienza e la conoscenza storica in quanto utilizzatore e conoscitore dei capi, Poi, per fortuna, oggi il mondo del ciclismo è molto più variegato, non c’è più solo il ciclismo maschile su strada, molte donne vanno in bici, e c’è la mountain bike il triathlon etc. A questo aggiungerei la ricerca ossessiva dei nuovi tessuti che parte dai filati”.

Chi sono i vostri clienti?

“Ciclisti che cercano prodotti di alta qualità. Trovano i nostri prodotti online oppure nei negozi specializzati e selezionati, luoghi in cui i nostri prodotti possano essere “spiegati”. Vendiamo in Giappone, Spagna, Stati Uniti, Canada, Singapore, Hong Kong e Nord Europa. In Italia abbiamo una decina di punti vendita”.

Che tipo di abbigliamento privilegiate?

“Quello versatile, per andare in bici lungo tutta la stagione. Cerchiamo di dare una risposta univoca all’esigenza di chi va in bici, abbiamo introdotto tessuti intelligenti che interagiscono con il corpo che aiutano l’attività sportiva, pantaloni con supporto muscolare, fibre orientate in una certa direzione… Prodotti puliti e soprattutto molto leggeri”.

Massimiliano Boschi

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