Covid-19, sfida anche per la psicologia. «Non saremo più quelli di prima»

Una volta nell’immaginario comune di chi si recava da uno psicologo c’era il lettino, la chaise longue, l’atmosfera protetta e silenziosa e magari anche l’uomo barbuto con la pipa. Immagini romantiche che ben rappresentano gli albori della psicologia e che ancora oggi evocano vissuti potenti, continuando a fare la loro parte e a fornire all’abile analista il materiale per aiutare il paziente a comprendere, gestire e ottimizzare il proprio funzionamento psichico. Ma non è più tutto qui. Ora siamo nell’era della realtà immersiva, dell’IOT e dei BigData. Ora, che lo si voglia o meno, il mondo è mosso anche dalla potenza delle tecnologie digitali, tecnologie in grado di modificare rapidamente e in maniera significativa il nostro modo di vivere.

Da qualche mese ne stiamo avendo un esempio concreto. L’impatto di COVID 19 sarebbe stato estremamente più pesante senza i collegamenti e le operazioni che il telematico ci permette. E persino la via d’uscita da questa situazione d’emergenza pare passare attraverso un rinnovato vigore nell’utilizzo delle “nuove tecnologie” con le sue applicazioni di tracciamento, la telemedicina, la robotica e le intelligenze digitali.

Per certi versi questa maledetta pandemia pare aver portato con sé un crescente impulso alla virtualizzazione dei contatti e delle attività umane. I più attenti tra noi forse hanno già notato che stanno prendendo piede modi differenti di intendere ciò che ci circonda, metodi di apprendimento diversi, lavori nuovi e nuovi modi di relazionarsi, giocare, emozionarsi. Pensiamo infatti che anche dopo la fine della fase acuta i contatti sociali non potranno ritornare di colpo quelli di una volta.

Certo, questa modifica globale e forse anche stabile dello stile di vita umano porterà con sé enormi potenzialità ma anche non poche problematiche. Numerose sono le ricerche che evidenziano cambiamenti nella cognitività, nelle abitudini, nei comportamenti insomma nella psiche delle persone in relazione al diffondersi del virus e dello strutturarsi di una risposta per mezzo delle nuove tecnologie. Ed è proprio per conoscere e incanalare detti cambiamenti che anche la psicologia si sta rinnovando, si sta virtualizzando, si sta facendo viepiù scienza cognitiva. Ecco così che nella borsa degli attrezzi dello psicologo 2.0 compare l’E-Therapy, o l’utilizzo di tecnologie emotive, degli strumenti di realtà virtuale, delle Intelligenze Artificiali, per permettere ai professionisti di disporre di strumenti al passo con i tempi, scientificamente fondati e dotati di solide linee guida per il loro impiego.

Cresce cosi il numero di aziende che sviluppano programmi basati su protocolli di trattamento con tecnologia virtuale, immersiva, per intervenire su disturbi depressivi, ansiosi o ossessivo compulsivi, tutte classi di disturbi che sono previste in aumento nel post emergenza COVID 19, allorquando l’onda lunga di quarantena, distanziamento sociale, disagi economici, lavorativi ed esperienze traumatico luttuose di vario tipo faranno maggiormente sentire i loro effetti.

Non disperiamo dunque, il presente e il futuro ci riservano sicuramente sfide importanti sotto il profilo umano, psicologico, sociale ed economico ma portano con sé anche gli elementi per superarle. Quando questa emergenza sarà definitivamente rientrata, e personalmente non saprei dire quanto ci vorrà, non saremo più le medesime persone di quando tutto è cominciato. Potremmo essere in condizioni peggiori o forse anche in posizioni migliori, la differenza la farà la nostra abilità di adattarci alle novità, la nostra prontezza nel cavalcare l’onda del cambiamento, perché forse questo virus ci ha ricordato una volta di più che non siamo in grado di controllare tutto ciò che ci circonda e che quindi spesso la via migliore per superare le difficoltà è quella di trasformarle in opportunità, assecondando il cambiamento, trovando il modo e lo spazio per farlo convivere con le proprie esigenze.

E se c’è qualcosa in cui noi italiani siamo maestri è proprio la capacità di adattare qualcosa al mutare delle condizioni che la circondano o degli scopi per cui era stata originariamente pensata: la capacità cioè di arrangiare, o meglio, di arrangiarsi.

Michele Piccolin
psicologo forense,
consigliere Ordine Psicologi Bolzano

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