Prima la guida autonoma, poi l'elettrificazione di massa. La lezione di Savaresi e il paradosso dell'Occidente

In Europa stiamo sbagliando il percorso verso la mobilità elettrica: anche se la direzione è giusta, arrivare all’elettrificazione partendo dalla mobilità privata senza aver prima sviluppato la guida autonoma rischia di creare profonde inefficienze. E’ la sintesi, forzatamente un po’ grossolana, del messaggio del professor Sergio Savaresi, direttore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e leader del team PoliMOVE, l’innovativo prototipo di vettura da corsa dotata di guida autonoma, vincitrice dell’Indy Autonomous Challenge 2023. Savaresi, co-fondatore anche di dieci startup innovative, è intervenuto a Bolzano all’Innovation Breakfast organizzato per un esclusivo gruppo di imprenditori altoatesini da Blum, What a Venture e Fiera Bolzano. Con il suo intervento, intitolato “Guida autonoma: uno sguardo ai trend rivoluzionari nella mobilità”, ha tracciato le traiettorie della mobilità del futuro. In particolare l’elettrificazione, lo sharing e la guida autonoma. La premessa, inevitabile ma non sempre scontata, è la necessità di decarbonizzare il pianeta il prima possibile.

Il ragionamento di Savaresi parte dall’assunzione di tre dati di fatto. Il primo: così com’è adesso la sharing mobility delle auto nelle nostre città, come evidenziano diverse ricerche scientifiche condotte dal team di Savaresi al Politecnico di Milano, semplicemente non funziona. Il secondo, il modello dell’auto di proprietà è altamente inefficiente: in media le auto in Italia percorrono appena 10mila chilometri l’anno e l’80% di esse percorre più di 400 chilometri solo una volta ogni dodici mesi. In sintesi: abbiamo 40 milioni di auto in Italia che rimangono per la maggior parte del tempo parcheggiate. Terzo dato di fatto: anche un modello di mobilità che punta a elettrificare 40 milioni di auto è altamente inefficiente. Per il sistema distributivo dell’energia innanzitutto. Quindi: elettrificazione sì, ma cambiando modello. «Con il modello di possesso privato delle auto – sintetizza Savaresi – è utopistico pensare di elettrificare più del 20-30% del parco circolante». Ed è lì che la decisione dell’UE di mandare fuori produzione le auto a combustione termica dal 2035 rischia di schiantarsi.

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Che fare quindi? Immaginiamo di costruire un modello in cui la gran parte degli spostamenti viene fatto in auto condivise a guida autonoma, pienamente elettriche, che proprio per questa loro caratteristica riescono a sostituire ogni giorno tra le 8 e le 10 auto tradizionali. Per utilizzare un’auto condivisa, a questo punto, non è l’utente che deve spostarsi, lo fa l’auto. Che in questo modo può sostituire molti viaggi al giorno. In pratica, sintetizza Savaresi, lo stesso numero di spostamenti fatto ora da 40 milioni di auto può essere effettuato da 4 milioni di auto a guida autonoma full electric. Il sistema di ricarica a questo punto viene altamente efficientato (anzi può addirittura essere benefico per la rete), l’auto di proprietà rimane come modello minoritario per motivi «fun» e per alcuni utenti molto isolati. Con queste premesse, pensare a contesti urbani dove pedoni e mobilità soft si reimpossessano delle strade, non è più un’utopia.

Per arrivare a un modello come questo però manca un elemento essenziale: serve un’accelerazione sullo sviluppo della guida automa, che deve arrivare almeno al livello 4 (ora siamo al 2). E quanto ci vorrà? Qui le previsioni diventano nebulose. Prevedibilmente, dice Savaresi, almeno 10-15 anni. Il punto, ancora più importante, è chi ci arriverà per primo. Se la gara per l’auto elettrica è già stata vinta, nei fatti, dalla Cina, lo stesso rischia di avvenire per la guida autonoma. E non per una predominanza tecnologica – il team di Savaresi, con l’eccellenza che esprime nel racing, ne è un esempio – ma per la resistenza delle case automobilistiche europee (in parte, si capisce, sarebbe un disastro industriale, compensato però da un nuovo mercato) e per la capacità cinese di sperimentare prima, a livello massivo, la tecnologia. Per sperimentare la guida autonoma al suo massimo bisogna infatti accettare qualche incidente, anche grave: ma prima avremo gli incidenti, prima la guida autonoma permetterà di risparmiare molte vite sostituendo errori (e alterazioni) umani. I dati parlano chiaro. La politica occidentale al momento sembra non potersi permettere questo sacrificio, anche se dal bilancio finale positivo. E’ il political dilemma che segnerà il nostro futuro prossimo, sociale e industriale.

Lu.B. 

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